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 2013  luglio 13 Sabato calendario

ACCADE L’IMPENSABILE SFREGIATA LA CAPITALE


«Era una bellissima giornata di sole, giocavamo a batti muro con una palla di pezza in via degli Ausoni, di fronte a una fabbrica di biscotti. All’improvviso un grande boato: tremano palazzi e pavimenti, in un attimo vengono giù muri e pezzi d’intonaco». Urbano Papa ricorda con precisione quella mattina a Roma. Settant’anni fa aveva 13 anni, due sorelle e sette fratelli, tre al fronte e uno in sanatorio. Prende il fratello sottobraccio e corre verso il ricovero, sotto l’osteria Bellapalla che è ancora lì, nel cuore di San Lorenzo. Ondate successive di bombe e allarmi; le sirene di avviso arrivano in ritardo, il primo attacco dal cielo, il più massiccio, non è annunciato. Attimi scolpiti nella memoria che lo hanno accompagnato da allora.

Anche Adriana Amalfitani, classe 1925, vive in un palazzo a San Lorenzo. È uscita di buon ora per andare all’anagrafe. In fondo a via Cavour, mentre era sul tram 11, scatta l’allarme e la corsa verso il rifugio; prima il silenzio poi le bombe in lontananza. Un’attesa dove capta parole che la scuotono: «Sembra che stiano colpendo San Lorenzo».

Comincia a correre. «Avevo il cuore in gola, ho attraversato un lungo tratto di strada e sono arrivata a destinazione. Polvere ovunque, nuvole dense e alte, rotaie divelte e carbonizzate, la gente che urlava e scappava in tutte le direzioni. La nostra casa non c’era più, sparita. Alzai lo sguardo, c’era la stanza dei miei genitori e una parete della sala da pranzo. Ho cominciato a cercare mia madre, ho sollevato un panno che copriva una donna morta. Non era lei. Alla fine l’ho rintracciata al San Giacomo».

Dal basso le macerie di una città che sembrava protetta e inviolabile, cullata nella sua unicità, segnata dalla presenza del Pontefice e del suo carisma; dall’alto, sullo sfondo, il teatro di un conflitto che entra nella fase decisiva, nel cuore dell’estate cruciale del 1943: prima lo sbarco degli alleati in Sicilia, poi il primo bombardamento su Roma e a seguire la caduta del fascismo e le dinamiche che porteranno all’armistizio e alla guerra civile. Roma è innanzitutto la capitale di un Paese schierato a fianco della Germania nazista; da Londra non hanno dubbi, bisogna colpire con durezza e vincere la guerra; da Washington si temono le reazioni del mondo cattolico.

Ma la guerra è a una svolta, la caduta di Roma avrebbe un significato simbolico ben preciso. Così vengono selezionati avieri esperti di bomb a r d a m e n t i «esatti», dotati di mappe e foto degli obiettivi militari. Sui volantini gettati dai bombardieri si legge: «Siamo decisi ad abbattere il regime che ha avvilito il vostro Paese. Separate il vostro destino dagli uomini del regime. In questo modo potrete riottenere quell’onore e quella stima che vennero perduti da Mussolini e dai suoi fascisti».

Gli esiti dell’Operazione Crosspoint sono noti. I bombardieri B17 e B24 lasciano cadere quattromila ordigni. Il primo sgancio di Lucky Lady è delle 11,03, da seimila metri di altezza sulla verticale dello scalo merci di San Lorenzo. Più di ottocento aerei impegnati, sei ondate di attacchi in sequenza.

«Circa ottomila tonnellate piovute dal cielo, i caduti sono 1.496 – racconta Alfredo Spositi – in realtà molti di più, in centinaia non hanno lasciato traccia». Tra le istruzioni dei piloti: «Evitare lo sconfinamento delle bombe nelle aree proibite»; purtroppo anche le migliori intenzioni non riescono a guidare le traiettorie degli ordigni, né allora né in seguito. Ma questa è davvero un’altra storia.