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 2013  luglio 16 Martedì calendario

«Mai detto che il fumo fa più male delle emissioni delll’Ilva». Enrico Bondi, commissario di governo per l’acciaieria dei Riva, chiarisce dopo la bufera scatenata dal parere dei suoi esperti sullo studio Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) e sulla valutazione del danno sanitario effettuato da Arpa

«Mai detto che il fumo fa più male delle emissioni delll’Ilva». Enrico Bondi, commissario di governo per l’acciaieria dei Riva, chiarisce dopo la bufera scatenata dal parere dei suoi esperti sullo studio Sentieri (Studio Epidemiologico Nazionale dei Territori e degli Insediamenti Esposti a Rischio da Inquinamento) e sulla valutazione del danno sanitario effettuato da Arpa. «Le emissioni inquinanti dello stabilimento Ilva di Taranto hanno, a quanto risulta da indagini svolte in sede scientifica e dagli accertamenti disposti della magistratura, avuto rilevanti impatti anche sanitari», dice Bondi. «Del resto sono stato chiamato, con un decreto legge che non ha precedenti in Italia, ad assicurare l’attuazione delle prescrizioni dell’Autorizzazione ambientale integrata e di altre misure di risanamento ambientale perché la preoccupazione per tale stabilimento rimane alta. Il commissario precisa che la Regione Puglia aveva richiesto all’Ilva, ben prima del commissariamento, un parere su un’ipotesi di valutazione del danno sanitario. «L’Ilva ha affidato l’elaborazione di tale parere a quattro docenti universitari. Ho ritenuto doveroso inoltrare tale parere, nel testo che mi era stato trasmesso, come contributo al procedimento avviato dalla Regione Puglia: tale parere tecnico non ha ovviamente alcuna incidenza né sulle iniziative ambientali in corso, né sul Piano di risanamento ambientale dell’Ilva che è in elaborazione e che terrà conto sia dei rischi ambientali che di quelli sanitari». «Tale Piano è già impegnativo - continua Bondi - e richiede un quadro di riferimento certo e, possibilmente, un clima di lavoro e di collaborazione fra tutti i livelli istituzionali, indispensabile per fare dell’Ilva di Taranto uno degli stabilimenti più rispettosi dell’ambiente d’Europa». Dunque era stato Vendola a chiedere questa «contro-perizia» che contesta il filo diretto tra aumento della mortalità a Taranto e stabilimento industriale. Il professor Carlo La Vecchia è uno degli esperti che ha firmato quelle pagine. Il suo curriculum è corposo. Professore Straordinario di Epidemiologia all’Università di Milano, capo del Dipartimento di Epidemiologia e del Laboratorio, Istituto di Ricerche Farmacologiche «Mario Negri». professore anche a Losanna e a Nashville. Quando risponde al telefono è perplesso: «Non capisco tutto questo rumore su degli appunti tecnici». Spiega che «non è ragionevole attribuire i tumori di oggi all’Ilva». Della polemica per quelle frasi sulle sigarette dice: «sono sciocchezze». «Bisogna leggere tutto lo studio». «Sono cose molte tecniche», dice, «anche se capisco che in questa vicenda gli aspetti tecnici sono sovrastati da quelli politici». Nello studio firmato dal professor Carlo La Vecchia insieme al collega Paolo Boffetta è scritto che «l’incidenza e la mortalità per tumori riflette esposizioni che risalgono a un lontano passato. I tumori al polmone hanno una latenza di 30-40 anni, e riflettono, quindi, essenzialmente esposizioni dagli Anni 60 e 70, o precedenti». E ancora: «A tal proposito è noto che a Taranto, città portuale, la disponibilità di sigarette era in passato più alto rispetto ad altre aree del Sud Italia, dove per ragioni economiche il fumo di sigaretta era ridotto fino agli Anni 70. Inoltre, tale eccesso era evidente a Taranto anche nei dati di mortalità negli Anni Ottanta e Novanta, e non è quindi attribuibile a esposizioni recenti». «L’unico tumore che è chiaramente in eccesso a Taranto è il mesotelioma pleurico» - si legge nella memoria. Ossia quello legato all’amianto. «L’esposizione rilevante è quella avvenuta 30 o più anni prima dell’insorgenza della patologia. A Taranto la mortalità per alcuni tumori era già elevata negli Anni Ottanta e Novanta per tre cause principali e ben note: il fumo, l’asbesto, causa del mesotelioma e presente in grandi quantità soprattutto nei cantieri navali, e la particolare condizione di zona deprivata». I chiarimenti di Bondi non placano la polemica e Vendola rilancia: «L’Ilva è sola la punta di un iceberg». «È molto preoccupante infatti spiega - che, mentre lo stabilimento siderurgico, almeno in una prima fase, ha di fatto accettato l’introduzione nell’Autorizzazione Integrata Ambientale della Valutazione del Danno Sanitario (salvo poi contraddirsi rispondendo in modo confuso e illogico per il buon senso comune), altre grandi industrie insediate a Brindisi e a Taranto hanno fatto attività di ostruzionismo attivo». Non solo Ilva.