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 2013  luglio 08 Lunedì calendario

LA PITONESSA IN PANTALONI CHE DIVIDE LA POLITICA

Ho sempre pensato che se Daniela Santanchè avesse incontrato degli uomini che portavano davvero i pantaloni non li avrebbe mai indossati lei. Il fatto è però che Daniela ha un’idea tanto eroi­ca della virilità - un incrocio tra Sigfrido e Lawrence d’Arabia ­che noi maschi comuni siamo ai suoi occhi delle amebe. O, come lei preferisce dire, riferendosi ai titubanti colleghi del Pdl, delle «palle di velluto». «È tutta la vita che sogno un uomo che mi dica: “Ciao piccolina, hai bisogno di qualco­sa?”». Questo confessò Santan­chè, con un sospiro, proprio al sottoscritto in un’intervista, aggiungendo: «Mi trovo inve­ce di fronte solo uomini intimo­riti dalla mia apparente sicu­rezza che mi fanno sentire un maschio in un corpo di don­na». Per onestà, va aggiunto che, nonostante si lagnasse, non aveva affatto un’aria dispe­rata e che, anzi, avendole io offerto la spalla perché vi pog­giasse la testa per sentirsi protetta, ignorò la premura con un’occhiata di compatimento.
Diciamo, insomma, che le circostanze della vita hanno fatto sì che Daniela diventasse una domatrice di uomini. Ha visto che dietro i muscoli c’era­no delle pappemolli e ha deci­so di guidarli. Oggi le piace defi­nirsi «pitonessa», epiteto affib­biatole, pare, dal Foglio. Ci si rispecchia volentieri immagi­nandosi, presumo, come un grande serpente femmina dal­le spire possenti e voluttuose. Non vorrei deluderla ma pito­nessa in italiano non è la mo­glie del pitone, bensì una chia­roveggente che predice il futu­ro ispirata da un dio, come la Pi­zia sacerdotessa di Apollo. Veda ora lei se tenersi un sopran­nome che sa di strega.
A dare a Santanchè l’aspetto deciso e liquidatorio che la ren­de famosa è stata la conviven­za con i suoi principali compa­gni. Figlia di Ottavio Garnero, imprenditore di Cuneo nel ra­mo trasporti, Daniela si trasfe­rì a Torino dopo la licenza licea­le per addottorarsi in Scienze Politiche. Si imbatté nel chirur­go plastico Paolo Santanchè, se ne innamorò come una pera cotta e lo impalmò all’istante. A cose fatte, scoprì che lui, con­trariamente a lei, non voleva figli (sadicamente, le sfogliava li­bri specialistici per mostrarle la bruttezza di feti e settimini). L’unione ne fu incrinata. Deci­se allora di fare, più che la mo­glie, la manager del marito con un patto: «Appena incontro un uomo che vorrà da me un fi­glio, sciogliamo il sodalizio». Daniela si trasformò in pr con l’obiettivo di lanciare Santanchè come il migliore plastico d’Italia. «Gli facevo da campio­nario: ho fatto credere che mi avesse rifatta», raccontò. Colti­vando la grinta che oggi è il suo marchio e il suo guaio, Daniela portò il coniuge alla notorietà. Raggiunto l’obiettivo, incon­trò l’uomo che le disse: «Da te, voglio un figlio».
Era Canio Mazzaro, indu­striale farmaceutico. Piantò il marito, ne mantenne il cogno­me che faceva più scena del Garnero paterno, e mise al mondo Lorenzo, oggi diciannovenne. Anche la storia con Canio, durata lustri, è ormai fi­nita. Pure lui, non è stato all’al­tezza dell’ideale mascolino santancheniano. Amava il quieto vivere, tanto che se doveva litigare con una persona, lo faceva fare a lei. Un giorno il posapiano fuggì con Rita Ru­sic, l’ex moglie di Cecchi Gori. Daniela bruciò all’istante tutte le foto del fedifrago, sostituen­dole con quelle del figlio rima­sto con lei. Quando l’estate suc­cessiva i rotocalchi pubblicaro­no le immagini di Canio con la nuova fiamma sulla barca chiamata «Dani», Daniela com­mentò: «Il buon gusto non è di tutti. Quella barca l’avevo tro­vata io, ristrutturata io». Alla domanda, «lei invece è rima­sta a Milano a piangere?», Santanchè dette una risposta che fotografa a pennello la sua ca­pacità di reazione: «Ho noleg­giato un veliero di cinquanta metri e fatto una meravigliosa crociera con mio figlio». È, in­fatti, ricca perché, oltre che un politico, è un’aggressiva im­prenditrice pubblicitaria.
