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 2013  luglio 16 Martedì calendario

AMBASCIATORE ITALIANO ALL’ONU, UNA POLTRONA PER DUE

C’è un’altra grana estiva per il ministro Emma Bonino. In nulla paragonabile al dramma kazako, ma l’affare è piuttosto urgente. In vista della vetrina diplomatica annuale dell’Assemblea generale dell’Onu, a metà settembre, l’Italia non ha ancora un ambasciatore al palazzo di Vetro. A giocarsi la partita della successione a Cesare Maria Ragaglini, che ha già fatto i bagagli per il nuovo incarico a Mosca, non ci sono solo due esperti e stimati colleghi, i cui destini si sono già incrociati – e non a caso - più volte nei passati decenni, ma due diplomazie: quella “di palazzo” e quella “di trincea”. I due pretendenti sono infatti Sebastiano Cardi, vice segretario generale del ministero degli Esteri, ed Ettore Sequi, al momento ambasciatore dell’Unione europea in Albania. Entrambi nati nel 1956, il romano Cardi e il sardissimo Sequi sono – come l’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi - due cosiddetti “Fulci boys”, hanno cioè lavorato (entrambi fra il 1994 e il 1998) nella rappresentanza italiana all’Onu durante i formidabili anni in cui fu guidata dall’ambasciatore Paolo Fulci. Sequi è sicuramente il più noto all’opinione pubblica. Il periodo in cui è stato ambasciatore durante la guerra in Afghanistan, dal 2004 al 2008, è stato scandito dalle drammatiche vicende dei sequestri di connazionali, dalla cooperante Cantoni al giornalista Mastrogiacomo, su cui ha sempre accettato di “mettere la faccia” scegliendo la linea della massima trasparenza possibile con i giornalisti. La sua profonda conoscenza dell’Islam e la passione per il Paese asiatico spinsero l’Ue a chiedergli di rimanere altri due anni a Kabul come inviato speciale. Poi, sempre nell’ottica dello spirito di servizio (che ha ereditato dal padre medico), Sequi è partito per Tirana quando nel 2011 Bruxelles si è dotata di un servizio diplomatico vero e proprio.
Nominato di recente ambasciatore di grado (superando quindi formalmente in carriera l’“avversario”), Cardi è invece tornato a Roma nel 2010 pochi mesi prima dell’ex ministro Terzi di cui era vice all’ambasciata negli Stati Uniti. Molto vicino all’attuale segretario generale Michele Valensise, a suo sfavore pesa il fatto che non abbia mai guidato una missione estera ma di sicuro è stato un “major player” in fascicoli fondamentali come la riforma del Consiglio di sicurezza, di cui è stato inviato speciale del ministero dal 2006 al 2007, o la modernizzazione dell’Ice. Già consigliere diplomatico del presidente del Senato Marcello Pera, sposato con due figli, restio alle apparizioni in pubblico e ai rapporti con la stampa, ha sempre interpretato il mestiere del diplomatico un po’ all’antica: come colui che tesse e non appare. L’ambitissima poltrona di New York sembrava cosa fatta per Sequi finché non è spuntato il suo nome. Ma la questione va ben oltre, e Bonino ne è consapevole: quale modello per le giovani feluche? Premiare la penna stilografica o il giubbetto anti-proiettile? La nomina va fatta a ore perché le credenziali siano accettate entro metà agosto, in tempo per preparare i lavori dell’assemblea. E i maligni mormorano che, se non la bocca, il presidente Napolitano nell’importante decisione ci vorrà mettere almeno il naso.