Vittorio Sabadin, La Stampa 10/7/2013, 10 luglio 2013
ROYAL MAIL, UN MITO CHE NON SI PRIVATIZZA
Il governo inglese annuncerà probabilmente oggi la decisione di privatizzare la Royal Mail, un affronto alla storia e alle tradizioni britanniche di tale portata che nemmeno Margaret Thatcher, negli anni in cui privatizzò tutto, aveva osato solo pensarci. Il 99% dei dipendenti è contrario, e la maggior parte degli inglesi anche: hanno imparato leggendo la bolletta dell’energia elettrica che il libero mercato spesso significa prezzi più alti e servizi peggiori. Ma non è solo questo.
La Thatcher era cresciuta in una piccola cittadina e ben sapeva quanto l’ufficio postale e il puntuale servizio di recapito di lettere e pacchi fosse dai tempi della regina Vittoria il collante che teneva unita la nazione e l’impero, con il postino che nei villaggi di campagna andava di casa in casa sulla sua bicicletta Pashley, si fermava per il tè e diventava il confidente di ogni famiglia. Dovendo scegliere tra servizio pubblico e profitto, la Thatcher, per l’unica volta in vita sua, scelse il primo.
David Cameron ora osa l’impensabile, ma non è detto che abbia successo, visto che molti parlamentari conservatori sono contrari al progetto. La Royal Mail è da più di tre secoli la più importante istituzione del regno e non si lascerà annientare senza combattere. Fu Enrico VIII, nel 1516, a istituire il primo servizio postale che serviva solo il re e la corte, visto che la maggior parte dei sudditi non sapeva né leggere né scrivere. Giacomo VI nel 1603 creò un collegamento tra Londra e Edimburgo per tenere sotto controllo gli scozzesi, e Carlo I, nel 1635, concesse finalmente il servizio a tutti, a carico del ricevente.
Molto prima di Obama e della Nsa, Oliver Cromwell aveva capito i vantaggi che possono derivare dal leggere la posta degli altri. Dopo avere fatto cadere la testa di Carlo I, per mantenere al suo posto la propria aveva ordinato che tutte le lettere spedite venissero segretamente aperte, lette e richiuse prima di essere consegnate ai destinatari.
La Royal Mail non avrebbe mai iniziato il suo percorso nel mito senza John Palmer, un impresario teatrale che pensò che le carrozze che portavano attori e materiale di scena da una città all’altra potevano anche trasportare lettere e pacchi. Le carrozze postali che furono in servizio fino all’invenzione del treno portavano quattro persone più un impiegato che stava seduto dietro, a guardia della cassa con la posta: a volte, d’inverno, moriva di freddo durante il tragitto. Come racconta Dickens in «The Tale of Two Cities» i passeggeri scendevano nei tratti in salita per non affaticare i cavalli, che venivano cambiati ogni 20 chilometri. La velocità che tenevano era impressionante per l’epoca, circa 15 km orari con il bel tempo, e storie metropolitane raccontavano di passeggeri stroncati dall’emozione, all’arrivo.
E la leggenda della Royal Mail non sarebbe tale senza il Penny Black, il primo francobollo della storia, emesso il 1° maggio 1840 per attestare che il servizio era stato pagato. Poiché a pagare era da questo momento chi spediva la lettera, non era più necessario essere in casa per riceverla, e sulle porte vennero intagliate fessure nelle quali infilare la posta.
Le cassette delle lettere inglesi devono essere sostituite a ogni cambio di re, visto che portano le iniziali del sovrano regnante unito al suo appellativo in latino, rex o regina. Nel caso di Elisabetta II, EIIR. Ancora nel 2006 la Royal Mail smistava da queste cassette 84 milioni di lettere ogni giorno, con un network di circa 14.400 uffici. Certo, non torneranno i tempi di fine Ottocento nei quali a Londra si poteva scrivere a qualcuno al mattino, ricevere la risposta a mezzogiorno, riscrivergli e avere un’altra sua lettera nel pomeriggio. Ma la gente si fida ancora del servizio postale di sua maestà: è normale spedire banconote, assegni, chiavi di casa, sicuri che saranno consegnati in poche ore. I tentativi di privatizzare la Royal Mail e di monetizzarne la leggenda vanno avanti da anni e un ridicolo progetto di ribattezzarla «Consignia» nel 2011 è finito nell’oblio che meritava. Ai tempi di Internet, c’è una nave, la RMS St Helena, che porta la posta nei luoghi più sperduti dell’impero. La Royal Mail è come il Big Ben, Buckingham Palace o la colonna di Nelson in Trafalgar Square: chi deciderà di venderla, venderà un pezzo dell’anima del Paese.