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 2013  luglio 11 Giovedì calendario

TRAP, L’ITALIANO SEMPRE AMATO

Non è un articolo sportivo, anche se lo potrebbe sembrare. La Bundesliga, la serie A tedesca, compie 50 anni, ed è tempo di rievocazioni e bilanci. Per quanto riguarda gli allenatori, il nostro Trapattoni, che i tedeschi hanno imparato a chiamare Trap, è stato scelto tra i migliori dieci in assoluto, all’ottavo posto secondo colleghi, giornalisti e tecnici.
La giuria dei lettori del Tagespiegel, quotidiano di Berlino, lo classifica un paio di posti più in basso. Si sa, i tifosi non sono i migliori giudici, e i berlinesi ancor meno, con tre squadre cittadine dalle scarse fortune. E bisogna ricordare che Trapattoni allenò in Germania per poche stagioni.
La prima notizia è che la Bundesliga sia nata solo nel 1963. A evitare eccessive spese di trasferta, si preferiva suddividere il paese in grandi zone per poi far incontrare i rispettivi vincitori in partite uniche, o la va o la spacca, spettacolari e spesso affidate alla fortuna. La Ruhr, per esempio, poteva e può contare su una dozzina di club di qualità, e si giocava andando in trasferta in metropolitana, o semplicemente attraversando il Reno. A miracolo economico consolidato, si pensò di imitare italiani, francesi, spagnoli con un campionato nazionale.
Trapattoni giunse al Bayern di Monaco nel 1994, lo stesso anno dell’avvento di Silvio Berlusconi sulla scena politica. I tedeschi cominciavano a essere perplessi sul nostro conto e ci salvò il Trap, che vinse lo scudetto. Questi italiani, a modo loro, ci sapevano fare. Vinse all’italiana, è vero, preferendo la difesa e accontentandosi di striminziti uno a zero. Beckenbauer, si racconta, gli consigliava: «Giovanni, guarda che a noi non basta vincere, vogliamo che il pubblico si diverta, preferiamo vincere 5 a 4 o 3 a 2». Ma il Trap continuava a vincere alla sua maniera. E in un’intervista Beckenbauer, sempre lui, a una domanda infarcita di pregiudizi sul dolce far niente latino, rispose: «Non è vero, in Italia i giocatori si allenano più che da noi, lo dimostra il Trap, sono tutti dei grandi professionisti».
Complimenti che ci salvavano, almeno in parte, dalle figuracce collezionate dai nostri politici. Gli atleti del Bayern cominciarono a battere la fiacca e si giunse alla storica sfuriata del Trap negli spogliatoi, nel suo fantasioso tedesco. «Ich habe fertig», urlò. Cioè, ne ho abbastanza, ma in tedesco non si dice così. Però i giocatori capirono, e anche milioni di fans. Giovanni, «der Italiener», aggiunse: «Giocate come Flasche leeren», come bottiglie vuote.
Tutti capirono ancora. Elogiarono il professionista latino che fustigava i teutonici pigri. La seria Frankfurter Allgemeine Zeitung, in un elzeviro nella pagina culturale, scrisse che nessuno aveva rinnovato la lingua tedesca negli ultimi decenni come il Trap. Ormai «Ich habe fertig» è entrato nello slang di tutti i giorni. E un giorno in tv, l’allora cancelliere Gerhard Schroeder esclamò: «Ne ho abbastanza», come il Trap.
Giovanni non allena più in Germania, ma non lo hanno dimenticato. Di tanto in tanto continua ad apparire in spot tv, lodando uno yogurt o un formaggino, con il suo tedesco latino. Se lo dice il Trap ci si può fidare. Lodano solo lui, e non più i professionisti italiani, né nel calcio né altrove. La Merkel non ha ancora detto «ich habe fertig», ma dal suo viso a volte si intuisce che ne ha abbastanza degli «azzurri». Non è colpa del Trap se negli ultimi tempi giochiamo come «Flasche leeren».