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 2013  luglio 12 Venerdì calendario

IL NON PROFIT CRESCE

Dimagrisce lo Stato, perde colpi l’industria, cresce il peso dei servizi e fa un balzo in avanti il non profit. È un Paese con me­no travet e meno ciminiere l’Italia di oggi. Con un’economia sempre più terziaria e una presen­za ormai massiccia del Terzo settore, che com­pensa sempre di più la ritirata strategica dei ser­vizi pubblici. Ecco i dieci anni che hanno cam­biato il volto del Paese, tra il 2001 e il 2011, secondo l’ultimo censimento dell’Istat. Sono gli anni che hanno coinciso prima con l’avvento dell’euro e la globalizzazione e poi con l’esplodere della cri­si, da Lehman Brothers in poi, e la stretta sui bi­lanci statali. Una crisi che però non è ancora fi­nita e le cui conseguenze non possono essere an­cora tutte pesate da questa ricerca.
La rilevazione statistica ha coinvolto quasi 600mi­la organizzazioni, informa l’Istat che ieri ha pub­blicato i dati di questo 9° censimento delle atti­vità economiche. Una fotografia aggiornata del sistema produttivo italiano. Alla fine del 2011 c’e­rano 4.425mila imprese, 12mila istituzioni pub­bliche e oltre 300mila istituzioni del non profit. Realtà che nel complesso danno lavoro a poco meno di 20 milioni di addetti, dei quali quasi 16 milioni e mezzo sono impiegati nelle aziende pro­fit (l’82% del totale), 2 milioni e 840mila nel set­tore pubblico (14%) e 680mila nelle realtà non profit (3,4%). Nel complesso in 10 anni l’azienda Italia ha acquisito circa 530mila lavoratori in più (+2,8%). Ma il dato è la somma di due tendenze diverse. Una crescita costante fino al 2008. Poi la crisi e una caduta che non si è ancora fermata.
Dal confronto con i dati 2001, emerge che il set­tore più dinamico è stato proprio il non profit, che ha visto crescere del 28% le istituzioni attive e di quasi il 40% (39,3) gli addetti. Il numero delle im­prese di mercato è cresciuto molto meno, l’8,4%, e ancora più basso è stato l’incremento dei loro addetti (+4,5). Netta diminuzione invece degli enti pubblici (-21,8%) e dei loro dipendenti (-11,5). In dieci anni gli impiegati degli enti statali sono diminuiti di ben 368mila unità.
Il balzo del non profit è diffuso in quasi tutte le regioni, ma è più accentuato al centro e nel Nord­ovest del Paese. È un mondo che coinvolge so­prattutto associazioni e cooperative sociali dove sono impegnati nel complesso poco meno di 6 milioni di persone: 4,7 milioni di volontari, 681mi­la dipendenti diretti, 271mila lavoratori esterni e circa 5 mila lavoratori temporanei. A crescere so­no stati in particolare gli addetti esterni (+170%) mentre è più contenuta la crescita del personale dipendente (+39%) e dei volontari (+43%). Ma il lavoro volontario rappresenta ancora la quota principale (83%) delle risorse umane del Terzo settore, mentre il lavoro dipendente diretto si fer­ma al 12%. Soprattutto due i settori di forte dif­fusione delle attività economiche senza fini di lu­cro: le iniziative culturali, sportive e ricreative e i servizi sociali. In questi campi il non profit è og­gi di gran lunga la principale realtà produttiva, con 239 istituzioni ogni 100 imprese nel primo ca­so e 371 nel secondo. Cultura e sport contano 195mila enti, il 65% del totale, nell’assistenza so­ciale sono 25mila (l’8,3%). Il censimento registra come detto una netta ri­duzione dell’occupazione nel settore statale tan­to a livello locale che centrale. E nel settore del welfare tanto più il pubblico arretra tanto più si allarga lo spazio per le imprese di mercato e per il non profit, con una sorta di ’sostituzione’ in ter­mini di addetti. Rispetto al 2001 il settore pubblico dell’istruzione ha perso 130mila unità e quello della sanità e assistenza 65mila. Nel contempo il numero degli addetti negli stessi settori econo­mici saliva rispettivamente di 78mila e 123mila unità nel non profit e di 13mila e 148mila nelle imprese profit.