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 2013  luglio 11 Giovedì calendario

UN GOLPE NECESSARIO

Il dibattito sull’Egitto si svolge tra coloro che danno importanza alla forma e coloro che la danno al contenuto.
I primi hanno affermato che il governo del presidente Mohamed Morsi era stato eletto liberamente e che il sostegno democratico ricevuto era stato più volte confermato. La cosa più importante in assoluto, secondo loro, è difendere le fragili istituzioni democratiche e contrastare chi vorrebbe annientarle con un colpo di stato. La democrazia – si sostiene – finirà col placare l’estremismo. I membri della Fratellanza potrebbero anche arrivare al governo con le loro idee radicali, ma poi si troverebbero a dover porre rimedio ai guai e a quel punto si preoccuperebbero del rating del
credito e del favore di cui godono presso l’opinione pubblica. Governare li renderà più moderati.
Quanti danno importanza al contenuto, invece, sostengono che i Fratelli musulmani sono caratterizzati da idee e principi ben precisi. Rifiutano il pluralismo, la democrazia laica e, per taluni aspetti, la modernità. Quando si eleggono dei fanatici – così prosegue il loro ragionamento – non si dà vita a una democrazia avanzata: di fatto si dà potere a chi innesca uno sconvolgimento della democrazia. Ciò che conta è estromettere dal potere questo tipo di persone, anche se dovesse rendersi necessario un golpe. L’obiettivo è indebolire l’Islam politico, con qualsiasi mezzo si rendesse necessario.
Gli eventi degli ultimi mesi sul piano internazionale hanno confermato la correttezza delle opinioni di chi dà particolare importanza al contenuto. È ormai palese – in Egitto, in Turchia, in Iran, a Gaza, e altrove – che gli islamisti radicali sono incapaci di guidare un governo moderno. Molti hanno mentalità assolutiste e idee apocalittiche. Gli islamisti possono dar vita a efficaci movimenti di opposizione ed essere impegnati quanto basta da fornire servizi sociali di base. Sono però del tutto sprovvisti della logica indispensabile per governare. Una volta in carica, cercheranno sempre di mettere a rischio la democrazia stessa che li ha eletti.
Una volta eletta, la Fratellanza ha sconvolto la revisione giudiziaria, ha usato la mano pesante nei confronti della società civile, ha arrestato gli attivisti dell’opposizione, ha snaturato il processo di stesura della costituzione, ha accentrato il potere e ha reso impossibile deliberare in modo democratico. È inutile deplorare i pasticci di Morsi, perché l’incompetenza è innata nel Dna intellettuale dell’Islam radicale. Abbiamo già visto emergere in Algeria, in Iran, in Palestina e in Egitto un’inettitudine pratica, un’incomprensione del mondo reale che porta all’implosione dell’apparato di governo.
I sostenitori dell’importanza del contenuto rispetto alla forma hanno dunque ragione. Promuovere le elezioni è in genere una cosa positiva, anche quando da esse derivi la vittoria di forze democratiche con le quali siamo in disaccordo. Ma le elezioni non sono qualcosa di positivo quando portano all’affermazione di persone i cui principi di fondo sono radicati fuori dall’orbita democratica. È indispensabile quindi indagare sull’insieme dei principi di fondo di un partito, e non limitarsi ad accettare chiunque riesca ad affermarsi nel corso di un iter democratico.
Il golpe militare di questa settimana potrebbe semplicemente riportare l’Egitto al punto in cui si trovava: un superstato straripante e disfunzionale controllato da un’élite militare che bada al proprio tornaconto. Quanto meno, però, l’Islam radicale, la più grave minaccia alla pace globale, in parte è stato screditato e destituito dal potere.
Traduzione di Anna Bissanti
©2013, The New York Times