Santanchè è una donna di de­stra destra che dice pane al pa­ne. L’immigrazione selvaggia e il disordine dei costumi la of­fendono. «Io sono una ruspan­te di Cuneo e voglio urlare con la bava alla bocca», disse una volta. Richiesta, spiegò: «Vor­rei scuotere gli italiani e dirgli: “Incazzatevi per tutto questo casino”. Perché dobbiamo sopportare il racket dell’ele­mosina sottocasa e i travestiti con le chiappe al vento?». Per questa furia, è definita «divisi­va» dal Pd che si rifiuta, in que­ste ore, di eleggerla vicepresi­dente della Camera. Il Pd ha una bella faccia tosta dopo ave­re preteso, e ottenuto, nella scorsa legislatura, il voto Pdl per la vicepresidenza di Rosy Bindi. Nota gentildonna che ha riempito di insulti il Cav e che, con toscana soavità, disse di due colleghi che rifiutavano di fare quello che pretendeva lei:«Quando gli str..so’ str..gal­leggiano anche senz’acqua».
Di famiglia liberale, Daniela dirazzò, entrando, per influs­so del suo amico, Ignazio La Russa, in An. Ne divenne deputato nel 2001 e nel 2006. Traslo­cò poi - in rotta con Gianfranco Fini - nella Destra di Storace. Ci restò un fiat. Appena il tem­po di dire alla vigilia delle ele­zioni, marzo 2008, «donne, non date il voto a Berlusconi, perché ci vede solo orizzonta­li. Silvio è ossessionato da me, ma tanto non gliela do», che già in novembre era entrata nella corte del Berlusca. Da al­lora, lo adora e circuisce.
Santanchè, quando vuole, ottiene. A marzo, ambiva alla carica di responsabile dell’Or­ganizzazione del Pdl, lasciata vacante dal ministro in spe , Maurizio Lupi. Il Cav le aveva dato garanzie: «È già tua», ma prendeva tempo. Conoscendo l’inaffidabilità dei maschi, Dani ha occupato manu milita­ri Arcore e tampinato per ore il capo. Ha tolto l’assedio solo do­po l’uscita del comunicato uffi­ciale che le attribuiva l’incari­co. Fa lo stesso con tutti quelli che contano. Accompagna a cena Denis Verdini, che per mani in pasta nel Pdl viene su­bito dopo il Berlusca, lo incita a mangiare quanto la sua natu­ra godereccia gli suggerisce ­mentre lei digiuna essendo ipe­rattenta alla linea - finché De­nis, sazio e beato, dice sì a qual­siasi pretesa.
La giornata di Daniela co­mincia immancabilmente con un’ora di jogging. Se è ad Arcore, come capita spesso, corre con la fidanzata del Cav, Francesca Pascale, di cui è di­ven­tata inseparabile e che rap­presenta il suo periscopio in ca­sa Berlusconi. Le restanti venti­quattro ore sono decise dal de­stino. Dani è pronta a viaggi im­provvisi, pernottamenti di for­tuna, ubiquità. All’uopo,utiliz­za la leggendaria saccoborsa­cornucopia con il necessario per ogni evenienza: snack iper­calorici, trucco mattino-sera, cambio veloce, scarpe con e senza tacco. I disagi, lei, nemmeno li mette in conto. L’es­senziale è raggiungere l’obiettivo del giorno.
Una dura. Bravo chi le tiene testa.