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 2013  luglio 09 Martedì calendario

BRUTTA ARIA A SINISTRA SE LA FIAT E’ IL NEMICO

La Fiat è diventata il nemico. Per carità, nulla di nuovo sotto al sole. Questa volta però c’è un sapore diverso. Per anni, e con buona ragione, si è accusato il gruppo tori­nese di socializzare le perdite e privatizzare i guadagni. Oggi si vuole che la Fiat di Marchion­ne faccia, per una sorta di contrappasso, l’inverso: so­ci­alizzi i suoi profitti fatti grazie alla scommessa vinta in America, e privatizzi (cioè si tenga in casa) le perdite che deriverebbero dal far girare a pieno regime gli stabili­menti italiani. Bisogna capire una volta per tutte che le imprese, ci piaccia o meno, le gestiscono i manager o i proprietari. Non le sigle sindaca­li. Queste ultime hanno ovvia­mente un ruolo importante, so­prattutto nella grande impresa, ma non si può pensare, come abbiamo letto ieri e avant’ieri, che si­ano i­dirigenti della Fiom a stabili­re quali modelli produrre e come farli. I sacerdoti hanno un ruolo importante nel rapporto con i loro fedeli. Ma siamo ancora di quella scuola (minoritaria forse) che non ama vedere i preti fare i sit in davanti ad una fabbrica. E non perché la stanno chiudendo. Ma al contrario: la dirigenza di quel sito produttivo ha deciso di far fare gli straordinari ai propri dipendenti invece di riassorbire i cassintegrati. Facciamola sem­plice. Vogliamo che siano preti e sindacalisti a guidare il nostro fu­turo industriale? Avvertiamo i let­tori: se rispondete sì, avete in te­sta l’Iran o la Russia, ma quella so­vietica, e non un Paese occidenta­le. E cerchiamo anche di non dire sciocchezze sul modello tedesco di cogestione delle fabbriche. Ma vi rendete conto che la Fiat ha fat­to un referendum con i suoi ope­rai per adottare un modello contrattuale innovativo (e certamen­te più pesante per i dipendenti) che è stato approvato in maggio­ranza dai suoi lavoratori e sigle sindacali. E in virtù del nuovo contratto si è limitata ad applica­re la legge sul lavoro (articolo 19). Applicazione che poi la Corte costituzionale ha incredibilmente bocciato. Il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, in una lunga lettera ieri a buon ragione scrive­va: «L’Italia è un Paese in preda ad una totale paralisi.Non c’è de­cisione che non corra il rischio di finire sotto la tagliola della Corte costituzionale, del Tar o del Con­siglio di Stato». Altro che Germa­nia. Le decisioni importanti in Ita­lia si devono codecidere non con le parti sociali, ma con il giudice competente. Altrimenti si è fritti. La metamorfosi della Fiat è dunque quella di essere diventa­ta un nuovo nemico, dalla pelle diversa rispetto a quella assisten­ziale del passato. Un nemico che ha rotto il gioco dell’omologazio­ne «de sinistra», in cui l’Avvocato era maestro. Ha cambiato i con­tratti, ha sbattuto la porta alla Confindustria della Marcegaglia che più che alle imprese pensava al futuro politico dei suoi mem­bri, ha pensato al profitto, che è l’unica stella polare per un’im­presa capitalistica che non voglia raccontare balle. Ha parlato chia­ro e scandalizza le persone per be­ne a partire dal presidente della Camera. Insomma, sta cercando di fare il suo mestiere in un Paese come il nostro in cui conviene sempre tenere la testa un po’ bas­sa, tanto poi una soluzione si tro­va. O al peggio si fallisce. Meglio saltare che mettersi contro la Fiom. Nel primo caso si è sfortu­nati e si viene assistiti. Nel secon­do si­diventa dei paria e neoliberi­sti o neocapitalisti, insomma con il neo.
Tutto bene dunque nella ge­stione di Marchionne? Mica tanto. Dei torbidi si addensano quan­do dice, come ha fatto ieri, che in­vestire qualche milione di euro nella fallita (di fatto con 380 milio­ni di euro, tale è) Rizzoli Corriere della Sera è per la Fiat strategico. E no, caro Marchionne. Non si può essere a corrente alternata. Se leici convince che nell’autoin Italia non si investe finché non c’è una prospettiva di mercato, come fa a buttare tanti quattrini nella fabbrica della Rizzoli, dove non si vede alcuna luce alla fine del tunnel?