Maurizio Crosetti, la Repubblica 12/7/2013, 12 luglio 2013
Il vincitore è un gigante all’antica, Marcel Kittel, un ragazzone di 86 chili per un metro e novanta di muscolacci tedeschi
Il vincitore è un gigante all’antica, Marcel Kittel, un ragazzone di 86 chili per un metro e novanta di muscolacci tedeschi. Specie umana quasi estinta. Perché oggi vanno di moda i ciclisti che pedalano sul filo dell’anoressia, campioni che puoi vedere in controluce e guardarci dentro. « Froome? Una radiografia con sotto un paio di cosce», la definizione appartiene a un vecchio suiveur del Tour e rende l’idea. La maglia gialla è anche una maglia aderentissima, e da sotto sbucano ossa appuntite, se le sfiori puoi pure graffiarti. Il keniano bianco pesa 69 chili, distribuiti su un metro e 86 centimetri e non si tratta di uno scalatore d’altri tempi, non è un toporagno delle vette ma un grandioso passista, un cronoman che sviluppa mostruose potenze anche in salita. La sua frequenza agilissima (100 pedalate al minuto) ricorda molto quella di Lance Armstrong, ecco. Il suo rivale Contador è decisamente più basso (1,76) e quasi una piuma (62 chili), ma come Froome va (andava) molto forte su entrambi i terreni. Un corridore emergente, il francese Thibaud Pinot, pesa 62 chili ed è alto uno e ottanta, mentre Bradley Wiggins, che vinse il Tour 2012 e che qui non c’è, non arriva a 70 chili su un metro e 90 di statura: non siamo a Piero Fassino ma poco ci manca. Dopo la crono di Mont Saint Michel, il britannico Millar si è fatto fotografare a petto nudo da un amico che poi ha pubblicato l’immagine su Twitter: più che un ciclista, Millar sembra uno xilofono. E ovviamente non è un vezzo estetico, bensì una tendenza al dimagrimento che qualcuno ha definito “l’ossessione peso/potenza”. «E’ vero, i corridori sono più magri di un tempo » conferma il dottor Carlo Guardascione, medico della Lampre. «La massa grassa, che in un individuo normale in peso forma si aggira attorno al 16-18 per cento, nel corridore può arrivare al 4-6 per cento. Ma sotto il 3 non si può scendere ». Perché, a quel punto, crollano le barriere immunitarie e una semplice bronchite può diventare un calvario. «Il grasso, nella giusta misura, è indispensabile perché è un costituente delle membrane cellulari, mentre un eccessivo dimagrimento può alterare il sistema ormonale», conferma il dottor Giovanni Giuliano, medico sportivo. Anche un campione, se esagera con la perdita di peso, può incorrere in patologie psichiatriche: è già successo. «Io volevo solo diventare più skinny, più pelle e ossa, purché i miei muscoli mi facessero andare più veloce. Mi ero messa in testa di perdere il dieci per cento di massa grassa e mi sentivo anche più bella, però stavo rischiando la vita». Marianne Vos, olandese, la ciclista più forte al mondo, ha conosciuto l’abisso dell’anoressia. «Ero scesa sotto i 49 chili». Poi, i medici e la forza di volontà l’hanno salvata. Eppure l’ossessione peso/potenza resta in agguato per tutti, maschi compresi. Basta un colpo d’occhio per sospettarlo. Le braccia di Andy Schleck, 1,86 per 65 chili, sono un nido di vene in rilievo. Anche i polpacci rivelano la nuova forma dei corpi: soltanto i velocisti li mantengono tondeggianti e carnosi, per lo più sono invece affusolati, per non parlare delle casse toraciche. E viene il sospetto che certi prosciugamenti non dipendano solo dalle diete alimentari, anche se ci sono campioni come Ivan Basso che non condiscono neppure la pasta. Non è un segreto che si possa dimagrire, e molto, usando diuretici o derivati anfetaminici. Lo stesso ormone tiroideo fa perdere peso, poiché aumenta il metabolismo. L’ossessione non è immotivata, anche se pericolosissima: trasportare un peso inferiore produce evidenti vantaggi. Dopo avere alleggerito a dismisura la bicicletta, si è dunque intervenuti sul corridore. In un atleta di 65 chili, 4 chili rappresentano circa il 6 per cento di massa grassa: in una salita media, si è calcolato che il miglioramento della prestazione si aggira intorno al 5 per cento, e si è arrivati addirittura a quantificare in 11 secondi al chilometro il teorico vantaggio: non poco. Cambiano i corpi e il modo di alimentarsi. Invece dei panini dolci, imburrati dai meccanici all’alba, ecco le barrette energetiche che i ciclisti sgranocchiano tutto il giorno, come impiegati in pausa pranzo con la fissa della linea. Perciò fa quasi tenerezza lo scalatore colombiano Nairo Quintana, alto (per modo di dire) 1,67, con addosso sessanta naturalissimi chili di ossa, muscoli e nervi. La sua dieta è stata nascere povero e malato, dentro una baracca di lamiera.