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 2013  luglio 15 Lunedì calendario

FERIE DI LUSSO PER PAPANREOU A CASA DEL SUPEREVASORE GRECO

L’ultimo trucco della Gre­cia: quando già il caos era scoppiato, questi ancora truccavano. E il responsa­bile ora si fa le ferie a spese del­l’evasore. L’ex premier socialista ellenico Giorgios Papandreou, che pochi giorni fa Mario Draghi ha velatamente accusato di man­cata trasparenza sui reali conti della crisi greca, è ospite in questi giorni del Grecotel Mandola Ro­sa: una catena di super lusso in uno degli ultimi paradisi medi­terranei (nel Peloponneso), di proprietà della famiglia Daska­lantonakis, uno dei maggiori de­bitori nei confronti del fisco elle­nico. E che ha avviato una serie di cause amministrative contro il ministero delle finanze che gli chiede conto di tasse per miliardi non pagate. L’ex primo ministro è ospite in una suite che costa 650 euro al giorno. Al Grecotel recen­temente è stata avvistata anche la Regina del Marocco che ogni anno spende due milioni di euro per 15 giorni di soggiorno. La Re­gina aveva al seguito 150 persone (tra servitori e accompagnatori) oltre ad assaggiatori che testava­no il cibo per i suoi figli. Ma paga­va di tasca propria e non era certo ospite del magnate.
Resta la questione di opportu­nità: l’ex primo ministro avrebbe potuto scegliere un altro posto. E declinare l’invito, non solo per­ché oggi i primi 4.500 dipendenti pubblici hanno avuto la lettera di licenziamento, ma soprattutto in quanto il proprietario di quel­la maga struttura, come di moltis­sime altre da cinque stelle in su, è stato accusato addirittura di non aver pagato tasse per 500 milioni. Proprio i mancati introiti per l’erario sono uno dei punti più controversi nelle trattative con la troika, con un ammanco di circa due miliardi di euro rispetto alle previsioni iniziali e con l’ultimo report europeo che vede Atene in testa per corruzione ed evasio­ne fiscale.
Il magnate del turismo elleni­co ha sempre negato ogni respon­sabilità nei confronti dell’erario. E lo ha fatto anche in occasione di un’interrogazione parlamen­tare presentata in Parlamento il 22 agosto dello scorso anno dal partito di opposizione del Syriza. Il giorno successivo, in una dichiarazione rilasciata dalla dire­zione del gruppo alberghiero, sottolineò di non avere nulla a che fare con il «presunto debito scandaloso con il governo gre­co». E che avrebbe presentato una denuncia contro le calunnie ricevute. Ma sta di fatto che Pa­pandreou, anche quando era premier (fin dall’inizio della crisi greca) era solito frequentare le stanze dei lussuosi resort della fa­miglia Daskalantonakis a Seri­fos, Skiathos, e a Gouves a Creta. Tra l’altro una delle proprietarie del gruppo industriale è sposata con l’ex ministro dell’ambiente, Nick Sifounakis.
Particolare che avrebbe fatto insospettire circa la «bivalenza» del gruppo alberghiero, fino a po­chi anni prima finanziatore dei conservatori quando erano al go­verno e dopo l’uscita di scena so­spetta del premier Kostas Kara­manlis (in quanto troppo vicino alla Russia di Putin) ecco la virata sui socialisti del Pasok: con un passivo significativo e con una consistente esposizione con le stesse banche che, in questi me­si, sono interessate dalla ristrut­turazione post crisi. Ma con la cer­tezza che un «vaucher di soprav­vivenza» gli era conferito dal­l’amicizia con Papandreou, così come molti commentatori greci sostengono. A cui oggi addirittu­ra fa rif­erimento il capo della Ban­ca Centrale Europea, quando os­serva che sul caso greco se errori sono stati commessi, sono dipesi anche da numeri approssimativi e da un panorama iniziale niente affatto esauriente. Chiamando direttamente in causa l’ex pre­mier Papandreou, padre padro­ne­della politica ellenica degli ul­timi trent’anni, prima con il capo­sti­pite Andreas poi con la sua car­riera: più volte ministro e undice­simo premier nel biennio più complicato della storia recente del Paese. Quando sono giunti al pettine nodi decennali, tra operazioni sospette e swaps, conti truc­cati per entrare nell’euro (in quel pool che curò il passaggio dalla dracma all’euro c’era l’attuale ministro delle finanze Ioannis Stournaras), affari miliardari per forniture di armi sull’asse Berli­no-Atene e gli occhi di Washin­gton costantemente puntati nel­l’Egeo.