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 2013  luglio 12 Venerdì calendario

TORNA L’ALLARME PORTOGALLO


Se la crisi di governo portoghese ha un merito, è quello di aver ricordato ai risparmiatori che con l’Europa dei debiti non si deve abbassare la guardia. Per alcuni mesi, i mercati hanno pensato ad altro: la forza relativa della ripresa americana, la Fed e i tempi per smaltire l’overdose di liquidità.
La Cina, alle prese con una bolla creditizia cresciuta al punto da richiedere un intervento immediato. Intanto, però, la malattia del Vecchio Continente ha continuato a progredire: recessione più profonda, disoccupazione in aumento, stime sui conti pubblici riviste al ribasso per i (prevedibili) effetti collaterali dell’austerità dura e pura. E anche se molti investitori erano distratti, la tensione sociale non è venuta meno.

CORTO CIRCUITO
Si è arrivati, così, a un nuovo corto circuito. Questa volta innescato dalle dimissioni di due ministri del governo portoghese guidato da Passos Coelho e dai timori che l’instabilità politica potesse mettere sulla cattiva strada anche un Paese a lungo considerato tra gli allievi prediletti di Commissione Europea e Fmi. «Ciò che è successo a Lisbona era prevedibile», commenta Emilio Franco, vice-direttore generale e responsabile investimenti di Ubi Pramerica. «Non è un evento isolato. Anzi, va letto come un importante campanello di allarme e ci aiuta a ricordare che l’austerità fiscale voluta dai tedeschi minaccia la tenuta sociale e politica». Alla lunga, le corde troppo tese finiscono per spezzarsi. «Chi ci assicura che in autunno la stessa situazione non possa ripresentarsi in Portogallo? O magari in Spagna o Italia?», s’interroga Franco. La buona notizia è che per adesso l’emergenza sembra rientrata. Il primo ministro ha trovato un accordo per tenere insieme il governo. Atene ha ottenuto dalla Troika il via libera per la nuova tranche di aiuti. La Borsa di Lisbona, dopo aver ceduto il 13% in dieci giorni, tenta il rimbalzo. E anche i decennali portoghesi sono tornati sotto la soglia del 7%. «Il Portogallo ha fatto notevoli progressi, per esempio sul fronte della bilancia commerciale e del disavanzo primario», ricorda Stefano Guglielmetto, responsabile investimenti per l’Italia di Merrill Lynch Wealth Management. «Ma la liquidità sovrabbondante enfatizza i movimenti degli investitori mordi e fuggi: prima dell’impasse politica i titoli di Lisbona erano già penalizzati, ben più di altri, per la chiusura improvvisa di molte posizioni, sui timori di una prematura riduzione del quantitative easing».
Nel 2014 andrà a scadenza il piano di aiuti da 78 miliardi concesso dalla Troika nel maggio 2011. C’è il rischio che si renda necessario un nuovo salvataggio, questa volta con taglio del nominale e coinvolgimento degli investitori privati sul modello greco? Nessuno degli esperti interpellati dal Mondo lo esclude a priori. «Non è il nostro scenario centrale. Anche perché avrebbe costi politici e finanziari troppo elevati, riaprendo la discussione sulla tenuta di Spagna e Italia», assicura Franco. Più probabile, secondo Guglielmetto, che si conceda tempo, fornendo semmai una nuova linea di credito, tipo prestito ponte. Magari con una contestuale riduzione dei tassi d’interesse, che potrebbe avere un impatto significativo sui conti pubblici di Lisbona: il Paese, infatti, ha un deficit fiscale del 5,5%, essenzialmente dovuto agli oneri sul debito, dato che il Portogallo è vicino al pareggio del bilancio primario.

