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 2013  luglio 07 Domenica calendario

L’ULTIMA SFIDA DI SERPICO: DIFENDERE LA SUA CAPANNA

A guardarlo adesso più che ad Al Pacino somiglia a Mauro Corona, la barba bian­ca, il capello spettinatissimo, lo sguardo diffidente. Ha un carat­tere difficile tutto spigoli e gomi­ti, che lascia dei lividi nei rap­porti con gli altri. Come Corona vive sulla frontiera della civiltà, a due ore di macchina da Manhattan, in una capanna nel bosco senza riscaldamento, tra larici e abeti, nell’alta valle del­l’Hudson, venti ettari di foresta tutti suoi: «Questa è la mia pic­cola oasi, il luogo della mia gua­rigione» detta ispirato al New York Times, con le sue occhiate veloci, dure come pallottole. Frank Serpico non è più super­man, l’eroe che smasche­rò il Blue Wall, il muro di tan­genti e omer­tà del New York Police Department anni Sessan­ta, ma l’uomo invisibile. Per restare se stes­so ha dovuto diventare un altro, nascon­dersi, fuggire, sparire, talpa una volta, lu­po solitario og­gi. É arrivato a quell’età, set­tantasette an­ni, in cui la vi­ta smette di dare e comincia a prendere e quello che gli vogliono prende­re è la sua pace, lui che per una vita è sempre stato un morto che cammina. Il suo nemico si chiama Frank Palladino, non è un boss del narcotraffico ma un imprenditore qualsiasi, italo americano come lui che viene da Marigliano, provincia di Na­poli. Sta costruendo una villa di lusso sul terreno a fianco, poi la metterà in vendita al miglior of­ferente, per farsi largo avrebbe distrutto alcuni abeti della fore­sta di Serpico, le autorità del po­sto, a partire dall’amministra­zione della contea, avrebbero chiuso un occhio, i colleghi di Frank, ieri come oggi, fanno fin­ta di non sentire le urla dal silen­zio di quello che resta uno dei poliziotti più famosi del mon­do. Bulldozer e seghe, racconta sempre il New York Times, han­no spezzato l’incanto del para­diso della talpa: quell’angolo di terra era uno dei preferiti di Ser­pico, voleva acquistarlo lui, di­ce incazzato come al solito, ma pensava fosse soggetto a vinco­li ambientalisti, ci andava a cac­cia di erbe medicinali e tanto gli bastava. Le cose sono cambia­te, lui è rimasto lo stesso: «È co­me combattere di nuovo il siste­ma: sono qui che mi godo la tranquillità e vengo trascinato di nuovo in un mondo di gente corrotta». «Vuol solo tornare sotto i riflettori - gli risponde Palladino - É un uomo solo e in­felice, un bambino petulante». E guerra sia.
Frank non è mai uscito dal suo film che regalò ad Al Pacino, nel 1973, il primo Golden Globe. Sorride quando gli ricor­dano che nella classifica degli eroi del cinema stilata dall’ American Film Institute è qua­rantunesimo, subito dopo Las­sie: «Almeno qui sono in buona compagnia....». In polizia Serpi­co viveva una vita in prestito che non era la sua: lavora all’antidroga, ma gli basta poco per capire che molti dei suoi colle­ghi sono a libro paga di chi devo­no combattere. Mazzette ma anche dosi di quella buona e gratis. Lui è di un’altra pasta. Con il collega David Durk denuncia alla commissione d’in­chiesta Knapp gli imbrogli dei colleghi. Se la legano al dito. Per i poliziotti diventa un infame, un topo di fogna, un tradito­re. Durante un’operazione lo la­sciano solo apposta davanti a una banda di assassini, si pren­de una pallottola in faccia, nessuno dei suoi chiama aiuto. Re­sta sordo ad un orecchio ma se la cava, lascia la divisa in cam­bio di una medaglia d’onore e una pensione di invalidità. Non ha mai ricevuto i gradi di detective però e la medaglia d’onore gli viene consegnata senza cerimonia, come fosse un pacchetto di sigarette. Nes­suno gli porta via la fama: «Al Pa­cino comunque ha interpreta­to Serpico molto meglio di quanto abbia fatto io nella real­tà...». I rapporti con i colleghi so­no rimasti difficili, per qualcu­no è un eroe, per altri un rompipalle. «In tutti questi anni ho ricevuto più onori all’estero che nel mio Paese». Non importa. C’è sempre bisogno di gente senza onore per dimostrare il proprio. È dagli anni Ottanta, dopo aver girovagato per anni in Europa, che Serpico vive nella sua piccola oasi, acquistata nel 1968, prima di lasciare la polizia. Ha rinnovato i passaporti americano e italiano perchè non si sa mai, se le cose non van­no meglio andarsene e farla fini­ta. Ha le sue idee: vuol mantene­re la proprietà allo stato selvag­gio e poi lasciarla in eredità a qualche gruppo ambientalista, meglio se ne faranno un buen re­tiro per altre vecchie talpe co­me lui. Il suo passato è una mi­niera di storie, di segreti e di misteri. Conta di restare lì. Forse oltre quella frontiera c’è ancora un tempo migliore.