Laura Galvagni, Carlo Festa, Il Sole 24 Ore 12/7/2013, 12 luglio 2013
AUMENTO RCS, L’ASTA DELL’INOPTATO FA IL PIENO
In meno di un’ora, mettendo sul piatto appena 300 mila euro, qualcuno ha prenotato poco più del 10% di Rcs Mediagroup. Abbastanza perché a Piazza Affari si scatenasse la caccia all’investitore pronto a dare la scalata al gruppo che edita Il Corriere della Sera. Con il passare delle ore, tuttavia, il quadro è parzialmente mutato. Secondo alcune fonti, sui diritti inoptati messi all’asta ieri mattina avrebbero operato ben una ventina di intermediari e appena quattro di questi avrebbero movimentato pacchetti sostanziosi. Il più rotondo, peraltro, non arriverebbe a 4 milioni di opzioni, quota trasformabile in una partecipazione al capitale sociale di Rcs compresa tra il 2,5% e il 2,7%. Certo, si tratta di una partecipazione rilevante, ma ben distante da quell’11% complessivo che si pensava fosse finito nelle mani di un unico compratore. Peraltro, se quel 2,5% fosse stato prenotato da un fondo di investimento, questo non sarebbe neppure obbligato a dichiararlo al mercato visto che la soglia rilevante per gli istituzionali è del 5%. Da capire, tuttavia, se un unico investitore possa aver deciso di appoggiarsi a più intermediari. La Consob è al lavoro per verificarlo. Di certo, se questo compratore esiste, fa il paio con quel 6-7% del capitale si Rcs sottoscritto in sede di aumento che ancora non ha nome. Per questo investitore l’unica strada percorribile, tuttavia, per poter contare in Rcs sarebbe l’Opa. Ma con un patto ancora saldamente sopra il 60%, la strada non è certo in discesa.
Intanto va segnalato che Fiat e la galassia che la controlla, Diego Della Valle, NewsCorp, Axel Springer, Andrea Bonomi, Clessidra hanno smentito categoricamente di aver operato sui diritti. L’unico che avrebbe mosso le opzioni, ma in misura contenuta, si parla al massimo di 1 milione di azioni Rcs, sarebbe stato Kairos. E l’operazione, peraltro, sarebbe riconducibile alla normale dinamica di gestione del portafoglio.
La pista della speculazione
In virtù di tutto questo, diverse fonti finanziarie sono pronte a scommettere che l’improvviso interesse per l’inoptato Rcs potrebbe trovare parziale spiegazione in una manovra speculativa. E i numeri, in parte, confortano quest’ipotesi. Tolto qualche investitore pronto a supportare l’attuale azionariato nel piano di rilancio, gli altri, soprattutto quelli con matrice estera, Gran Bretagna e Svizzera in primis, potrebbero aver fatto due conti. Per esempio, chi ha acquistato 4 milioni di diritti ha speso 80 mila euro. Con quella cifra si è assicurato 12 milioni di azioni Rcs a 1,235 euro a titolo. Ieri, le azioni del gruppo editoriale hanno chiuso a 1,27 euro ma hanno viaggiato per tutta la seduta attorno a 1,3 euro. In altre parole, i fondi di diritto estero potrebbero aver venduto allo scoperto pronti a ricoprirsi a un prezzo inferiore con l’esercizio dei diritti. Se nei prossimi giorni il prezzo dovesse allinearsi a 1,235 euro, la pista della speculazione potrebbe diventare più credibile. Tanto più che risulta che già il primo giorno dell’asta diversi fondi erano pronti a intervenire ma poi, per ragioni tecniche, non sono riusciti ad acquistare le opzioni. La mappa definitiva dell’azionariato non sarà in ogni caso disponibile prima del prossimo 16 luglio.
L’audizione di Della Valle
Diego Della Valle ha smentito ieri di essersi mosso sui diritti. Il mercato ha a lungo scommesso che l’imprenditore marchigiano potesse scendere in campo con l’avvio dell’asta per arrotondare la quota, confortato dalle dichiarazioni di interesse per il dossier Rcs, di cui è socio all’8,7%, rilasciate recentemente dal manager. Esternazioni per le quali Consob ha deciso di convocare Della Valle. A quanto si apprende, l’audizione dovrebbe tenersi proprio oggi. Difficile sapere quale sarà la linea di difesa. Di certo, l’imprenditore potrebbe giocare sul fatto che alcune delle dichiarazioni fatte erano legate alla dinamica dei contatti tenuti con alcuni soci del patto e le promesse ottenute da quest’ultimi a fronte di un suo impegno nell’aumento di capitale. Impegni che sarebbero poi stati disattesi.
Laura Galvagni
EVITATO IL RICORSO ALLE BANCHE –
L’inatteso tutto esaurito registrato dall’asta sui diritti per l’inoptato Rcs lascerà con ogni probabilità le banche del consorzio di garanzia all’asciutto.
