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 2013  luglio 15 Lunedì calendario

PER SORVOLARE L’ATLANTICO 370 PALLONCINI POSSONO BASTARE?


«Chi guardando dei palloncini colorati non si è mai chiesto se sarebbe stato possibile volare in cielo appesi a loro? Beh, io mi sono portato la domanda fino da adulto, e ora voglio dimostrare che con un bel mazzo di palloncini si può planare verso avventure straordinarie».

A parlare non è il protagonista del divertente film disneyano «Up», ma un quarantenne americano pronto ad affrontare una sfida epica, folle e coloratissima: attraversare l’Oceano Atlantico su una sorta di tecno-scialuppa appesa a 370 palloni pieni di elio.

Jonathan Trappe, nato a Raleigh nel North Carolina e responsabile tecnico di una multinazionale, non è nuovo a imprese del genere: nel 2010 ha superato la Manica con tre ore di trasvolata dal Kent alle coste francesi con 54 palloncini e il rischio di finire in Belgio, dove non aveva il permesso per passare, e trovandosi a dover risarcire anche 100 euro di danni a un contadino per essere finito sul suo campo di lattuga. Mentre nel 2012 ha oltrepassato le Alpi con un viaggio di 12 ore, di cui la metà nell’oscurità, evitando per un soffio di andarsi a schiantare nel Monviso a causa di un difetto nell’altimetro.

Ora si trova a Caribou, nello Stato americano del Maine, dove ha allestito il campo base della spedizione, in continuo contatto con i meteorologi per aspettare le condizioni perfette: ogni giorno potrebbe essere quello buono per la partenza, e oltre 50 volontari sono all’erta per il gonfiaggio dei palloncini.

«Lavoro a questo sogno da anni – spiega – i rischi sono tanti e non si può lasciare nulla al caso: non ho paura della morte, ma non è un’eventualità che si può escludere al 100%. Sto per intraprendere una sfida che mi porterà ad altitudini che pochi umani potranno mai vedere da un abitacolo aperto. Cadere vuol dire precipitare verso una brutta fine. Bisogna quindi ridurre le variabili incontrollabili, e allenarsi a gestire tutte le situazioni: mancanza di ossigeno, decompressione dovuta all’altitudine, ipotermia, bruciature, stanchezza fisica e mentale e, in caso di ammaraggio, resistere alla forza dell’Oceano».

Da piano di volo, la traversata dovrebbe durare dai 4 ai 6 giorni, con una velocità variabile tra i 20 e i 50 nodi a un’altezza tra i cinque e i settemila metri, ma la direzione e il punto d’atterraggio saranno il vento a deciderli: dal Nord Europa alle coste africane tutto potrebbe essere possibile. La «casa volante» è una sorta di scialuppa di salvataggio a forma di gondola, con un doppio scafo in polietilene, dal peso di circa 60 chilogrammi, su cui sono stivate le provviste, le tute per proteggersi dal freddo, i farmaci, le lampade, le zavorre di cui liberarsi per salire e scendere di quota, un sistema di localizzazione satellitare che invia le coordinate ogni due minuti al team a terra e infine le scorte di elio stoccate in appositi cilindri. «L’acquisto dell’elio necessario, fino a d’ora è stato lo sforzo più arduo – racconta Jonathan – occorrevano 150 mila euro, la quantità è equivalente, per farvi avere un’idea, a quello che serve per gonfiare circa 400mila palloncini da Luna Park».

In questi mesi si sono susseguiti decolli e atterraggi di prova, con tanto di ammaraggio della scialuppa sul lago del Messico dopo quasi otto ore di volo a ventimila piedi d’altezza. «Non avrò nessuna imbarcazione di supporto: se finisco in acqua devo arrangiarmi da solo, tagliare tutti i fili dei palloncini, liberarmi dei pesi non necessari, e sperare di essere recuperato prima che sia troppo tardi».

I palloncini hanno un diametro attorno ai due metri, e la scelta del colore non è casuale: il sole infatti riscalda il gas, e i palloni aumentano di dimensione portando volumi d’aria più grandi. Ma palloni di colore diverso si surriscaldano in maniera differente: le variazioni minori li subiscono i bianchi, poi i gialli i verdi e blu. Così basta una nuvola improvvisa davanti al sole per far diminuire la temperatura, e quindi la portanza dei palloncini, come succede di notte quando diventa necessario rilasciare zavorra per continuare a rimanere sospesi in cielo.

E su quello che può accadere in mezzo all’Atlantico sono tornati utili i consigli del colonnello Joseph Kittinger, il primo uomo ad averlo attraversato a bordo di un pallone aerostatico nel 1984, e oggi esperto ed entusiasta consulente per il viaggio del «Cluster balloon», la gondola volante. «Per avere successo in un progetto come questo bisogna essere mossi dalla passione – conclude Jonathan – è ciò che ti spinge a sfidare te stesso. Però bisogna tenerla sotto controllo, affinché non diventi una ossessione capace di portarti a non considerare tutti i pericoli reali. Ora la mia unica paura è quella di non riuscire a partire: ma dopo anni di preparazione, quando arriverà il vento giusto e potrò finalmente salpare, ecco, in quel momento sarò orgoglioso di me per il resto della mia vita».