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 2013  luglio 14 Domenica calendario

IL BRASILE ARMATO DALLA SINISTRA? AMMAZZA I CRIMINALI IN STRADA

Tarso Genro lo ricordate? Nel 2009 era il ministro della Giustizia a Brasi­lia. Fu lui a negare all’Italia l’estradizione del terrorista plu­ri assassino Cesare Battisti per il «fondato timore di persecu­zione del Battisti per le sue idee politiche». Oggi Tarso Genro è il governatore del Rio Grande do Sul, uno stato di quella fede­razione brasiliana dove la poli­zia, controllata dai governatori invece di arrestare i criminali li ammazza. Con i mondiali di calcio alle porte e gli occhi puntati sull’or­goglio carioca quel piccolo neo è ora una grossa grana. Il signor Genro, gli altri governatori e quell’esecuti­vo federale ­così solerte nel condanna­re l’Italia - lo stanno capen­do­un po’ in ri­tardo. Per sco­prire il fasti­dioso vizietto dei loro poli­ziotti bastava un occhio alle statistiche. Da quelle parti un arresto su 229 si conclude con l’uccisione del fermato per mano delle forze dell’ordine. Negli Stati Uniti, dove la polizia non va certo per il sottile, il morto ci scappa solo in un caso su 31.575. Ed ancor più grave è il sospetto che in Bra­sile l’eliminazione del ricerca­to non sia quasi mai un inciden­te, bensì una prassi applicata dalla polizia e tollerata dalle autorità. Soprattutto in stati come San Paolo dove la criminalità comune causa ogni anno 4800 morti. Ma a convincere le auto­rità ad affrontare il problema delle esecuzioni sommarie non sono state le statistiche bensì - come racconta il Wall Street Journal - ­il caso Paolo Nascimiento, uno scandalo che ha portato alla luce i crimini del­le forze dell’ordine.
La vicenda del delinquentel­lo scaric­ato davanti ad un pronto soccorso di San Paulo con tre proiettili nel corpo nel novem­bre 2012 - sembra, sulle prime, un caso come tutti gli altri. Tut­to inizia con l’inseguimento di una Fiat rubata nelle stradine del barrio di Jardim Rosana. La polizia spara e i tre ladri rispon­dono. Quando la Fiat si pianta gli agenti stendono il primo e mettono le manette al secondo. Il terzo, Paulo Nascimiento, uno che in 25 anni di vita ha conosciuto solo la galera se la dà a gambe. Haltons Chen, un sotto­tenente di­polizia fresco d’acca­demia, e Mareclo Silva, un vete­rano con un teschio e due mitra tatuati sul braccio destro, lo in­seguono. Quando si ritrova pri­gioniero di un portone Paulo al­za le mani, urla «non sparate» e si consegna a mani alzate al te­nente Chen. La scena girata nella vivida luce dell’alba è ripresa da un abitante del barrio. Chen spin­ge il prigioniero verso l’auto della polizia, ma prima che Paulo ci arrivi Marcelo Silva, il veterano, gli ha già piantato un proiettile in corpo. La tele­camera traballa e Silva spara di nuovo. Quando il video pas­sa nei telegiornali e il caso di­venta nazionale il sottotenen­te Chen confessa. Il terzo col­po ritrovato nel cadavere è il colpo di grazia sparato da un terzo agente mentre la mac­china della polizia porta il de­linquente ferito all’ospedale. Il peggio però arriva due mesi dopo quando un gruppo di uo­mini armati e mascherati fa ir­ruzione in un bar a 50 metri da dove Paolo Nascimiento è sta­to impallinato. Quando se ne vanno sul pavimento restano sette cadaveri e due feriti in un lago di sangue. Tra i cadaveri c’è quello di Laercio Grimas alias «DjLah», un rapper famo­so per Click Clack Bang la hit dei barrios in cui si spiega che davanti ad un poliziotto, col­pevoli o no, è meglio correre. In verità dietro l’assassino del rapper c’è il sospetto che il vi­deo dell’uccisione di Nasci­miento sia stato girato da lui. O sia passato per le sue mani. E a metter a segno la strage sarebbe stato un «grupos de ex­termíno» le squadre della mor­te formate da poliziotti che ogni anno mettono a segno le 31mila esecuzioni extra giudi­ziali attribuite a mani ignote. Sospetti poi confermati dal­l’indagine su nove agenti tro­vati in possesso di una pistola e di maschere sporche di san­gue uguali a quelle usate per la strage.
In un Paese dove lo scontro tra polizia e criminali è una vera e­propria guerra darsi una ri­pulita prima dei campionati del mondo del 2014 non sarà, però, facile. Persino Fernando Grella Vieira, l’avvocato libe­ral e moderato chiamato a cambiare il volto della sicurez­za di San Paolo, ammette che una criminalità come quella brasiliana porta inevitabil­mente la polizia a sparare. Ra­gionamento comprensibile. Resta da chiedersi cosa ne sa­rebbe stato di Cesare Battisti, colpevole di quattro omicidi, se in Brasile - invece di fuggirci - ci fosse nato.