Marina Luzzi, Avvenire 16/7/2013, 16 luglio 2013
ILVA, UNA BATTAGLIA A COLPI DI DECRETO
È il 26 luglio 2012 quando il gip Patrizia Todisco firma due ordinanze: il sequestro dell’area a caldo dell’Ilva di Taranto e gli arresti domiciliari per il reato di disastro ambientale di otto dirigenti della fabbrica, tra cui il patron Emilio Riva (presidente fino a maggio 2010) e il figlio Nicola (presidente fino al 10 luglio 2012, prenderà il suo posto Bruno Ferrante). In città iniziano le mobilitazioni degli operai che temono di perdere il lavoro. Il 3 dicembre il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano firma il decreto legge, varato dal consiglio dei ministri, che permette all’Ilva di tornare a produrre acciaio. Il provvedimento di fatto scavalca il sequestro dell’area a caldo del siderurgico stabilito dalla Procura tarantina e apre le porte a un conflitto tra poteri dello Stato. Il decreto diventerà legge, la 231 del 24 dicembre del 2012, ribattezzata “salva Ilva”. Il 9 aprile scorso la Corte Costituzionale dà ragione al governo e ritiene costituzionale la legge. Solo due giorni dopo l’Ilva nomina un nuovo amministratore delegato. Si tratta di Enrico Bondi.
Il 24 maggio scorso, dopo la Procura di Milano, che sequestra ai Riva oltre un miliardo, la Procura di Taranto fa scattare un maxi sequestro di otto miliardi e cento milioni di euro ai danni della “Riva Fire”, proprietaria di oltre l’80% di Ilva, in qualità di persona giuridica. Il sequestro preventivo equivale al risparmio ottenuto dai proprietari dell’Ilva, a discapito dell’adeguamento ambientale degli impianti del siderurgico. A seguito di questa notizia l’intero Cda del siderurgico si dimette. Il 4 giugno 2013 il Consiglio dei ministri approva un nuovo decreto “salva Ilva”, affidando l’azienda, per un anno, a un commissario straordinario. Si tratta dell’amministratore delegato dimissionario Enrico Bondi. Appena qualche giorno fa, l’11 luglio, è arrivato il via libera della Camera al decreto 61 del 4 giugno, meglio conosciuto come “salva Ilva bis”. Sarà applicato all’Ilva di Taranto, Genova, Novi Ligure, Racconigi, Marghera e Patrica. Confermata anche la previsione del termine di tre anni per attuare le prescrizioni per il risanamento ambientale. Il rapporto di Valutazione del danno sanitario, introdotto da una specifica legge regionale la scorsa estate, non potrà però modificare le prescrizioni AIA, che comunque, seppur attuate, non azzereranno il danno sanitario.