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 2013  luglio 12 Venerdì calendario

MILANO — I

gianduiotti e i torroni di Pernigotti diventano turchi. La Fratelli Averna ha venduto il 100% dello storico marchio dolciario italiano al gruppo Sanset di Istanbul, controllato dai fratelli Ahmet e Zafer Toksöz. Il prezzo non è stato comunicato ufficialmente, ma fonti vicine all’operazione indicano un valore di 84 milioni, pari a quasi 13 volte il margine operativo dell’azienda di Novi ligure che l’anno scorso ha fatturato 75 milioni.
È l’ennesimo marchio Made in Italy che passa allo straniero. E ieri a lanciare l’allarme è stata la Coldiretti, preoccupata che il cambiamento di proprietà possa tradursi in «uno spostamento nelle fonti di approvvigionamento come le nocciole a danno dei coltivatori italiani e piemontesi». Con la vendita di Pernigotti, calcola l’organizzazione degli agricoltori, sale ad «oltre 10 miliardi il valore dei marchi storici dell’agroalimentare italiano passati in mano straniere dall’inizio della crisi, che ha favorito una escalation nelle operazioni di acquisizione del Made in Italy agroalimentare». Tra i colpi più recenti, il passaggio della celebre pasticceria Cova di Milano ai francesi di Lvmh, che pochi giorni fa nella moda si sono presi anche Loro Piana (per 2 miliardi). O lo shopping nel Chianti da parte di un imprenditore farmaceutico cinese di Hong Kong, che ha comprato l’azienda agricola Casanova-La Ripintura.
Italia in saldo? Per la famiglia Averna, che aveva rilevato Pernigotti 18 anni fa, il passaggio di mano segna il fallimento del sogno di internazionalizzare un marchio con oltre 150 anni di storia alle spalle ma ancora fortemente italiano, visto che l’export pesa meno del 20% sui ricavi, nonostante «un grande impegno profuso nel miglioramento qualitativo dei prodotti, nel rinnovamento della gamma e nel potenziamento produttivo ed organizzativo», come si legge nella nota di congedo.
È un’inversione strategica. «Comprando Pernigotti non abbiamo valutato la redditività degli ultimi anni ma la potenzialità di un marchio prestigioso se guidato da un management aggressivo», dichiarò Francesco Rosario Averna, amministratore delegato del gruppo il 10 gennaio del 1995, nel giorno dell’acquisizione clamorosa per un gruppo fino ad allora noto per l’amaro.
Pensava ad accordi europei, ma anche a joint venture in Cina e Argentina, soprattutto per sfruttare i semilavorati per gelaterie della Pernigotti. Invece già nel 2005 i siciliani volevano terminare la diversificazione nel dolciario, settore soggetto a una concorrenza molto forte da parte di prodotti di qualità inferiore ma a prezzi più bassi, per concentrarsi sugli spiriti con l’amaro Averna, l’Amaro Braulio, la Limoncetta di Sorrento e la Grappa Frattina. Così affidarono a Mediobanca il mandato di vendere Pernigotti, ma non arrivò un’offerta soddisfacente e non se ne fece nulla.
Ora l’offerta vincente per i Fratelli Averna, 210 milioni di fatturato nel 2012, arriva dalla Turchia che cresce a tassi cinesi a dispetto della crisi. Il gruppo Toksöz opera nel settore alimentare, farmaceutico ed energetico, con un fatturato totale di circa 450 milioni, di cui 80 provengono dal food attraverso i marchi Tadelle e Sarelle e una gamma completa di snack dolci, creme spalmabili e gelati.
Pernigotti oggi occupa circa 150 dipendenti (erano 270 nel 1995, già ridotti alla vigilia della cessione ad Averna con la messa in mobilità di 70 lavoratori) e fattura 75 milioni (76 miliardi di lire 18 anni fa, quasi 62 milioni di euro rivalutati ai giorni nostri). Comprando l’azienda di Novi ligure i fratelli Ahmet e Zafer Toksöz si dichiarano «fieri di aver acquistato un marchio ricco di storia e di fascino, che identifica nel mondo la gianduia e il torrone italiano». Promettono di «mantenere e potenziare l’attuale struttura, sviluppando l’attività in nuove e interessanti aree geografiche», e di «introdurre Pernigotti nel mercato turco come in altri importanti Paesi», Stati Uniti inclusi. Ma l’acquisizione, prima operazione fuori dalla Turchia per Sanset, è solo il primo passo: i fratelli puntano proprio sull’Italia per costruire un polo alimentare con nuove operazioni, spiega l’advisor N+1. Vitale & Associati ha invece fornito la consulenza finanziare al gruppo siciliano.
Giuliana Ferraino