Luca Davi, Il Sole 24 Ore 12/7/2013, 12 luglio 2013
I FONDI USA RESUSCITANO I SUBPRIME CON I PRESTITI DELLE BANCHE EUROPEE
C’è un lungo filo rosso che lega il recupero immobiliare americano con gli investimenti dei grandi fondi speculativi di Wall Street sulle «macerie» della crisi dei subprime. E come in una sorta di intrigo internazionale, quel filo rosso riparte da New York, si allunga sull’Atlantico e arriva fino in Europa, dove alcune grandi banche internazionali hanno una sorta di cabina di regia finanziaria in quello che rappresenta il più rischioso ritorno alla finanza dei subprime dopo il crollo di Lehman Brothers. In pratica, all’ombra del rally delle Borse degli ultimi due anni, colossi del credito come Deutsche Bank hanno iniziato a prestare miliardi di dollari a fondi come Blackstone o Apollo non solo per finanziare le loro acquisizioni a prezzi stracciati di mutui in default e di immobili pignorati, ma anche per operazioni ben più rischiose: la costituzione di "banche ombra" che prestano centinaia di milioni di dollari agli immobiliaristi d’assalto che vogliono rastrellare proprietà immobiliari in dissesto che hanno spesso al loro interno inquilini morosi. E ovviamente, quei prestiti servono poi a generare altra speculazione: i finanziamenti agli immobiliaristi vengono infatti cartolarizzati e poi inseriti in pacchetti di obbligazioni la cui rischiosità è difficilmente calcolabile. Basta un’occhiata, insomma, per capire che la macchina dei subprime è tornata a marciare a pieni giri sotto l’occhio impotente delle authority e sul filo sottile degli artifici contabili.
I "signori" dell’immobiliare
Ma andiamo con ordine. Da tempo i fondi di private equity americani hanno occupato lo spazio lasciato libero dalle banche regionali americane sul fronte dei finanziamenti immobiliari. Prima dello scoppio della bolla subprime, gli istituti locali erano infatti la principali fonte di finanziamento per chi desiderava comprare una casa o voleva allargare il proprio portafoglio immobiliare. Lo scoppio della bolla immobiliare del 2007, che ha mandato a gambe all’aria 475 istituti regionali, ha ribaltato lo scenario. E i fondi di private equity sono stati i più veloci a entrare in un business che, all’epoca, sembrava moribondo. Blackstone, in particolare, ha scelto di fare le cose in grande. E ha puntato in particolare sulle case abitate. L’idea è stata quella di comprare (a costi irrisori) le case di mutuatari in difficoltà per poi chiedere loro il pagamento dell’affitto. È il cosiddetto "buy to rent". In questo modo il fondo Usa fino ad oggi comprato oltre 30mila alloggi di americani, investendo circa 5 miliardi di dollari. Una cifra che rende il più grande fondo di private equity al mondo, paradossalmente, anche il più grande locatario al mondo. Blackstone tuttavia non si è mosso da solo. Con questo "giochetto", negli ultimi due anni, alcuni fondi, da Apollo a Colony Capital, hanno speso più di 17 miliardi di dollari per rastrellare più di 100mila abitazioni.
Il salto di qualità
Ma non basta. Ora Blackstone ha scelto di fare il salto di qualità. E, nella convinzione che la ripresa del mercato immobiliare sia destinato a prendere sempre più vigore, ha lanciato un nuovo braccio finanziario. Il nome spiega molto: B2R Finance, guarda caso acronimo di "buy to rent". La novità rispetto al passato è che la controllata punta a offrire finanziamenti importanti, a partire da 10 milioni di dollari. Di fatto la proposta è rivolta a grandi proprietari immobiliari che detengano già portafogli di immobili e vogliano accrescerli ancora. L’interesse degli operatori non manca, tanto che già almeno cinque società specializzate nel renting hanno già avuto contatti con il veicolo di Blackstone. A guidare B2R non è un uomo qualsiasi. Bensì Jeffrey Tennyson, l’ex ceo di EquiFirst, uno delle più grandi società erogatrici di mutui subprime americani, implosa nel 2009 proprio per lo scoppio della bolla immobiliare.
E qui interviene il supporto di Deutsche Bank. Perchè l’istituto tedesco ha erogato una linea di credito da oltre 3,6 miliardi di dollari a Blackstone, cui si aggiungono 200 milioni di dollari concessi ad Apollo. Ma accanto a Francoforte ci sono anche Bank of America, JpMorgan e Wells Fargo. Tutte desiderose di cavalcare un mercato che avrà pur visto salire i valori immobiliari ad aprile del 12 per cento rispetto all’anno precedente, secondo l’indice S&P/Case Shiller. Ma che, nel frattempo, ha anche un potenziale importante. Il prezzo medio delle abitazioni americane è del 26% inferiore ai picchi del 2006. Il legame di Deutsche Bank e l’immobiliare Usa non è dei più facili: la banca è stata tra i 17 grandi istituti denunciati dalle autorità americane per mutui e cartolarizzazioni "tossiche". Il governo ha accusato le banche internazionali di aver ingannato Fannie Mae e Freddie Mac, i due gruppi federali americani che garantiscono la maggioranza dei mutui, sulla qualità di prestiti e titoli che hanno venduto alle due agenzie, che a loro volta li hanno impacchettati e "piazzati" tra gli investitori, accollandosene il rischio.