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 2013  luglio 10 Mercoledì calendario

FINI FA IL TESTIMONE ANTI CAV ACCECATO SOLO DALLA VENDETTA

Si sente un po’ Edmond Dan­tès, conte di Montecristo, l’uomo della casa di Montecarlo. In cerca, spasmodica, di vendetta. L’ex inquilino di Montecitorio, Gianfranco Fini, sarebbe infatti il teste chiave della fantomatica in­chiesta napoletana sulla compra­vendita di senatori. Un’indagine dove, giusto per riepilogare, c’è un corrotto che si chiama Sergio De Gregorio a cui il padre defun­to - dice l’ex transfuga dell’Italia dei Valori- ha consigliato, duran­te un vis­à-vis onirico, di salvarsi l’anima parlando con Woo­dcock e accusare Berlusconi di averlo comprato un tanto al chi­lo. Dalla bilancia son venuti fuori tre milioni di euro, due dei quali non si trovano. Eppure, l’ex sena­tore dipietrista giura di averli rice­vuti (e sperperati). Ci sono poi i te­stimoni.
Prodi, la Grande Vittima, che pure è stato sentito dai pm parte­nopei, dice di aver saputo a quel­l’epoca (il 2007) di strane voci su Sergiolone, ma niente di più. Do­po la riunione di Gradoli, duran­te il sequestro Moro, è un appuntamento fisso con il sovrannatu­rale il suo, d’altronde.Ma di pro­ve di corruzione manco a parlar­ne. E la Finocchiaro e Di Pietro pure hanno dovuto ammettere che le loro denunce erano di na­tura politica, a quell’epoca.
Soldi, incarichi, prebende, al tempo dell’emofiliaco governo del Prof non sono girati, con buo­na pace di pm e complottisti. L’unico che parlò di denaro so­nante, in quei mesi, fu proprio De Gregorio che da un letto d’ospedale avvicinò il collega di Idv Giuseppe Caforio, il quale lo registrò di nascosto, proponen­dogli un regalino da 5 milioni di euro se fosse passato all’altra sponda (politica, s’intende). To­nino avrebbe potuto portarla in Procura, quella «pistola fuman­te» incisa su nastro, ma non solo non la ascoltò, ma non se ne pre­occupò nemmeno.
Ora alla lista di coloro che san­no si è aggiunto giusto in tempo Gianfranco Fini, cui evidente­mente non par vero di poter otte­nere di nuovo un quarto d’ora (non di più) di celebrità raccon­tando com’è che, secondo lui, fal­lì la spallata del dicembre 2010 in Parlamento. Non perché Fli fos­se un partito che non aveva futu­ro, ma perché il Cavaliere aveva evidentemente corrotto Catia Polidori e Maria G­razia Siliquini e in­quinato il democratico esercizio di voto. Il 5 aprile scorso, in uno dei suoi tanti pomeriggi liberi, il cognato di Giancarlo Tulliani si è presentato nella caserma della Guardia di finanza e ha sgranato il rosario davanti ai pm in cerca delle prove della corruzione poli­tica che portò alla caduta del go­verno dell’Unione.
Solo che, stavolta, Fini avreb­be aggiunto anche altro oltre alle solite illazioni sulla coppia Poli­doro&Siliquini. E cioè che dietro lo scandalo della casa di Monte­carlo c’era la mano di Lavitola in combutta con misteriose poten­ze straniere. E che le prove della tratta dei senatori stanno nella lettera sequestrata nel pc dell’im­prenditore italo-argentino Car­melo Pintabona, amico di Valte­rino e suo coimputato. Come or­mai anche in muri sanno, dietro lo scandalo della casa di Monte­carlo non ci sono state né Poten­ze né Servizi bensì solo i segreti dei fratelli Tulliani, i cui passapor­ti, è bene ricordarlo, sono stati rin­venuti d­alla Gdf nella casa roma­na del re dello slot machine Coral­lo al cui servizio lavoravano per­so­naggi emersi nella compravendita dell’immobile monegasco.
Noncontentodellafinecheha fatto, Fini continua a evitare di gi­rare al largo della casa di Monte­carlo. Perché la famosa mail pub­blicata dall’Avanti! Di Lavitola sul proprietario dell’apparta­mento di rue Princesse Charlotte arrivò a cose fatte, quando ormai Il Giornale (e non Lavitola) aveva da mesi snidato lo scandalo e ri­costruito, carte alla mano, tutti i passaggi mettendo spalle al mu­ro Fini e parenti. Il nostro quoti­diano non si è rivolto a personag­gi stranieri o 007 nostrani per lo scoop monegasco costruito con lavoro giornalistico certosino e di grande accuratezza. Piuttosto, è stato lui, Fini, ad ammettere di averne ricevute di notizie dai ser­vizi segreti (con tutta evidenza fal­se) così come il suo ex braccio de­stro Italo Bocchino che, con gli 007, addirittura s’incontrava.
Quanto invece a Pintabona, il disoccupato di Valcannuta dimentica che è stato assolto dal­l’accusa di tentata estorsione al Cav. Quella lettera è stata scritta su input Lavitola, ma Berlusconi non l’ha mai ricevuta. Sarebbe carta straccia, ma per Gianfry evi­dentemente va bene così. Fini ti­ra in ballo il presidente di Pana­ma, Vincenzo Martinelli, quale regista dell’operazione Monte­carlo. Sarebbe lui la «fonte» di La­vitola. Basterebbe leggere le intercettazioni e le carte giudizia­rie sull’arresto di Valterino per scoprire che Martinelli minaccia­va Valterino di spedirlo in cella se fosse rimasto sull’isola un giorno in più, appena si sparse la voce dell’inchiesta sull’appalto delle carceri. Ecco, queste cose Fini non le sa, ma parla. E invita i pm a leggere il bestseller di Bocchino Una storia di destra per capirne qualcosa in più. Che Dio lo aiuti.