Cristiana Salvagni, la Repubblica - Roma 7/7/2013, 7 luglio 2013
CABINE, QUEI FANTASMI CHE NUSSUNO USA PIU’
Provateci anche voi. Accostatevi a una cabina telefonica, per strada. Una di quelle che non notate neanche più, ma che a volerci far caso spuntano come funghi nei vostri percorsi quotidiani. Alzate la cornetta: ci vorrà qualche tentativo prima di trovarne una ben funzionante, ma poi avvertirete un senso di straniamento, come un tuffo nel passato. La gente che passa vi guarderà stupita, incredula, quasi scoprisse in quel preciso istante la sopravvivenza del telefono stradale. Come se voi, là dentro, arrivaste dritti da un’altra epoca o aveste, in alternativa, qualcosa di losco da nascondere.
Sono 3.650 i telefoni pubblici a Roma. Novantamila in Italia. Erano 130mila un paio di anni fa, 300mila nel 2000, poi il loro uso si è ridotto del 90 per cento. Condannati dal cellulare e dal vandalismo. Quindi falciati dalla consultazione pubblica lanciata dall’Agcom nel 2010 per razionalizzarne la diffusione, che ha definito nuovi parametri: un apparecchio su strada è a rischio dismissione, spiega Telecom Italia, se fa meno di tre chiamate al giorno. Una soglia neanche tanto bassa, considerato che nel nostro giro alla ricerca delle ultime cabine mai abbiamo scovato qualcuno alla cornetta.
Quest’anno, a Roma, quaranta apparecchi sono stati rimossi, altri nove aspettano l’esecuzione. Non ce l’hanno fatta, avverte il sito Telecom Italia, quello di via Amba Aradam, vicino al parchetto con le panchine, e di piazza Eschilo all’Axa. Sono condannati a morte quello su via Macedonia, all’Appio Latino, e su piazza della Marina, dove è rimasto un rudere dai vetri infranti.
La musica è diversa in altre grandi città del mondo. A Londra duemila cabine rosse sono state vendute ai collezionisti, altre sono state convertite in hotspot per la connessione WiFi. A Madrid trenta cabine sono diventate postazioni di ricarica per auto elettriche, a Parigi France Telecom ne ha dotate una dozzina di touch screen e accesso alla rete. A New York, invece, gli apparecchi sono in bilico tra memoria e futuro: componi un numero dedicato e ascolti la storia del quartiere in cui si trovano, grazie a un progetto del New Museum, mentre per l’anno prossimo è prevista l’installazione di undicimila telefoni tecnologici, con rete wireless, mappe interattive e pannelli solari. In Italia, per ora, un unico progetto: un prototipo di cabina intelligente inaugurato l’anno scorso a Torino. Avrebbe dovuto sbarcare anche a Catania, poi si è arenato lì.
Ma torniamo a Roma, torniamo alla nostra chiamata. «Da una cabina? Che è successo, e il cellulare?» chiederà meravigliato l’interlocutore, all’altro capo del filo. Per comporre il numero, e dare l’ok, vi sono serviti 20 centesimi, taglio minimo dieci perché i 5 vengono risputati fuori. Poche parole e beeep, il credito è in esaurimento. Ancora qualche frase e cade la linea.
Vi imbatterete nella cabina con il display rotto, che non squilla, che mangia i soldi e che non prende, «temporaneamente», le monete o le schede magnetiche. In quella circondata dai motorini parcheggiati, sempre accanto ai cassonetti della spazzatura o che si sente pochissimo, come parlaste dall’oltretomba. Sono diventate fantasmi, tappezzeria urbana: «La gente passa e non le vede, quasi fossero invisibili» osserva il signor Luca dall’edicola di Piazza Fiume, proprio di fronte a tre cupole malmesse.