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 2013  luglio 09 Martedì calendario

MARCHIONNE: RCS STRATEGICA. DELLA VALLE SI APPELLA A NAPOLITANO

Rcs? «È strategica, altrimenti non avremmo investito tanto». Sergio Marchionne, amministratore delegato della Fiat, ha risposto così ieri a margine dell’assemblea degli Industriali di Torino. E Diego Della Valle ha scritto una lettera aperta al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, chiedendogli di pronunciarsi sulle vicende del gruppo che pubblica il Corriere della Sera e auspicando che i maggiori soci, quindi lui e Fiat compresi, facciano un passo indietro «lasciando completamente l’azionariato» a favore di un gruppo di investitori privati liberi e italiani.
Parole e iniziative che danno conto del momento delicato e importante per gli assetti proprietari di Rcs Mediagroup. Venerdì si è chiuso l’aumento da circa 400 milioni con sottoscrizioni prossime all’85% e un inoptato pari al 15% del nuovo capitale e all’11,2% di quello totale. E domani si apre in Borsa l’asta dei diritti non esercitati. Il Lingotto nei giorni scorsi ha comunicato di aver raddoppiato dal 10 a oltre il 20,1% la partecipazione nel gruppo editoriale comprando sul mercato diritti per sottoscrivere le azioni. Un investimento che ha portato Fiat a diventare il primo socio di Rcs, seguita da Mediobanca con il 15,1%. L’imprenditore della Tod’s a sua volta giovedì ha reso nota la decisione di aderire all’aumento, ed è quindi il terzo azionista con l’8,8% fuori patto, e ha annunciato la disponibilità ad acquistare tutto l’inoptato per salire a circa il 20%, profilando la possibilità di una situazione di co-leadership azionaria con Fiat, la cui quota è vincolata nell’accordo parasociale. Della Valle aveva inoltre criticato la telefonata con la quale il presidente della Fiat, John Elkann, aveva ritenuto di informare il presidente della Repubblica del passo fatto in Rcs.
Ora l’imprenditore marchigiano, alla vigilia dell’asta che alcuni sul mercato profilavano occasione di battaglia tra Della Valle e Fiat, scrive una lettera aperta al Colle, il cui testo viene pubblicato oggi su alcuni giornali, titolata «Presidente Napolitano, abbiamo bisogno di sentire la Sua voce». Della Valle sottolinea di ritenere auspicabile trovare, «non essendoci editori puri disponibili», «un gruppo di investitori privati, liberi, italiani che abbiano come unico obiettivo far tornare la società competitiva». «A questo punto», aggiunge, sarebbe «necessario» che tutti, il gruppo che lui rappresenta, Fiat, Intesa e Mediobanca, invece di rafforzare le proprie posizioni facessero un passo indietro lasciando «completamente l’azionariato» di Rcs «liberandolo così da tutte le vecchie polemiche e da dietrologie di ogni tipo». Secondo l’imprenditore «in un paese democratico la stampa dev’essere indipendente e libera di esprimere le proprie opinioni senza vincoli o pressioni, e nel caso specifico del gruppo Rizzoli, bisogna evitare che chiunque tenti di prenderne il controllo per poterlo utilizzare come strumento di pressione». Della Valle si appella a Napolitano («sulla questione Rizzoli già coinvolto da altri») perché «per ottenere tutto questo, considerando l’attuale indisponibilità di alcuni protagonisti a seguire questo percorso, c’è bisogno di una voce forte al di sopra delle parti e della massima autorevolezza».
L’esplicita previsione dell’uscita dei maggiori soci da Rcs rappresenta un passo ulteriore rispetto a quanto prospettato da Della Valle giovedì in conferenza stampa: l’imprenditore aveva parlato di una condivisione con i principali azionisti Rcs (Fiat esclusa) sullo scioglimento del patto di sindacato e una rivisitazione della governance «con quattro-cinque soci al 10% e senza accordi che gestiscano l’azienda».
Le due posizioni espresse, quella di Marchionne che sottolinea di considerare Rcs «strategica» per Fiat e il nuovo scenario prospettato da Della Valle, sembrano ampliare le distanze fra i due azionisti del gruppo editoriale. È alta dunque l’attesa per l’asta, mentre ieri il titolo di Rcs ha guadagnato il 5,77% fra scambi che, considerato il nuovo ammontare di azioni, sono stati pari al 3% del capitale.