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 2013  luglio 09 Martedì calendario

RCS, ORA DELLA VALLE CHIEDE AIUTO AL QUIRINALE

Diego Della Valle ha cambiato idea: giovedì scorso convoca un’improvvisa conferenza stampa a Milano e lancia la sfida alla Fiat di John Elkann per il controllo del Corriere della Sera. Poi attacca il capo dello Stato Giorgio Napolitano che aveva risposto alla telefonata con cui Elkann gli annunciava che la Fiat era pronta a diventare primo azionista di Rcs, passando dal 10 al 20 per cento: “Una sceneggiata da Istituto Luce”. E poi: se il presidente aveva “mezz’ora di tempo” poteva “telefonare agli operai di Pomigliano o andare a trovare i lavoratori all’Ilva di Taranto o agli imprenditori in difficoltà”. Come dire: il Quirinale non si faccia coinvolgere nella guerra per il controllo del Corriere della Sera.
Ieri il cambio radicale di tattica: Della Valle scrive una lettera al Quirinale per denunciare che “è in pericolo la libertà di opinione di un pezzo importante della stampa italiana” e che dunque “anche io, e credo molti italiani, abbiamo bisogno di conoscere il Suo pensiero, una voce forte, al di sopra delle parti e della massima autorevolezza”. La lettera dell’imprenditore della Tod’s ha toni inusuali per un appello al capo dello Stato, quasi ultimativi: “É il momento di dimostrare che chi guida il Paese non ha più sudditanze verso nessuno e che si concentrerà invece nel sostenere sempre di più chi è orgoglioso di essere italiano e vive ora momenti molto difficili e spesso drammatici”. Tradotto: se il Quirinale tace sulla vicenda Corriere è come se si schierasse a fianco della Fiat, a conferma che la politica e le istituzioni sono ancora sotto l’influenza del Lingotto. E, per chiarire il concetto, Della Valle aggiunge: “Vedere in questa occasione il totale silenzio della politica vecchia e nuova è un fatto inspiegabile e molto preoccupante per la democrazia“.
La lettera dell’imprenditore arriva nel momento più delicato della lunga vicenda della ricapitalizzazione del gruppo Rizzoli Corriere della Sera che si trascina da mesi: l’aumento di capitale da 400 milioni di euro è stato deliberato, alcuni soci si sono fatti da parte (gli eredi di Giuseppe Rotelli, le Assicurazioni Generali, la famiglia Benetton), altri sono pronti a versare il necessario per mantenere inalterato il proprio peso, la Fiat ha comprato i diritti che le permetteranno, con una novantina di milioni di euro, di diventare di gran lunga il primo azionista con il 20,14 per cento. Domani comincia l’asta per il cosiddetto “inoptato”, cioè la sfida per aggiudicarsi quel 15 per cento del capitale ancora da assegnare. Diego Della Valle, che parte dall’8,81 per cento, spendendo abbastanza potrebbe superare la Fiat che, però, non starà a guardare. “Rcs per noi è strategica, altrimenti non avremmo investito tanto”, ha detto ieri Sergio Marchionne, l’amministratore delegato della Fiat che pure non ha mai amato i salotti buoni del capitalismo di relazione italiano.
C’è un passaggio difficile da decodificare nella lettera di Della Valle, rivolto non al Quirinale ma agli altri protagonisti della partita: “Sarebbe necessario che noi tutti, il gruppo che io rappresento, la Fiat, Intesa e Mediobanca, invece di rafforzare le nostre posizioni, facciamo un passo indietro e lasciamo completamente l’azionariato di Rcs liberandolo così da tutte le vecchie polemiche e da tutte le dietrologie di ogni tipo”. A beneficio di chi non è chiaro, visto che non c’è la fila per entrare in una società che, anche dopo l’aumento di capitale da 400 milioni, sarà ben lontana dalla tranquillità. Visto che, come ha denunciato proprio un rappresentante di Della Valle nella recente assemblea dei soci, il piano industriale è favorevole soprattutto alle banche creditrici ma non risolve i problemi.