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 2013  luglio 11 Giovedì calendario

ECCO LA GIUDICE RAPIDA COL CAV MA NON CON GLI STUPRATORI

A margine del processo a Silvio Berlusconi per la vicenda dei diritti tv, emerge ieri un dettaglio desti­nato probabilmente a ridare fiato ai dubbi e alle polemiche di chi vede all’opera una giusti­zia a due velocità: agile ed efficiente nei confronti del Cava­liere, incredibilmente lenta in altri casi. A rendere il tema par­ticolarmente scivoloso, c’è la circostanza che stavolta non si tratta semplicemente di due facce del sistema giustizia, ma di due processi affidati proprio allo stesso giudice. E che si dimostra, in due casi diversi, giudice razzo e giudice lu­maca. È il giudice che ha diretto a tappe forzate il processo d’appello a Berlusconi, e che però da oltre un anno non è riu­scita a scrivere le motivazioni della condanna di un maniaco violentatore, con il risultato che il pericoloso soggetto è ri­masto liberamente in circola­zione.
Il giudice si chiama Alessan­dra Galli, ed è il magistrato che lo scorso 8 maggio nell’aula della seconda sezione penale lesse il dispositivo della sen­tenza che confermava in pie­no la condanna per frode fisca­le inflitta a Berlusconi in pri­mo grado: quattro anni di car­cere, cinque anni di interdizio­ne dai pubblici uffici. È la sen­tenza che il prossimo 30 luglio approderà al vaglio della Cas­sazione, al termine di un tragit­to processuale percorso a rit­mi da Frecciarossa per evitare il rischio della prescrizione.
A fare i salti mortali per evita­re che i reati si inabissassero aveva iniziato Edoardo d’Avos­sa, il giudice del processo di primo grado, che era uscito dalla camera di consiglio con le motivazioni già scritte e le aveva lette tutte d’un fiato agli esterrefatti avvocati difensori. Ma anche Alessandra Galli, quando il processo d’appello è stato assegnato alla sua sezio­ne, ha dato il suo contributo decisivo per arrivare a senten­za in tempo utile: basta ricor­dare le visite fiscali inviate in ospedale per controllare se Berlusconi fosse davvero ma­lato, i ripetuti dinieghi di rin­vio per impedimento elettora­le, le motivazioni della con­danna depositate nel termine minimo previsto dal codice, e quasi mai rispettato nei pro­cessi normali, ovvero quindici giorni. E questa solerzia non termina con la fine del proces­so: è dalla Corte d’appello di Milano che parte all’inizio di luglio il segnale d’allarme sul­la prescrizione anticipata che - dopo un articolo sul Corriere della Sera - porta la Cassazio­ne ad anticipare al prossimo 30 luglio l’ultimo grado di giu­dizio.
Così raccontato, l’operato di Alessandra Galli risponde pienamente ai doveri di un ma­gi­strato, che ha anche il compi­to di evitare che i processi a lui affidati si trascinino all’infini­to. Ma, poiché le energie uma­ne non sono illimitate, le risor­se mentali e organizzative che la dottoressa ha dovuto dedi­care al processo per i diritti tv hanno avuto uno sgradevole effetto collaterale.
Il giudice Galli doveva scri­vere le motivazioni di un altro processo, assai meno noto al grande pubblico: il processo per stupro a carico di un denti­sta milanese, accusato di ave­re d­rogato le sue pazienti e ave­re ripetutamente abusato di lo­ro. Fu il figlio del dentista, da una schermata di computer di­menticata accesa, a scoprire le immagini delle poverette che il medico aveva immorta­lato durante gli abusi.
Nel giugno dell’anno scorso il processo d’appello approda alla seconda sezione penale della Corte d’appello di Mila­no. Presidente è il giudice Fla­vio Lapertosa; Alessandra Gal­li è giudice a latere e relatore. Il 12 luglio la Corte dichiara il dentista colpevole del reato di violenza sessuale aggravata dallo stato di soggezione delle vittime, e gli infligge sette anni di carcere. Ma oggi, ad esatta­mente un anno di distanza dal­la sentenza, il dentista è anco­ra a piede libero.
La sentenza nei suoi con­fronti infatti non è ancora definitiva perché manca il giudi­zio di Cassazione. E il proces­so in Cassazione non si può te­nere per il semplice motivo che le motivazioni della con­danna emessa in appello non sono mai state depositate: né al momento della lettura del­la sentenza, né nei quindici giorni successivi, e neanche nei sessanta o novanta giorni che per il codice di procedura penale sono il limite di ritardo invalicabile. Il dentista è sem­pre a zonzo, anche se per la giustizia è colpevole al di là di ogni ragionevole dubbio di un delitto terribile. Il giudice che deve scrivere le motivazio­ni della sua condanna è il rela­tore del suo processo, Ales­sandra Galli.