Camillo Langone, Libero 10/7/2013, 10 luglio 2013
DA «ATTIZIO» A «ESCUTERE» COME TRADURRE IL BUROCRATESE
C’è profumo di antico nell’Antiburocratese, il dizionario in progress che Zanichelli sta realizzando intanto su internet e chissà mai che un giorno non finisca su carta. C’è profumo di province e tribunali di provincia, tutte cose che tutti (tranne chi ci lavora) vorrebbero abolire e magari prima o poi ci si arriva. C’è profumo di uscieri e di ministeri, di uffici comunali e corti costituzionali, tutte cose che tutti (tranne i diretti interessati) vorrebbero abolire ma di cui, sono facile profeta, non ci libereremo mai.
Profumo di stanze piene di passato
C’è profumo di stanze piene di passato e di polvere dove anonimi burocrati continuano a scrivere imperterriti, nei secoli dei secoli, «condizione ostativa» per dire ostacolo, «area cortiliva » per dire cortile, «impianto termico » per dire caldaia, «impianto natatorio » per dire piscina. Ma queste almeno sono espressioni che si capiscono, per quanto a fatica. Nella sfilza di parole dell’Antiburocratese ne ho trovate un paio che personalmente non avevo mai letto né sentito: «Attizio » ed «elasso». Della prima, a spremersi le meningi a lungo, si può arrivare a intuire il significato che è «relativo agli atti» (chiaramente è termine giuridico). Mentre per venire a capo della seconda ho dovuto cliccare più a fondo e ho scoperto che vuol dire «trascorso, passato, scaduto». Il dizionario porta alcuni esempi di utilizzo: una delibera del Comune di Torre del Greco, un decreto dirigenziale della Regione Campania (il burocratese spesso è meridionalese)... Il più interessante è ricavato da una mail spedita a Beppe Severgnini, il giornalista del Corriere. Una lettrice riporta il prolisso cartello appeso nella sala d’aspetto di un ospedale, ovviamente piena di persone poco istruite e di stranieri in difficoltà già con l’italiano normale. Ecco le righe finali: «Elasso infruttuosamente tale termine di 15 gg. ed appalesandosi l’inerzia del cittadino-utente l’Azienda Ospedaliera provvederà al recupero mediante azione esecutiva». Si potrebbe tentare una traduzione semplice ed elegante ma il vero significato del testo astruso è il seguente: «Se non pagate il ticket sono cavoli».
Questo caso può aiutarci meglio di altri a capire le motivazioni che spingono funzionari pubblici o parapubblici a simili parti linguistici. Si agita in loro l’eterno Azzeccagarbugli italiano, il leguleio che si esprime in modo incomprensibile per impressionare i clienti. Il burocratese è quindi un gergo castale che funziona da barriera o da filtro tra burocrati e pubblico, e chi se ne importa se trattasi di pubblico pagante che meriterebbe il rispetto di parole chiare. È uno stile di scrittura vuotamente erudito il cui tono oscilla fra il minaccioso e il misterioso con punte esilaranti come quella di una delibera comunale irpina del 2005: «Considerato che la situazione descritta nei prolegomena è cagionativa non solo di possibili danni da contatto qualificato ed altri, ma anche di un vulnus alla immagine della istituzione pubblica che deve essere ispirata ad una condotta attizia (...) alla stregua delle emarginate considerazioni, pertanto, appare opportuno dare corso alla stipula di un contratto di co.co.co. gestito direttamente dal Caposettore Urbanistica al fine di garantire gli obiettivi segnalati dallo stesso caposettore che con ogni meridiana evidenza rimangono confinati in un alveo di ordinarietà (ciò è ritraibile implicitamente dalle stesse attestazioni...)».
Torre del Greco, Campania, Irpinia... Non vorrei che insistere su questi tragicomici esempi mi garantisse la patente di antimeridionale, io che sono di sangue lucano, cresciuto a strascinati, peperoni cruschi e Aglianico. Il burocratese, che pure in Magna Grecia è di casa, non conosce confini regionali né macroregionali, e nemmeno nazionali visto che ha fatto il nido perfino a Bruxelles. L’Antiburocratese ha scovato oscuri esempi nei documenti della Commissione Europea. Il più preoccupante riguarda l’escussione dei testimoni. Che cosa gli faranno, in Belgio, a questi poveretti? «Escutere» somiglia a scuotere, magari con una luce fortissima sparata negli occhi, e sembra quindi una forma di tortura: magari blanda ma tortura. Invece significa semplicemente «interrogare» però fa più impressione e magari il testimone prende paura e confessa reati che non ha commesso.
Chi non oblitera non truffa lo Stato
Concludo con una parola odiosissima almeno per chi, come me, è abbonato ai disservizi di Trenitalia e l’avrà letta e sentita mille volte: «Obliterare ». In latino vuol dire «cancellare » ma in italiano è semplicemente (troppo semplicemente?) «timbrare» ovvero infilare il biglietto nelle apposite macchinette, sempre guaste quando sei in ritardo e il treno ti sta per partire davanti al naso. È un termine vessatorio e pure discriminatorio: gli italiani sono tenuti a ubbidirgli mentre altre etnie sono autorizzate a non comprendere. Se io non oblitero, perché non ho fatto in tempo o me ne sono scordato o la macchinetta aveva finito l’inchiostro, alla vista del capotreno comincio a sudare freddo sapendo che mi guarderà come fossi un truffatore ai danni dello Stato. Se a non obliterare sono zingare o vucumprà (quante scene del genere sui treni regionali!) possono tranquillamente rispondergli: «Obli-cosa? No capire»