Dario Di Vico, Corriere della Sera 10/07/2013, 10 luglio 2013
DIETA, TENNIS E VINO: IL MONDO DI ARNAULT PIGLIATUTTO DEL LUSSO
Pochi giorni fa, uscendo dal negozio milanese di Louis Vuitton, una teenager raccontava che «lì anche i muri profumano, mentre sei dentro ti senti potente». Aggiungeva — per fortuna — che, una volta uscita con la shopping bag griffata, «sparisce tutto, anche il senso di potere»: finita l’esperienza. La ragazzina aveva centrato la questione: Bernard Arnault, il proprietario del gruppo francese Lvmh (Louis Vuitton Moët Hennessy) che due giorni fa ha annunciato l’acquisto di Loro Piana, ha fondato la più grande conglomerata al mondo di marchi del lusso attorno a un’idea: quando entri in un negozio del gruppo, sia Christian Dior o Céline, e quando compri un vino, sia un Dom Pérignon o uno Chateau d’Yquem, ti devi sentire all’apice, un privilegiato, parte dell’uno per cento anche se non lo sei. In via Montenapoleone come a Pechino.
«C’è tanta gente — ha detto parlando della Cina — che sta raggiungendo la fase in cui vuole consumare, che vuole essere parte di un club». È con questa idea che l’uomo più potente del Pianeta Lusso detta legge: entrate nel «Club Arnault», dalla porta di Bulgari, da quella di Guerlain e ora anche da quelle di Loro Piana e del Caffè Cova, soffiato (forse) a Prada qualche giorno fa. Vi sentirete potenti.
Arnault, 64 anni, è uno degli uomini più ricchi di Francia e d’Europa: secondo la rivista Forbes il suo patrimonio è di almeno 29 miliardi di dollari. È un signore alto e magro, avversario dei carboidrati, ma amante del vino, soprattutto dei vigneti: a parte la ventina di marchi di alta qualità che gli sono arrivati nel 1990 quando ha scalato Lvmh, assieme all’amico belga Albert Frère ha comprato lo Château Cheval Blanc, una delle migliori tenute del Bordeaux. È da quelle parti che gli piace riposarsi. Non disdegna però Saint Tropez, dove tiene una villa sulla spiaggia, tra alberi, piscine, campi da tennis (sta a dieta per non rovinare il rovescio). Non sottovaluta le Bahamas: lì ha comprato la Indigo Island, con porticciolo e impianti sportivi. Sulle Alpi francesi si è costruito un albergo. Per standard arabi, lo yacht Amadeus non è lunghissimo, 70 metri, ma nella sua «discrezione» pare sia raffinatissimo: sopra ci hanno dormito anche Bono e Tony Blair (Lvmh controlla pure il cantiere olandese di yacht di lusso Royal Van Lent).
Occhi azzurri, ingegnere, figlio di un imprenditore delle costruzioni, Arnault è al tempo stesso un insider e un outsider della Francia che conta. È amico dell’ex presidente Nicholas Sarkozy: è stato suo testimone alle nozze con Cécilia. I primi passi nel mondo della moda e del lusso, negli Anni Ottanta, li ha effettuati con l’aiuto di Antoine Barnheim e della banca Lazard Fréres (puro establishment): con aiuti governativi e soli 15 milioni di investimento si impossessò del gruppo Boussac che, tra l’altro, controllava i grandi magazzini Le Bon Marché e il marchio Christian Dior. Relazioni di vertice, insomma. Ma d’altra parte l’ala più tradizionale del capitalismo francese lo considera un parvenue. Primo, per come ha conquistato Lvmh: con una scalata ostile durissima, cose che nella Borsa di Parigi non si usavano fare. Poi per la sua idea di lusso, così diversa da quella della vecchia borghesia parigina, lontana per dire dall’approccio di Hermès, la società che Arnault vorrebbe a ogni costo comprare se non fosse per la resistenza della famiglia che la controlla. «La vera ragione per la quale obiettiamo all’interesse di Lvmh è culturale — gli ha fatto sapere con sussiego Patrick Thomas, l’amministratore delegato di Hermès —. Noi non siamo lusso, siamo alta qualità».
Per quanto snobbato dalla vecchia Parigi, bisogna dire che il figlio del costruttore edile di Roubaix non ha complessi d’inferiorità. È convinto che prima o poi conquisterà anche la Maison Hermès e che per quest’ultima sarà un affare come per gli altri marchi che in Lvmh hanno trovato muscoli e canali per dominare mercati in tutto il mondo. Nell’attesa, nella sua casa sulla Rive Gauche, suona lo Steinway sotto un Picasso del Periodo Blu e una Elizabeth Taylor di Andy Warhol: nelle altre stanze, Hirst, Cattelan, Basquiat. La seconda moglie, Hélène Mercier, è una pianista canadese. I cinque figli — due del primo matrimonio — hanno iniziato a farsi le ossa in Lvmh. Parla poco, è ossessionato dai dettagli, non molla mai. I giornali francesi lo hanno chiamato «un lupo in cachemire»: quasi sapessero che Loro Piana sarebbe diventato uno dei 60 marchi del «Club Arnault», dove «anche i muri profumano».
Danilo Taino