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 2013  luglio 12 Venerdì calendario

UN NUOVO SPETTRO SI AGGIRA PER L’EUROPA


Cara Rossini, sono il padre di una ragazza che vaga per l’Europa. Una nomade, lei penserà, un’irrequieta o una tardiva imitatrice degli hippy. Tutt’altro. La ragazza, anzi la donna, perché ormai ha 35 anni, di cui le parlo, è una persona di qualità, con studi ben fatti e brillanti, e se un piccolo ritardo nella sua formazione c’è stato (si è laureata a 27 anni) non è perché fosse una "bambocciona" come ebbe a dire un ex ministro democratico, ma perché ha avuto la curiosità intellettuale di testare le sue inclinazioni in un lungo Erasmus nei Paesi scandinavi e in un altro anno negli Stati Uniti, lavorando come insegnante di italiano. Adesso è multilingue (inglese e tedesco perfetti e un buon livello di svedese) e ha un’esperienza del mondo superiore alla media. Ma è ancora disoccupata, anzi quando va bene sottoccupata con lavoretti intellettuali saltuari e instabili che non le danno il necessario per vivere. Il suo errore capitale è stato quello di fare una facoltà umanistica come Lettere, con relative specializzazioni e master, e non una di quelle scientifiche con impiego sicuro. Ora è in Germania con un incarico di lettrice di italiano (pochi euro) che è appena terminato. Guardi che non le sto parlando
di un caso raro. In questi anni, nei contatti con mia figlia, di questi ragazzi ne ho conosciuti molti. Vagano per l’Europa con il loro bagaglio, imparano lingue su lingue, cercano perennemente lavoro, consegnando a destra e a manca i loro brillanti curricula con l’ambizione di riuscire a trovare qualcosa di prossimo alla loro formazione e ai loro interessi, vivono esclusivamente in cohousing. Ma soprattutto sono ancora pieni di interessi, che sono pari alle frustrazioni per non sentirsi riconosciuti per quello che valgono e che possono fare. Scusi il lungo sfogo, ma era solo per chiedere se qualcuno si ricorda di queste persone, dato che anche quando si fa qualcosa per il lavoro, come nei recenti provvedimenti del governo Letta, ci si riferisce ai giovani che non hanno compiuto 29 anni.
Mario Di Nella

Ho lasciato tutto lo spazio alla sua lettera perché è una testimonianza diretta e amarissima del destino di quella che già Monti definì "la generazione perduta". È la generazione che si è formata e ha immaginato il proprio futuro quando la prosperità sembrava una costante e ci si poteva permettere anche di perdere del tempo ad arricchirsi di esperienze e di stimoli. La crisi l’ha invece imprigionata in una precarietà senza sbocchi. E l’indifferenza della politica somiglia a una condanna a vita.


Risponde Stefania Rossini
stefania.rossini@espressoedit.it