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 2013  luglio 12 Venerdì calendario

LE STELLETTE AI FILM? «ROBA DA MEDIOEVO NEL CINEMA VIRTUALE»

«Sfondatori di porte aperte». «Affossatori di film con un pensie­ro dietro». Non ci va leggera Isa­bella Ferrari con quelli che, per mestiere, scrivono di cinema e magari liquidano con una frase mesi di lavoro altrui.Sarà che l’at­trice piacenti­na ha il dente avvele­nato con chi distrusse E la chiama­no estate via battuta ( E lo chiama­no film ), il che,tra l’altro,non osta­colò la contestata premiazione del mélo di Paolo Franchi al festi­valdiRoma, l’annoscorso.Leipo­sava in nudi frontali, ma non servì a niente:pollice verso,tonfo al bot­teghino. Nel girone degli spregia­tori d’un lavoro nobilitato, in tem­pi remoti, da Lietta Tornabuoni e Tullio Kezich, intellettuali colti e attenti, troviamo pure Pupi Avati. «Ritengo che i critici debbano prendersi 365 giorni di igiene mentale», suggerisce lui, che col fratello ha un vecchio patto: Anto­nio legge le critiche e quelle più do­lorose, le tace.L’assegnazione dei «ridicoli pallini» non va giù nean­che a Enrico Vanzina. «Ormai sia­mo arrivati al punto che i critici cercano di capire se il film avrà successo o no», sbotta il figlio di Steno.
Sta di fatto che, con la lenta ago­nia dei giornali di carta, boccheg­gi­a pure il ruolo dei critici cinema­tografici, incaricati d’appuntare stelline e palline sui baveri lisi del prodotto da sala, stremato di suo. Così coglie nel segno la rivista mensile 8e ½ , che nel numero di luglio dedica uno speciale alla cri­tica, vista dagli impallinati. Più ad­detti ai livori, che ai lavori.C’è chi, comel’attoreSergioRubini,dade­cadi conserva un’agenda con una scheda su ogni critico. E chi, come Piergiorgio Favino, ha una black-list per estromettere i gior­nalisti sgraditi dai propri incontri con la stampa. Stampata o digita­le, sui quotidiani o sul web, la sto­ria dei giudizi ferisce e, soprattut­to, perisce se non diventa elettro­nica e ben fatta. Volge al termine, insomma, la routine di vedere un film e scriverne per un pugno di aficionados, a giorni di distanza: ora twitter e Facebook dettano i tempi, sempre più rapidi, di rice­zione e recensione. Per tacere del­lo spoiler, fenomeno per cui più dettagli d’un film non ancora in programmazione rivela chi va al­le anteprime stampa, più questi svela del proprio peso nell’am­biente. Pura autoreferenzialità, insomma. Però è bene tener con­to di quanti seguaci ha, nella twit­tosfera, uno come Breat Easton El­lis: con meno di 140 caratteri, lo scrittore boccia o promuove a film di cinguettio. Per tacere del­l’autorevole Roger Ebert, che da Chicago twittava critiche per utenti globali. In Italia, tuttavia, la critica 2.0, pullulante di siti, blog e grafomani digitali, non ha ancora trovato la quadra, somigliando a uno sfogatoio compulsivo di mi­nidispaccivergatidanerdannoia­ti, invece che da professionisti at­tenti. Gente che apre un blog, scri­vendo: «Ecco un altro palloso blog di cinema».Così quel che do­veva essere una ventata d’aria fre­sca su Facebook, mancando lo spessore culturale degli antichi mestieranti,diventa«un’occasio­ne sprecata» per Gianni Canova, direttore di 8 e ½ . Ma il punto è sempre lo stesso: le stellette han­no un senso, nell’era dei social media? «Dipende dall’autorevo­lezza di chi scrive. In venti minuti, da Venezia, scrivo il mio pezzo col Blackberry, quandoescodallasa­la. Parliamoci chiaro: non è solo un problema di messaggio imme­diato, ma anche del tuo peso nel­l’ambiente. Se crei dibattito su un film, ha senso sia su Twitter che su Dagospia»,dice Marco Giusti,cer­to della propria rilevanza. «Il dramma sono i giornali, con la lo­ro politica culturale: potevano as­sorbire la forza critica delle fanzi­nes, ma non l’hanno fatto», con­clude l’inventore di Blob . Poi c’è chi, come il decano dei critici Gianluigi Rondi, ancora scrive su una vecchia Olivetti, per i giornali di carta, restando autorevole. «Le stellette? Non servono a niente. Io batto a macchina, la mia segreta­ria digitalizza: come il caro Monta­nelli », scandisce Rondi. «Una stroncaturavalepiùdicinquestel­lette. Conosco gente che va al con­trario: leggono la stroncatura di un certo critico e vanno in sala. Il critico non serve», ribadisce Tatti Sanguineti, che prende il Premio Flaiano proprio perché sul cana­letv-Irisspiegaifilmsenzatrombo­neggiare.