Sergio Rizzo, Corriere della Sera 13/7/2013, 13 luglio 2013
L a somma spesa finora è semplicemente incalcolabile. Ma siamo certi che la stima di 85 milioni sia per difetto: quello è l’ordine di grandezza dell’esborso sostenuto dal 1997 a oggi per gli uffici di circa un quarto dei senatori
L a somma spesa finora è semplicemente incalcolabile. Ma siamo certi che la stima di 85 milioni sia per difetto: quello è l’ordine di grandezza dell’esborso sostenuto dal 1997 a oggi per gli uffici di circa un quarto dei senatori. Un milioncino a testa diviso sedici anni fa circa 62 mila euro, ossia 5.200 al mese. Mica male. Ma ormai non ci si può fare più niente, perché gli immani e discutibili investimenti che hanno determinato quel salasso da brividi, e di cui stiamo per parlare, sono ormai completati. La consolazione è che almeno non dovranno più pagare l’affitto dell’ex hotel Bologna, a due passi dal Pantheon: stabile di proprietà dell’immobiliarista Sergio Scarpellini che ha ospitato per tutto questo tempo gli studi di 86 senatori. Previo, ovviamente, pagamento di lauta pigione. Così lauta da superare nell’importo cumulato a fine contratto, perfino la somma che secondo le stime di un collegio arbitrale (contestate dall’interessato) sarebbe stata sufficiente nel 2001 ad acquistare il palazzo. Destinazione degli uffici di quei senatori sono altri due immobili sempre nelle vicinanze del Pantheon: uno appartiene all’Isma, che sta per Istituti Santa Maria in Aquiro, l’altro è invece di proprietà del Senato. Il primo è in affitto ed è già costato 30 milioni: 26 di sola ristrutturazione a spese nostre. Una ristrutturazione faraonica da 9.000 (novemila) euro al metro quadrato, gestita dal provveditorato delle Opere pubbliche del Lazio già regno di Angelo Balducci. Al cui costo si devono poi aggiungere i 4 milioni di pigioni pagate senza poter occupare lo stabile perché il cantiere è durato quasi nove anni, esattamente la prima tranche del contratto (nove più nove anni). Il secondo immobile è stato acquistato una decina d’anni fa da una società di proprietà di un senatore allora in carica (!!!): la spesa già sostenuta è di 26 milioni fra il prezzo d’acquisto e i lavori. Fatta questa allucinante premessa, il trasferimento dovrebbe servire almeno a ottenere dei risparmi. Si vedrà. Ma fa arrabbiare apprendere che per ora, oltre ai contribuenti, gli unici ad aver pagato per questa operazione da 56 milioni di euro sono sedici lavoratori, dipendenti di una grossa ditta genovese (la Ph facility) che aveva l’incarico di gestire i servizi all’ex hotel Bologna. Guadagnavano 1.300 euro al mese, una somma infinitamente inferiore alle retribuzioni medie di chi svolge le medesime mansioni ma è dipendente del Senato. Ora nemmeno quello: gli è rimasta la cassa integrazione, che per il momento è sempre meglio della mobilità. Per il momento, perché le prospettive sono quello che sono, cioè zero. Nel trasloco non c’è posto per loro. Hanno subìto lo stesso destino di otto camerieri in servizio al ristorante di Palazzo Madama, che avevano la sfortuna di essere dipendenti di una ditta appaltatrice anziché del Senato: i tagli e l’aumento dei prezzi hanno colpito soltanto loro. Questa è l’Italia, dove il conto degli sprechi e dei privilegi viene presentato sempre ai più deboli e indifesi. E dove i responsabili dello scempio, di fronte a fatti inaccettabili come questo, nemmeno arrossiscono.