Contro ogni previsione gli istituti non dovranno accollarsi alcuna fetta della ripatrimonializzazione del gruppo editoriale. Il risultato lascia certamente soddisfatto il consorzio considerato che, ancora ad aumento di capitale in corso, si ipotizzava che nel portafoglio delle banche sarebbe potuto finire fino a un 30% del capitale di Rcs. Di questo, peraltro, buon a parte sarebbe stato sulle spalle di Intesa Sanpaolo che in un attimo si sarebbe potuta ritrovare con quasi il 20% della società che edita il Corriere della Sera. Questo, con ogni probabilità, non accadrà. E anche se dovesse succedere che chi ha fatto razzia dei diritti alla fine non li trasformi in azioni, l’esborso massimo per il consorzio sarà comunque di 50 milioni di euro. Questo perché gli istituti si sono detti disposti a garantire l’aumento fino a un massimo di 389 milioni ma 339 milioni sono già stati raccolti.
I 10 milioni in più che sono finiti con i diritti messi all’asta ieri, 15,5 milioni di opzioni complessive per oltre 47 milioni di azioni ordinarie, al più non arriveranno nelle casse di Rcs.
Ma questa sembra essere un’ipotesi piuttosto lontana. Plausibile, invece, che il prossimo martedì Rcs si ritrovi con 420 milioni mezzi freschi in cassa. E da lì partirà per dar vita alla seconda parte del piano.
Si inizierà a fine luglio con il patto che dovrà fare il punto sul nuovo assetto azionario. Quindi si discuterà i possibili aggiustamenti al piano industriale, con l’iupotesi di uno spezzatino che valorizzi gli asset, e infine si considererà se dar seguito a una seconda tranche di uamento di capitale da 200 milioni già in autunnno. E lì, in quell’occasione, potrebbero fare ingresso quesi soci, come Andrea Bonomi, che al momento sono rimasti alla finestra a guardare.
VIA ALLE CESSIONI, DADA VA A SAWIRIS –
L’aggiornamento sull’aumento di capitale e sul piano industriale, la cessione della controllata Dada a Naguib Sawiris, il punto sulle manifestazioni d’interesse e sulle proposte preliminari in arrivo per l’immobile del gruppo editoriale di via san Marco a Milano, previste per la prossima settimana.
Tanta carne al fuoco per il consiglio di amministrazione di Rcs, guidato dall’amministratore delegato Pietro Scott Jovane, per il quale arriva finalmente il momento di tirare le somme.
Ottenuto l’obiettivo sull’aumento di capitale, è stato messo a posto anche un altro pezzo del mosaico: con il via libera definitivo alla vendita del 54,6% di Dada alla Orascom Tmt Investments, la società d’investimento fondata dall’imprenditore egiziano Naguib Sawiris.
Negli ultimi giorni sono stati decisi anche i valori, oltre che la tempistica dell’operazione. L’enterprise value (cioè il valore d’impresa) riconosciuto da Orascom è infatti pari a 83 milioni di euro e corrispondente a un equity value di 55 milioni di euro. Alla chiusura dell’operazione Orascom lancerà un’Opa su tutta Dada.
Per Rcs, affiancato dai consulenti di Mediobanca e di Labruna Mazzotti Segni, il beneficio finanziario atteso dalla transazione, incluso il deconsolidamento al 100% della posizione finanziaria netta della controllata Dada, è stimato in circa 58 milioni di euro.
Orascom, che nell’operazione è stata assistita da White&Case, effettuerà l’acquisto di Dada tramite Libero Acquisition, cioè l’unità con la quale l’investitore egiziano Naguib Sawiris ha mantenuto (dopo la vendita di Wind ai russi di Vimpelcom) la propria presenza in Italia.
A Orascom Tmt Investments fanno capo inoltre le altre partecipazioni del miliardario egiziano in Europa, Usa e Medio Oriente nelle telecomunicazioni, nei media digitali e negli asset tecnologici.
«L’investimento in Dada – ha spiegato Naguib Sawiris – conferma l’impegno a lungo termine di Orascom Tmt Investments nel continuare a ricoprire un ruolo strategico nello sviluppo del settore delle Tmt in Italia, nonché il nostro interesse ad esplorare ulteriormente le opportunità offerte da questo Paese». Altro tema sul tavolo del consiglio di amministrazione è stato quello relativo alla dismissione dell’immobile di via San Marco a Milano. Settimana prossima sarebbero attese le prime offerte, anche se preliminari, per il palazzo.
Il perimetro di cessione riguarda tre lotti per complessivi 27mila metri quadrati, compresi parcheggi e sotterranei. È, invece, esclusa la sede storica del Corriere della Sera in via Solferino.
Difficile dire quali saranno le offerte dei possibili compratori, anche se le indiscrezioni riferiscono di valutazioni abbastanza più basse rispetto alla valutazione che Rcs Mediagroup ha dell’immobile.
La zona resta infatti una delle più centrali e prestigiose di Milano, ma sulla cessione pesa la necessità per il potenziale compratore di trovare un nuovo affittuario, visto che i lotti saranno ceduti da Rcs praticamente vuoti.
Inoltre altro nodo di rilievo sarà quello del cambiamento della destinazione d’uso del palazzo, che deve essere riconvertito in residenziale o in alberghiero. Così, tra gli addetti ai lavori, si parlerebbe di una valutazione compresa tra i 100 e i 200 milioni di euro. Tra i gruppi che dovrebbero fare un’offerta, secondo i rumors, ci sarebbero Prelios e Blackstone. Si parla, inoltre, di qualche fondo opportunistico e delle casse previdenziali.
Carlo Festa