NIENTE SCUDO
Vale la pena ricordare che Lisbona non è protetta dallo scudo anti-spread, riservato ai Paesi che sono in grado di avere pieno accesso ai mercati. Molti dubitano che, al di là della recente emissione, Lisbona sia nelle condizioni di potersi finanziare stabilmente sul secondario. In ogni caso, puntualizza Luca Noto, gestore obbligazionario di Anima Sgr, il Portogallo ha denaro sufficiente per farcela da solo fino alla seconda metà del 2014. La soluzione dovrà essere trovata prima. Probabilmente dopo le elezioni tedesche del 22 settembre. Fino a quella data si farà il possibile per guadagnare tempo. Quindi, ha senso prendere posizione, tatticamente, sui titoli portoghesi? «Anche se a scadenza i guadagni potenziali sono molto più alti, l’Italia è più interessante, in termini di profilo rischio-rendimento», chiosa Franco. Non dimentichiamo che i titoli portoghesi hanno perso 1’8% in un solo giorno. «Molti investitori italiani sono già esposti significativamente ai Btp», conclude Guglielmetto. «Un’incursione su Lisbona non permetterebbe di bilanciare correttamente i rischi. Piuttosto sarebbe meglio cercare opportunità nella componente azionaria».

INSEGUENDO FRANCOFORTE
Le prossime mosse di ogni investitore non potranno comunque prescindere dalle parole pronunciate da Mario Draghi giovedì 4 luglio. Rassicurando i mercati sulla volontà di mantenere i tassi di riferimento a livelli attuali o inferiori per un periodo molto prolungato, il presidente della Bce vuole sganciare esplicitamente l’azione della Banca centrale europea da quella della Fed. Per Guglielmetto, questa strategia porterebbe a tre conseguenze: «Ridurre la correlazione dei tassi europei a quelli americani, aiutare il mercato azionario a trovare una base da cui ripartire, indebolire l’euro rispetto al biglietto verde, verso quota 1,25 a fine anno e 1,22 a fine 2014». Intanto, nei giorni successivi al discorso di Draghi, i rendimenti dei titoli spagnoli e italiani, soprattutto sulle scadenze brevi, sono tornati a scendere. E a detta di Noto ci sarebbe spazio per un ulteriore calo, a beneficio dei detentori delle emissioni europee. «Se si considera il Btp a dieci anni, un rendimento congruo sarebbe nella forbice tra il 4 e il 4,25%. Oltre questa soglia, a salire, si trovano buone opportunità d’acquisto». Guardando alle scadenze, Franco continua a privilegiare la parte della curva compresa tra i 3 e i 5 anni. Se l’obiettivo di Draghi è quello di favorire una progressiva riduzione dei tassi reali, potrebbero tornare a salire le aspettative inflazionistiche. Per questa ragione. Noto suggerisce di mettere in portafoglio qualche emissione inflation linked italiana, ma allungando la scadenza verso i cinque-sette anni. E a chi suggerisce di privilegiare i Bonos ai Btp, per incassare l’extrarendimento di 25-30 punti base, il gestore di Anima Sgr risponde così: «Lo spread tra Roma e Madrid non è sufficiente a compensare il maggiore rischio delle emissioni spagnole. Solo un differenziale di 80-100 punti base giustificherebbe una preferenza tattica per i Bonos». Un allargamento dello spread di tale entità sembra tuttavia improbabile: il «whatever it takes», quello che occorre, di Draghi a fine luglio 2012 ha creato un cordone di sicurezza in grado di tenere sotto controllo le tensioni sui debiti della periferia, al netto di periodiche fibrillazioni. «Ma il programma Omt ha costi di attivazione elevati, quali la rinuncia alla sovranità fiscale. Pur essendo riuscito a contenere i rischi di coda, non rappresenta una soluzione strutturale alla crisi dell’area euro, che passa invece per il completamento del quadro istituzionale», sottolinea Franco. «Lo stesso vale per il Meccanismo di stabilità permanente. Un anno fa i policy maker europei lo dipinsero come uno strumento capace di spezzare alla radice il legame tra banche e Stati sovrani, grazie alla possibilità di ricapitalizzare direttamente gli istituti di credito. Poi, dopo ripetuti ritardi, l’Eurogruppo del 21 giugno ha deciso di destinare a questa funzione solo 60 dei 550 miliardi disponibili». Secondo l’analista, in conclusione, l’unione bancaria procede lentamente, ma per stabilizzare l’Eurozona l’unica soluzione è accelerare.
PierEmilio Gadda