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 2013  luglio 16 Martedì calendario

CINA, UN TUNNEL SOTTO IL MARE PER L’ISOLA-CAMPUS SENZA CENSURE


Per la prima volta un’enclave “straniera” occuperà pacificamente un pezzo di territorio cinese. A partire dal prossimo anno accademico, l’Università di Macao si trasferirà a Zhuhai, nella regione del Guangdong, spingendo la Cina ben al di là del modello “un Paese, due sistemi”, che dal 1990 regola i rapporti tra Pechino e le ex colonie meridionali di Hong Kong e Macao. La nuova sede dell’ateneo fondato dai portoghesi nel 1700, che vanta oggi un campus sulla famosa isola di Coloane, sarà a tutti gli effetti un pezzo di Stato trapiantato lungo la costa di quella che la popolazione chiama “Cina continentale”.
All’interno dei 250 ettari di Hengqin, isolotto cinese destinato a ospitare aule e laboratori, varranno le norme democratiche che regolano il paradiso asiatico del gioco d’azzardo. Studenti e professori avranno libero accesso a internet e ai social network occidentali, come Facebook e YouTube. Internet sarà garantito grazie 3800 hotspot wifi, sottratti alle restrizioni assicurate dalla censura del partito comunista cinese. Si potranno anche seguire via satellite le tivù del resto del mondo e sarà riconosciuta la libertà d’espressione. Polizia e vigili del fuoco saranno controllati dalle autorità di Macao, così come il sistema giuridico, e i frequentatori delle lezioni non avranno nemmeno bisogno di passaporto e visto. Un avveniristico tunnel sottomarino collegherà direttamente l’ex colonia portoghese con la sua università delocalizzata nella regione industriale più ricca della Cina e gli iscritti potranno muoversi come se restassero all’interno della stessa nazione.
A indurre l’esperimento senza precedenti, capace di abbattere un “muro” resistito oltre sessant’anni, ragioni politiche, accademiche, ma soprattutto economiche. Con il ritorno di Macao sotto il controllo indiretto di Pechino, 23 anni fa, l’isola ha registrato un boom commerciale superiore anche a quello cinese. Il prezzo della terra è salito alle stelle, il valore degli immobili sfiora quelli da capogiro che caratterizzano Hong Kong. Le autorità di Macao da anni spingevano per dotare l’università, 10 mila tra studenti e docenti, di un campus capace di ospitare secondo standard occidentali oltre 300 laboratori e una biblioteca ricca di 650 mila libri. La leadership di Pechino non attendeva invece che l’occasione più adatta per testare gli effetti del ricongiungimento effettivo di Macao alla madrepatria, fissato nel 2049. L’incrocio degli interessi accademici, politici e finanziari, porterà la Cina postmaoista a sperimentare per la prima volta il funzionamento di una mini-comunità democratica al proprio interno, regolata dal badge universitario.
L’ex colonia portoghese, già più integrata rispetto ad Hong Kong, assaggerà in modo progressivo la presa cinese su di sé. La nuova università di Macao ospitata in Cina sarà infatti mista. Studenti, professori e personale potranno arrivare sia dall’ex colonia che dalle regioni continentali. La scommessa di Pechino è questa: seguire l’influenza delle libertà democratiche, e dei media aperti, sui giovani cinesi, ma nello stesso tempo allenare le nuove generazioni di Macao a reggere il peso della Cina, non ancora vista come patria comune. L’obiettivo politico è dare vita ad una società nazionale unita, attraverso cultura e istruzione, affinando il modello che dovrà presto essere applicato anche alla più ribelle Hong Kong. Il risultato più immediato è invece che per la prima volta un sistema di diritto liberale e l’indipendenza accademica verranno applicati in una, pur piccola, parte dello Stato cinese. Inedita anche la soluzione che renderà possibile l’esperimento: il governo di Macao, grazie a 150 milioni di dollari, ha affittato il campus di Zhuhai fino al 2049, investendone altri 10 per la costruzione di un ateneo venti volte più vasto di quello attuale, finanziato da privati.
Per la Cina il test di un’istruzione democratica in affitto vanta il precedente dell’esperimento di un’economia capitalista, varato da Deng Xiaoping nel 1980 con l’istituzione della “zona economica speciale” a Shenzhen, proprio alle porte della nuova università. Il virus capitalista seminato nel Guangdong dall’erede di Mao ha portato ai trent’anni d’oro della crescita cinese e al boom della seconda potenza globale. Impossibile, per gli analisti, dire se il contagio della libertà accademica renderà più democratica Pechino, oppure meno ostili al suo autoritarismo Macao, Hong Kong e, in prospettiva, Taiwan. Proprio Hong Kong conta già due istituti di ricerca dislocati sul territorio cinese e nel marzo scorso ha firmato un accordo per aprire un campus universitario a Shenzhen. Sono i primi passi per creare la più grande megalopoli economica, finanziaria e accademica del pianeta, pronta a nascere nel Guangdong dalla fusione tra Shenzhen, Hong Kong e Macao e dal confronto tra l’unico comunismo di successo della storia e gli ultimi avamposti democratici in Cina. «Resta da vedere cosa succederà — ha detto Fu Hualing, costituzionalista nell’università dell’ex colonia di Londra — quando nel nuovo ateneo si dovrà affrontare un tema davvero sensibile, o quando gli studenti chiederanno di manifestare per difendere le loro opinioni. Costruire dove costa meno è una soluzione, iniettare la cultura dell’Occidente in Oriente può essere un problema ». Gli istituti di Europa e Usa interessati al mercato cinese della conoscenza sono già decine, mentre per la prima volta Pechino si appresta ad aprire un campus a Londra. La Cina prova ad aprirsi, ma non è affatto detto che sia disposta ad importare più idee di quante sia decisa ad esportare.