Mattias Mainiero, Libero 9/7/2013, 9 luglio 2013
FABRIZIO, MINISTRO PER CASO CON L’HOBBY DEI SONETTI
Fabrizio Saccomanni non è un ministro che piace, e non solo ai politici e in particolare al Pdl che oggi lo critica più che mai.Sesiete pratici di Internet, andate su Facebook. Troverete un profilo del ministro che ha riscosso la bellezza di 32 apprezzamenti. Trentadue, meno degli anni di Cristo, che non furono certo molti. Tanto per fare un raffronto: Prodi, che per tanti è l’antitesi della simpatia, annovera 7.352 «mi piace». Monti, professore delle tasse e dei sacrifici, più di 97.000, numero buono per un trattato di psichiatria, paragrafo dedicato al masochismo. Ma Facebook non è l’unica Waterloo del tecnico Saccomanni, economista e già direttore generale di Bankitalia, bocconiano specializzato a Princeton, keynesiano convinto che, da quando è al governo, è riuscito a non fare nulla di keynesiano. Lasciate stare Internet e andate con la memoria ai giorni in cui Mario Draghi, ex numero uno di Bankitalia, stava partendo alla volta della Bce. Tutti, a cominciare dallo stesso Draghi, dicevano: Saccomanni sarà governatore, Saccomanni è l’uomo giusto. Arrivò Ignazio Visco. Piccato commento di Saccomanni: «Nei miei confronti è stata commessa, per motivi direi futili, una grave ingiustizia». Dichiarazione inusuale, visto che la regola di Palazzo Koch è la discrezione, il silenzio, quando si vince e soprattutto quando si perde. Ma Saccomanni è un banchiere fatto così, esperto di numeri e anche di poesia romanesca (cita a memoria i sonetti del Belli), amante della musica classica e della gastronomia, uomo di successo pieno di sconfitte. AltraWaterloo. Nomina del primo membro italiano al board della Bce. Tutti dicevano: il prescelto sarà Saccomanni, Saccomanni è l’uomo giusto. Vinse Tommaso Padoa Schioppa. E Saccomanni non rilasciò alcuna dichiarazione. In compenso, a Padoa Schioppa ha dedicato un componimento poetico. Roba indigeribile. Per puro dovere di cronaca riportiamo solo un breve passo (e ringraziateci se vi risparmiamo il resto e la relativa noia): “Europa dolce e bella e senza tema / intesse nel giardin folte ghirlande / quando d’un tratto dura terra trema / e tra sbuffi n’appare un toro grande...”. Immaginiamo che nessuno darà mai a Saccomanni il Nobel per la letteratura. Neanche il Premio Trastevere. In compenso gli hanno dato il ministero dell’Economia, e non chiedeteci perché. Forse per fare un piacere alla Bce e a Dragi (i due sono amici e abitano anche nella stessa strada romana). O forse perché la Banca d’Italia è sempre stata un serbatoio di tecnici prestati alla politica, anche se, dopo la felice esperienza di Einaudi, i successori non si sono mostrati all’altezza. Certo è che Saccomanni non lo voleva Berlusconi e non lo voleva neppure Letta. Tutti dicevano: vedrete che Saccomanni non sarà scelto, Saccomanni non è l’uomo giusto. E Saccomanni è diventato ministro. Se non vi piace Saccomanni, potete prendervela con Napolitano che, secondo la vulgata, l’ha scelto e imposto. Ma voltiamo pagina: qui non si parla degli errori di re Giorgio. Si parla di Fabrizio Saccomanni, classe 1942, sposato, nessun figlio, banchiere che ha sempre avuto una parola buona per tutti. Per Tremonti: ha messo «la finanza pubblica in una linea di riduzione del debito credibile e perseguibile ». E poi arrivò il finimondo. Per Monti: «L’antinomia rigore e crescita è falsata». E sappiamo cosa ha combinato il rigore a scapito della crescita. Per l’euro e l’Europa (sonetto di sor Fabrizio: “Si Ciampi non faceva ’sta penzata / te partiva er costo de la vita / te trovavi ’na lira svalutata ...”). E di nuovo sappiamo dove è arrivato il costo della vita. Una parola buona persino per l’Ici: «L’Italia è l’unico grande paese senza una tassa sulla prima casa».E ora capiamo perché l’Imu potrebbe diventare immortale. Di chi o di cosa Saccomanni ha parlato male almeno una volta nella sua vita? Di nessuno. Saccomanni, si legge nelle sue biografie, è felpato, lontano dagli spigoli di Tremonti, è un abile diplomatico che non conosce il conflitto e rifugge l’asperità. La creatività ha scritto Salvatore Merlo è per lui una distrazione. Riassumiamo: Saccomanni è piatto, grigio. E l’Italia in crisi avrebbe bisogno di un colpo d’ala, di fantasia, coraggio. Una delle battute più pungenti di Saccomanni per spiegare l’origine della crisi finanziaria: «Affidarsi al giudizio delle agenzie di rating è come farsi consigliare dei tagli di carne dall’amico del macellaio». E naturalmente la maggioranza dei commentatori ha applaudito. Perché Saccomanni è la Banca d’Italia. Saccomanni è Draghi e Napolitano. È Ciampi (assieme al quale pilotò la lira nei giorni della crisi del 1992, portandola al naufragio). È il governatore Carli, che lo mandò a studiare a Princeton. È la buona borghesia romana (il padre era medico, un nonno scriveva libretti d’opera in versi). Saccomanni è il compagno di corso di Monti alla Bocconi. E noi abbiamo Fabrizio Saccomanni, il felpato ministro tanto felpato da sembrare inesistente. Eccellenza, lo batterebbe almeno un colpo per noi?