Alain Elkann, La Stampa 14/7/2013, 14 luglio 2013
ECCO DOVE SI GIOCA IL FUTURO DEL PIANETA
[Cesare Maria Ragaglini]
Ambasciatore, dopo quattro anni all’Onu lei è stato nominato a Mosca. Come descriverebbe questo periodo all’Onu?
«È stata una straordinaria esperienza professionale e umana. Professionale perché gli argomenti di cui mi sono occupato spaziavano dal disarmo allo sviluppo sostenibile, dai diritti umani, alle questioni di bilancio al diritto internazionale. Dal punto di vista umano sono relazioni molto intense con gli altri 192 ambasciatori».
Quanti siete nella rappresentanza italiana?
«Diciotto diplomatici più un esperto di terrorismo, un consigliere militare, un esperto di criminalità organizzata».
Qual è il ruolo dell’Italia nell’Onu?
«L’azione dell’Italia è ispirata a tre grandi pilastri: la tutela di pace, sicurezza, solidarietà, la promozione e la protezione dei diritti umani e l’attenzione al ruolo dell’Unione Europea come soggetto di politica internazionale. Questi principi hanno portato il segretario generale Ban Ki Moon a definirci “Partner ideale delle Nazioni Unite”».
Lei è in un punto di osservazione formidabile sui maggiori problemi del mondo.
«I grandi temi sono due: il primo riguarda lo sviluppo sostenibile sia nei Paesi in via di sviluppo che nei Paesi sviluppati, il che significa lotta alla povertà e alla corruzione, educazione, sanità, crescita economica, stabilità finanziaria e la sicurezza. Tutto compatibilmente con le risorse ambientali. È una sfida gigantesca su cui si gioca il futuro del Pianeta sia dal punto di vista ambientale, sia dal punto di vista della sicurezza. E il secondo tema sono le crisi politiche regionali».
E quali sono i punti più caldi?
«Innanzitutto la Siria dove la guerra civile ha causato già decine di migliaia di vittime e un milione di rifugiati. La comunità internazionale non ha ancora trovato un’unione di intenti per una soluzione giusta e durevole alla crisi».
E l’Egitto?
«Oggi è il problema di attualità, per le Nazioni Unite però la questione non è all’ordine del giorno perché la situazione è ancora indeterminata. Tutti i Paesi, incluso il nostro, con grandi interessi in Egitto cercano di capire meglio l’evoluzione dei fatti. L’Egitto è un paese chiave per la stabilità del Medio-Oriente e del Mediterraneo ed è quindi interesse di tutti aiutarlo ad uscire dalle secche istituzionali in cui è incagliato».
E Israele?
«Israele ha tre ordini di problemi: il primo è esprimere i negoziati con i palestinesi e giungere a quella pace che li attende da 60 anni; il secondo deriva dalla situazione medio-orientale, uno scenario tutto nuovo dall’Egitto alla Siria fino al Libano che può scoppiare da un momento all’altro; il terzo problema è la questione nucleare dell’Iran».
La Turchia in piazza, il Brasile in piazza. Nuove primavere in arrivo?
«Turchia e Brasile sono profondamente diversi rispetto ai paesi arabi. Entrambi con democrazie consolidate. La Turchia in particolare ha fortissime integrazioni anche con l’Unione Europea. Probabilmente si tratta in entrambi i paesi di un malcontento di natura politica e socioeconomica che dovranno trovare risposte adeguate nella cornice istituzionale, incluso il possibile ricorso alle elezioni».
L’Europa non preoccupa l’Onu?
«L’Unione Europea è partner delle Nazioni Unite in tantissimi settori: dalla sicurezza, allo sviluppo, ai diritti umani. La crisi economico-finanziaria in Europa preoccupa perché vi è stata un’oggettiva riduzione dell’aiuto pubblico da parte dei singoli stati membri, ma l’aspettativa è che l’Europa possa riprendersi il prima possibile».
La Cina attraversa un momento di crisi? Rischia un’implosione?
«In quanto membro permanente del Consiglio di Sicurezza e è un attore principale per la sicurezza e la stabilità mondiale. Ha conosciuto uno sviluppo rapido e una crescita senza precedenti, ovvio che ci siano anche problemi. La Cina ha preso progressivamente confidenza dei suoi grandi mezzi ed esercita una grande influenza non solo all’Onu ma anche in gran parte del mondo a partire dall’Africa».
Cosa accade in Africa?
«L’Africa è un continente in ebollizione, l’Onu se ne occupa in maniera costante, basti pensare che il 70% delle decisioni del Consiglio di Sicurezza riguardano la questione africana. In Africa c’è il più alto numero di missioni di pace e una situazione drammatica dal punto di vista della sicurezza, umanitario e politico. Il segretario generale Ban Ki Moon ha nominato lo scorso anno Romano Prodi suo inviato speciale per individuare una strategia integrata con la comunità internazionale».
C’è anche un’Africa diversa?
«Sì, c’è un’Africa che cresce magari in maniera non omogenea e che rappresenta un esempio di stabilità e determinazione a sviluppare in maniera equilibrata il paese rispettando i diritti umani e la libertà individuale».
Lasciare il palazzo dell’Onu per un lavoro di diplomazia bilaterale a Mosca, che impressione le fa?
«Per noi diplomatici è normale ogni quattro anni “cambiare mestiere”. Mosca rappresenta per l’Italia un’opportunità straordinaria sia dal punto di vista economico sia da quello politico, dove sicuramente il ruolo dell’ambasciatore potrà portare frutti concreti al nostro Paese che in questo momento ha un bisogno enorme di investimenti, mercati esteri e di partner politici».