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 2013  luglio 11 Giovedì calendario

IL FOLLE SCAMBIO ITALIA-ROMANIA A NOI I CRIMINALI, A LORO LE IMPRESE

Dalla caduta del comuni­smo nell’Europa Orientale tre milioni di romeni hanno lasciato il loro pa­ese, come se da noi si fossero svuotate Sicilia e Campania. Un terzo di questo marea umana ora vive in Italia. La stragrande maggioranza è di certo gente onesta, ma con Bucarest in Eu­ropa dal 2007, l’Italia è sempre più l’Eldorado dei delinquenti di Bucarest. Secondo i dati della Polizia di stato le segnalazioni di romeni denunciati o arrestati nel 2008 erano 42.177 e l’anno dopo 43.228.
Negli stessi anni, dall’Italia è partito un altro esodo in direzio­ne contraria. Il «cambio» non ci è convenuto: noi abbiamo im­piantato da loro 35mila aziende che godono dei privilegi del mer­cato unico, ma non dei disagi dell’euro, non ancora adottato in Romania. Così loro hanno perso il 13% della popolazione, ma guadagnato un 10% di ricchezza: a tanto ammonta la quo­ta del Pil portata in dote dal «ma­de in Italy» traslocato in Roma­nia.
Uno scambio folle, che come risultato vede i romeni nelle ga­lere italiane come seconda po­polazione carceraria fra gli stra­nieri, con 3661 detenuti in co­stante crescita. Peggio ancora se si guarda «all’altra metà del crimine»: una detenuta stranie­ra su quattro è romena, un re­cord, legato anche al fatto che la criminalità importata da Buca­rest si è specializzata nello sfrut­tamento della prostituzione e nell’immigrazione clandestina dai paesi dell’Est.
Il dato preoccupante è che i delinquenti romeni si stanno or­ganizzando in vere e proprie ma­fie che fanno impallidire quelle locali. Il 20 giugno sono stati emessi 17 ordinanze di custo­dia cautelare della procura di Torino dirette ad altrettanti ro­meni per associazione per delin­quere di tipo mafioso, traffico di stupefacenti e altri reati.
«È la prima volta nella nostra storia che l’accusa viene mossa ad una struttura mafiosa com­posta da stranieri operante sul territorio italiano»,ha sottoline­ato Gian Carlo Caselli, procura­tore capo nel capoluogo pie­montese. E nel 2009, il ministro della Giustizia romeno, Catalin Preodiu, aveva fatto trapelare un dato allarmante: il 40% dei ricercati con mandato internazio­nale emesso da Bucarest si tro­vava in Italia.
Lo stesso anno, secondo i dati del Viminale, i romeni si erano macchiati di 107 tentati omici­di, 2211 lesioni dolose, 21 abusi sessuali su minorenni, 12572 furti, in crescita rispetto ai 12371 dell’anno prima, 1302 ra­pine, 1135 truffe informatiche. Per droga erano fioccati 470 de­nunc­e o arresti e 602 per lo sfrut­tamento della prostituzione.
Fin dal 2004 i romeni erano al primo posto tra gli stranieri per gli omicidi volontari, i furti in abitazione e il reato di stupro.
Un fenomeno non governato fino al 2006, quando le polizie dei due paesi hanno avviato scambi di agenti operativi, sei super poliziotti romeni, che danno la caccia ai loro connazio­nali. Uno di questi, George, che ha catturato decine di latitanti, è alla questura di Nuoro. «Da noi le cose sono più semplici ­ha spiegato senza peli sulla lin­gua- chi sbaglia va dritto in gale­ra, e non ne esce. I nostri delinquenti lo sanno. E cercano di ve­nire a fare danni in altri paesi, più evoluti, più democratici, ma anche più ’facili’ per loro».
Secondo gli ultimi dati ufficia­li i romeni in Italia sono 968.576, la prima popolazione straniera. In realtà il numero reale si aggi­rerebbe sul milione e 300mila. C’è, ovviamente, anche tanta gente che lavora. Come contri­buenti nel nostro paese sono i primi fra gli stranieri, grazie al numero, con un’incidenza del 18,1%, anche se dichiarano solo 9100 euro in media. Ma anche il lavoro onesto ha contribuito, co­me dicono i dati della Fondazio­ne Leone Moressa, parecchio al­lo sviluppo della Romania. Ii ro­meni, dopo i cinesi, inviano il maggior volume di rimesse in patria per un totale di 894 milio­ni di euro.
Lo «scambio» segna un bilan­cio decisamente in rosso per noi. La Romania è stata «inva­sa» da imprese italiane. Il nostro paese è il secondo partner com­merciale dopo la Germania.
L’emorragia è finita, ma ci è costata cara. «La delocalizzazio­ne degli anni novanta è una fase conclusa. Adesso gli investi­menti italiani si sviluppano nell’agricoltura e nelle energie rin­novabili, dal fotovoltaico all’idroelettrico», spiega da Timiso­ara l’avvocato Andrea de Polo, da 13 anni in Romania. Delle 35mila società una buona fetta è inattivo, ma l’interscambio ha raggiunto negli ultimi anni pic­chi di 12 miliardi. Del resto la Ro­mania, facendo parte dell’Unio­ne europea ma evitando i guai dell’euro sta conoscendo una brillante crescita economica. «Il costo del lavoro è nominal­mente in crescita - fa notare De Polo a Il Giornale - Ma se investo in euro compenso gli aumenti grazie al deprezzamento del leu, la valuta locale». Diamo lavoro a 800mila persone, mentre da noi c’è un boom di disoccupa­zione. Peggio per noi: lo scam­bio folle ormai è fatto, e l’Italia non è riuscita a gestirlo.