Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 9/7/2013, 9 luglio 2013
DON 500 EURO AI PM DI ROMA “COSÌ SCHERMIAMO I CAPITALI”
Nattino e Mennini, sono questi i due nomi fatti, a sorpresa, ieri davanti ai pm da monsignor Nunzio Scarano durante il suo interrogatorio in carcere. Due nomi pesanti con due famiglie importanti alle spalle. Don 500 euro, come è ormai soprannominato da tutti il prelato con i conti allo IOR e la passione per le banconote di grande taglio, ha sorpreso gli investigatori invitandoli a puntare il faro non solo sul vituperato IOR, nel mirino dei pm romani da tre anni e della stampa da tre decenni, ma sulla più oscura APSA, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica che finora è passata come una sorta di “Vaticano Real estate” contrapposto al “Vaticano Spa” dello IOR.
L’APSA è presieduta dal cardinale Domenico Calcagno, vicino al segretario di Stato Tarcisio Bertone. Ma è sul direttore Paolo Mennini che Scarano ha parlato diffusamente ai pm ieri. L’APSA non amministra solo gli sconfinati possedimenti della Santa Sede ma fornisce anche i fondi necessari al funzionamento della Curia romana. É la vera banca centrale della Santa Sede e dal 2002 emette euro.
La novità svelata da Scarano ieri è che l’APSA si comporta dal punto di vista delle banche italiane esattamente come lo IOR, schermando i reali intestatari dei fondi giacenti sui suoi conti. Anche la relazione dell’autorità antiriciclaggio Moneyval del luglio scorso si è occupata dei conti in Apsa. In totale sono 23 conti, di cui 15 riconducibili a vescovi e cardinali, altri 8 riconducibili a laici che “hanno conti all’APSA poiché hanno donato beni mobili o immobili alla Santa Sede e in cambio ricevono una rendita che viene accreditata sul proprio conto APSA”. Moneyval storce il naso sul punto ma annota che dei conti laici, tre a luglio scorso erano già stati chiusi, altri due erano in procinto di esserlo, mentre “le attività dei tre conti restanti diventeranno proprietà di APSA dopo la morte dei rispettivi beneficiari”.
ANCHE IN APSA, allo stesso modo dello Ior, ci sono i cosiddetti “conti di passaggio”, di cui nessuno dei due istituti finanziari tiene contabilità, i conti di corrispondenza, un servizio svolto per pochi selezionatissimi clienti. E proprio di questi ha parlato ieri Scarano che si è rappresentato ai pm come una sorta di moralizzatore dell’APSA messo all’angolo dal direttore generale Paolo Mennini. Il monsignore salernitano ha raccontato di avere ‘denunciato’ ai superiori alcune operazioni sospette e di fronte all’insistenza dei magistrati romani che gli chedevano un esempio, almeno uno, alla fine ha fatto il nome di Nattino.
A un certo punto i pm hanno chiesto a Scarano perché volesse incontrare il Papa. Proprio così. Il monsignore salernitano con la passione del lusso ha detto che voleva denunciare a papa Bergoglio le operazioni sospette al-l’APSA. Scarano ha sostenuto di essere stato poi rimosso dal direttore generale Paolo Mennini, figlio di Luigi, ex direttore dello IOR coinvolto nel crack del Banco Ambrosiano, imparentato con l’arcivescovo Antonio Mennini, Nunzio a Londra. E, per ironia della sorte, proprio alle banche della City, sui conti dell’APSA, sono finiti 220 milioni trasferiti in soli tre anni dall’Italia. Finora i pm romani avevano contestato l’uso dello IOR per far sparire la fonte di alcuni soldi illeciti. Scarano ha raccontato che, a un livello più alto, lo stesso servizio sarebbe offerto dall’APSA. Ricchi imprenditori laici italiani - secondo il monsignore - avrebbero usato l’ente religioso per il quale Scarano ha lavorato a lungo per schermare i loro fondi segreti. In questo quadro il contabile del-l’APSA ha fatto il nome di Nattino. Per capire l’importanza di questo nome è d’obbligo la citazione di un verbale del caso Antonveneta del 2007. Quando il finanziere Stefano Ricucci si sentì chiedere dai pm che lo interrogavano: ‘Che fa questo Nattino?’, Ricucci rispose: “Ma lei vuole che a me mi uccidono stasera qui dentro. Lei forse non si rende conto di chi sta a toccare lei. Mi faccia la cortesia, lei lasci perdere questo dottore... io lo dico per me poi, se lei vuole andare avanti, lo faccia. Lei fa quello che gli pare, ci ha 600 persone che la proteggono, ma a me chi mi protegge? Nessuno, su questa roba”.
I Nattino sono una famiglia legatissima al Vaticano. Il gruppo Finnat vanta una società fiduciaria che scherma la titolarità delle quote azionarie dei suoi clienti. In passato era socio della Borsa di Milano e ora lo è di quella di Londra. La sede del gruppo Finnat per un caso del destino è Palazzo Altieri, residenza dell’omonima famiglia che nel 1670 diede al Vaticano un papa: Clemente X. In quel palazzo, ricco di affreschi a settembre del 2012 la Banca Finnat Euramerica, quotata in borsa a Milano, ha presentato i risultati della società che vanta 7 miliardi e 691 milioni di euro di masse gestite. L’amministratore delegato è Arturo Nattino, figlio di Gianpietro Nattino che, su invito del cardinale Sergio Sebastiani, allora presidente dell’APSA , dal 2000 è consultore della prefettura degli affari economici della Santa Sede. Quando gli chiesero della Banca Finnat, Riccuci disse al pm: “senta, dotto’, secondo me, la Finatt è una banca molto vicina a... al mondo della massoneria”. Poi non aggiunse molti particolari sulla famiglia così temuta. Ieri monsignor Scarano è stato più loquace e ha raccontato di avere saputo che sui conti dell’APSA sarebbero transitati i guadagni di un’operazione realizzata dai Nattino: una manovra finanziaria tesa a lucrare un guadagno grazie all’altalena del valore di alcuni titoli in borsa. La plusvalenza realizzata comprando nel momento di ribasso e rivendendo sul rialzo, sarebbe transitata sul conto dell’Apsa. Accuse tutte da verificare anche perché effettuate ‘de relato’ da un indagato per vicende diverse che ha tutto l’interesse a spostare l’attenzione degli investigatori.