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 2013  luglio 12 Venerdì calendario

Notizie tratte da: Sigmund Freud, Intanto rimaniamo uniti. Lettere ai figli, Archinto 2013, pp. 287, 25 euro

Notizie tratte da: Sigmund Freud, Intanto rimaniamo uniti. Lettere ai figli, Archinto 2013, pp. 287, 25 euro.

(Vedi PRIMO Libro in gocce in scheda: 2250008
Vedi SECONDO Libro in gocce in scheda: 2341006
Vedi Biblioteca in scheda: 2241667)

Freud, oltre a moglie e sei figli nati tra il 1887 e il 1895, manteneva la sorella della moglie che a partire dal 1896 visse in casa sua, una cuoca, una domestica, una bambinaia, un’istitutrice. Inoltre: la madre e la sorella nubile, Adolfine, che se ne prendeva cura, e da un certo punto in poi anche le sorelle Pauline e Rosa, rimaste vedove.

Il 13 settembre 1886 Freud sposò Martha Bernays, con cui era stato fidanzato per più di quattro anni. Il 16 ottobre 1887 nacque la primogenita Mathilde. Poi seguirono Martin, Oliver, Ernst, Sophie e Anna. I nomi li scelse lui: il principio era che le femmine dovevano essere chiamate con un nome in uso presso famiglie amiche della borghesia ebraica viennese, mentre i maschi con i nomi di grandi della scienza o della politica.

Lettera alla figlia Mathilde (26/3/1908): «Di tutti quelli che vorrebbero sposarti, nessuno mi convince davvero […]. Mi pare che il dott. Raab non ti dispiaccia; non contesto il tuo buon gusto, ma non vedi com’è ansioso? E poi è una goccia estranea per il nostro sangue».

Quando, da Merano nel 1908, la figlia Mathilde gli annuncia di volersi fidanzare con Robert Hollitscher, commerciante di 12 anni più grande di lei, Freud prova a dissuaderla: «Secondo le prime informazioni che ho avuto su di lui, la madre è inguaribilmente malata di mente, e anche lui sembra non avere fama di persona particolarmente sana». Poi: «Avevo sempre pensato che, in mio ricordo, ti avrebbe sposata qualche mio simpatico allievo e sostenitore» (tra cui sopra tutti, sperava, Sándor Ferenczi). In un’altra lettera le spiega che preferirebbe che lei attendesse almeno i 23 anni per maritarsi. Poi c’è anche la questione della dote: «Senza non potrai essere accolta con molto entusiasmo in una famiglia di commercianti. Mi chiedo se, in società, non ci sopravvalutino. La famiglia Hollitscher non è di quelle in cui il patrimonio della sposa non ha alcun ruolo. Altro sarebbe, per esempio, nella famiglia di un medico: lì vale la tua personalità, non il denaro». Infine: «Non posso neppure prevedere se, dopo Merano, troverai una sufficiente comunanza di interessi con lui. Un uomo che sta diventando qualcuno, che ha tutte le opportunità della vita a sua disposizione, mi sarebbe naturalmente più gradito». Nel 1909 Mathilde si sposa con Robert Hollitscher.

Jean Martin Freud, primo dei figli maschi di Freud, da bambino si distingueva per il fatto che componeva poesie. A sette anni firmava i suoi scritti e le sue lettere «il poeta Martin». Il fratello minore Oliver, cinque anni, ne correggeva gli errori di ortografia.

Martin, incline a difendere le proprie idee con la violenza, all’università aderì un’associazione ebraica in cui si praticava il duello, la “Kadimah”, cosa che il padre vedeva di buon occhio, e divenne provetto schermidore.

Freud, convinto che i suoi figli necessitassero di un’educazione sessuale, poi preferì evitare di occuparsene personalmente. Diede loro un manuale di divulgazione intitolato Die Gesundheit. Tra le cose che fece, mise in guardia il figlio Oliver dall’onanismo e mandò i due figli maschi maggiori da un suo amico dermatologo perché spiegasse loro come evitare le infezioni e le malattie veneree.

Consiglio di Freud al figlio Freud, sofferente per amore: «Il tuo errore è che non sei aggressivo o non lo sei abbastanza. Se fossi stato brutale quando lei ti ha fatto soffrire, se avessi alzato la voce o, ancora meglio, se le avessi dato uno schiaffo, allora forse voi due avreste potuto sviluppare una relazione felice».

Martin si fidanzò con Ernestine “Esti” Drucker, figlia di un importante avvocato ebreo che di Freud non sapeva nulla e che non si mostrò contento, desiderando un genero più ricco. Quando Martin presentò la ragazza in famiglia il padre gli sussurrò: «Fin troppo bella per la nostra famiglia». Si sposarono nel 1919 ma già tre anni dopo non andavano più d’accordo. Freud riteneva che Esti fosse «una furia assolutamente abnorme» e poi: «Non è solo malignamente meschugge, è pazza anche in senso clinico». Lui la tradiva e alla fine si separarono, anche se per vendetta Esti rifiutò di acconsentire al divorzio.

Al figlio Martin, come primogenito maschio, spettava l’esecuzione delle disposizioni testamentarie del padre. In una lettera datata 1919 Freud gli raccomanda: «Sui costi del mio funerale si dovrà risparmiare il più possibile: la classe più economica, nessun discorso funebre, partecipazione a posteriori. Prometto che non mi offenderò per l’eliminazione di qualsiasi “devozione”. Se sarà facile e poco costoso: cremazione. Se al momento della mia morte dovessi essere “famoso” – non si può mai sapere -, ciò non dovrà cambiare nulla».

