Antonella Scott, Il Sole 24 Ore 12/7/2013, 12 luglio 2013
MAGNITSKIJ, CONDANNA POSTUMA
Un verdetto, dice William Browder, che «passerà alla storia come uno dei momenti più vergognosi per la Russia dai giorni di Josif Stalin». Era vuota la gabbia nell’aula del tribunale di Mosca dove ieri sono stati condannati per evasione fiscale due uomini. Il primo, l’avvocato Serghej Magnitskij, è morto da quattro anni. Riconosciuto colpevole senza una sentenza, perché per lui il processo non può che fermarsi qui: la prima volta nella storia sovietica o russa che si giudica un uomo non più in vita, e non per riabilitarlo. La seconda sedia vuota è quella di Browder, condannato in absentia a nove anni di colonia penale. Un processo che dimostra, ha commentato, «fin dove Putin è pronto ad arrivare per attaccare chiunque esponga la corruzione e i furti su cui presiede».
Questa storia ha già avuto ampia eco nel mondo perché dopo l’arresto e la morte di Magnitskij in carcere a 37 anni, il 16 novembre 2009, i tentativi della sua famiglia e di Browder di restituirgli giustizia sono sfociati in una disputa diplomatica tra Russia e Stati Uniti, nel cosiddetto Magnitsky Act e nella decisione di Mosca, per ritorsione, di vietare le adozioni di orfani russi da parte di famiglie americane.
William Browder, americano divenuto cittadino britannico, è il fondatore dell’Hermitage Capital Management, un fondo di investimento divenuto nei primi anni del capitalismo russo il più attivo - investimenti per 4 miliardi di dollari - tra gli stranieri presenti sui mercati azionari di Mosca. Fino a entrare nel mirino delle autorità russe, per le critiche al modo in cui molte compagnie sotto la lente di Hermitage Capital venivano gestite. «Mi resi conto - racconta Browder - che le società in cui avevamo acquistato azioni venivano derubate a man bassa dai loro proprietari oligarchi, furti di dimensioni quasi inimmaginabili in Occidente».
Quel che Hermitage Capital scopriva veniva passato ai media internazionali, fu così che Browder iniziò a farsi un mucchio di nemici fino a essere definito dal Governo russo «una minaccia alla sicurezza nazionale», ed espulso dal Paese, alla fine del 2005.
Diciotto mesi mesi dopo, 50 funzionari del ministero degli Interni russo «visitano» gli uffici moscoviti di Hermitage Capital, usando - è il racconto di Browder - le informazioni e i documenti portati via per sottrarre alle casse dello Stato 230 milioni di dollari pagati in tasse dalle compagnie del fondo di Browder. È qui che inizia la tragedia di Serghej Magnitskij, l’unico tra gli avvocati che lavoravano per Browder a non seguire il consiglio di venire via dalla Russia, convinto che un furto di dimensioni simili non potesse essere stato approvato dall’alto e che andasse smascherato. Magnitskij viene arrestato un mese dopo aver puntato il dito contro una ragnatela di funzionari di polizia e del servizio fiscale. È lui che ora accusano di frode. Resterà in carcere in attesa di giudizio 11 mesi, trascrivendo a mano un calvario di celle sovraffollate, di condizioni alimentari e sanitarie indecenti, di «giustizia trasformata in un processo di tritacarne umana», nelle prigioni e nei campi russi.
Malato di pancreatite, scrive di cure negate e maltrattamenti che non bastano a convincerlo a ritrattare. Il 13 novembre 2009, a Londra, Browder riceve una telefonata senza parole, solo le grida di un uomo sullo sfondo. La famiglia dice che il 16 novembre, portato in una cella di isolamento invece che in ospedale, Magnitskij è stato ucciso dalle botte delle guardie.
In Russia nessuno è stato ritenuto responsabile di questa morte, malgrado un’inchiesta della commissione presidenziale per i diritti umani abbia confermato i maltrattamenti e le percosse subite da Magnitskij. Così la giustizia negata in patria cerca strada altrove. Nel dicembre scorso il Congresso americano ha approvato una legge che porta il nome di Magnitskij, una lista di persone ritenute coinvolte nella sua morte o in altri casi di abuso di diritti umani. A loro è vietato entrare negli Stati Uniti, eventuali beni in America sono congelati.
Ora William Browder vorrebbe convincere altri Paesi europei a fare altrettanto: per fermarlo, e screditare il Magnitsky Act, in Russia era necessario togliere ogni ombra da quegli alti funzionari, e marchiare definitivamente con una condanna la memoria di chi ha dato il suo nome alla legge americana. Per questo il processo postumo. Quanto a Browder, non sembra facile che finisca in mano ai russi: l’Interpol si è rifiutata di inserirlo nell’elenco dei ricercati, definendo politico il caso aperto contro di lui. Che promette battaglia: «Continueremo a lottare per dare giustizia a Serghej - ha detto ieri - per tutto il tempo che ci vorrà».