Bozza manoscritta di necrologio inviata da Freud al figlio Martin:
«Il x x 192x è morto qui nel suo 7x° anno di età
il Sig. Prof. Dr Sigm. Freud
La salma è stata cremata il x x»

A proposito di Oliver “Oli” Freud scriveva il cugino: «Sulla sua pedanteria si raccontano numerosi aneddoti. Quando gli si chiedeva l’ora, rispondeva, sempre, indicando anche i secondi. Era timido, impacciato, ed estremamente nervoso. Nessuno che lo conoscesse poteva evitare di notare la sua stranezza. Al tempo stesso era uno sgobbone, dotato di senso pratico, nonostante la sua introversione, ed estremamente corretto in ogni cosa».

Oliver Freud, ingegnere, collaborò allo scavo di un secondo tunnel ferroviario al passo di Jablonka, nei Carpazi, per il raddoppio dei binari. All’epoca commise quello che definì «l’unico grave errore della mia giovinezza». Cioè si sposò con Ella Haim, studentessa di medicina, ebrea sefardita, conosciuta nel 1914 durante una crociera in Egitto. I giovani avevano poco in comune, Freud scrisse a Ferenczi: «Non so quanto lei conosca Oli; un po’ conosce la sua nevrosi. A causa di questa, egli non potrà essere un amante abile o focoso, sebbene abbia molto bisogno del sesso femminile sotto ogni rispetto. Ciò che mi preoccupa di più è la sua mancanza di duttilità, che lo renderà intollerante verso le debolezze femminili e incapace di sopportare una delusione e di superarla senza danno». Quando lei decise di divorziare, il padre andò da Oliver per convincerlo a considerare l’imminente divorzio come un colpo di fortuna. Nel 1916 Freud annotò nella sua agenda: «Oli ritualmente divorziato». Nel 1923 Oliver si risposò con Henny Fuchs, pittrice specializzata in ritratti. Una figlia: Eva Mathilde, «il diavoletto nero», nipotina prediletta di Freud.

Lettera di Freud a Oliver e Henny (9 febbraio 1925): «Cari figli, voglio pensare che il duro lavoro vi giustifichi, se ci scrivete così di rado. Ma considerate che noi non possiamo fare a meno di preoccuparci, se per settimane non sappiamo niente di voi. Ce lo potete risparmiare: se avete in casa della carta da lettere, un minuto libero l’avrete, per scrivere da una parte l’indirizzo, e dall’altra due righe: “Tutto bene per noi tre, ma nessuno di noi ha tempo o voglia di scrivere”».

Ernst Freud in guerra sul fronte italiano fino al 6 agosto 1917, quando con una diagnosi di ulcera fu mandato in ospedale ad Agram, poi a Graz e infine a Vienna. Durante il viaggio «il birbante» (così scrisse il padre) ebbe anche tempo di prendersi la gonorrea.

Simpatia reciproca tra Freud e Lucie Brasch, moglie di Ernst. Lei, appena lo incontrò, confessò al marito: «Sono felice di non averlo conosciuto prima di te. Mi sarei sempre tormentata a chiedermi se è a causa sua che ti amo».

Freud non andò alle nozze del figlio Ernst: «A parte la fatica del viaggio, mi trattiene la considerazione che quattro giorni di lavoro perduto significano, in questo momento, rinunciare a 20.000 corone, e io per la prossima estate devo fare economia».

«Mio caro Ernst, in fondo non è necessario che ti faccia gli auguri per il tuo trentesimo compleanno. Tu sei l’unico tra i miei figli a possedere già ora tutto quello che si può avere alla tua età: una moglie deliziosa, un figlio magnifico, lavoro, reddito e amici» (lettera di Freud al figlio, 3 aprile 1922).

Di Sophie Freud s’innamorò Hans Lampl, compagno di scuola e amico di suo fratello Martin. Contraccambiato, la famiglia di lei fece di tutto per tenerli lontani. Più tardi Lampl scrisse di aver compreso il rifiuto, in quanto allora era solo uno studente e i Freud «erano molto più convenzionali di quanto si possa immaginare». Quando Sophie si sposò (nel 1913 con Max Halbertstadt, fotografo), la passata relazione era nota a Vienna e dunque dovette essere pubblicamente smentita. Scrive Lampl: «Fu un matrimonio ebraico, in casa sua. E allora successe una cosa singolare. Ossia fui io a dover andare a prendere Sophie. Sophie era nello studio del professore. La sposa stava aspettando e mi dissero di andare a prenderla. Allora io amavo ancora Sophie, e anche lei me. E in tal modo si dimostrò per così dire al mondo intero che, nonostante tutto, dovevo essere d’accordo».

Il primo figlio di Sophie e Max Halbertstadt, Ernst Wolfgang, fu anche il primo nipote per Freud, che a proposito scrisse: «Notevolissimo! Una sensazione da vecchietto, il rispetto per i prodigi della sessualità».

Hans Lampl a proposito di Freud: «Era sempre dell’idea che le persone dovessero fare figli; come e con quali mezzi, poi, potessero nutrirli non lo interessava».

Il nipote preferito di Freud era il secondo figlio di Sophie, Heinz Rudolph (“Heinele”), vivace e cattivello (l’ultima figlia di Freud, Anna, scriveva preoccupata che il bambino rifiutava il cibo se gli si diceva: «Un cucchiaio per il papà, eccetera» e invece lo accettava subito se gli si diceva: «Questo lo rubiamo a mamma, ecc.»). Freud a un parente in Inghilterra lo descrisse come «a charming naughty devil of a boy». Dopo la morte di Sophie, neppure ventenne, il bambino fu affidato alla zia Mathilde ma nel giro di qualche anno morì anche lui. Freud scrisse di «non aver forse mai amato nessuno, e sicuramente nessun bambino, come lui».