Paolo Panerai, ItaliaOggi 9/7/2013, 9 luglio 2013
ORSI & TORI - Questa mattina al consiglio Lvmh che ha deliberato l’acquisto dell’80% di Loro Piana era presente anche Diego Della Valle, che lì siede da tempo
ORSI & TORI - Questa mattina al consiglio Lvmh che ha deliberato l’acquisto dell’80% di Loro Piana era presente anche Diego Della Valle, che lì siede da tempo. Naturalmente ha votato a favore ma, dice lui, con soddisfazione mista a sofferenza. Soddisfazione per gli amici Loro Piana e sofferenza perché uno dei principali marchi italiani passa in mano francese, anche se il rispetto di Bernard Arnault per l’autonomia delle aziende italiane è testimoniato dal comportamento in Fendi, in Emilio Pucci, in Bulgari, in Acqua di Parma. Secondo Sergio e Pigi Loro Piana, la vendita dell’80% dell’azienda di famiglia, che dall’industria tessile hanno saputo portare al più alto livello del lusso nel total look, non è una perdita per l’Italia né è stata causata direttamente dalle disgrazie dell’Italia. «Sono 2 miliardi che entrano nel Paese», spiega a MF-Milano Finanza Sergio Loro Piana, «ma la nostra scelta non è stata decisa dai soldi, che pure contano. Con Pigi abbiamo capito che nonostante gli straordinari risultati raggiunti, per la competizione che si è scatenata probabilmente non ce l’avremmo fatta da soli. Ora la partita con Hermés è giocabile». Quindi una scelta razionale, sulla base di una dimensione ancora troppo piccola nonostante la crescita esponenziale. Ma i due fratelli, che avevano ricevuto molte altre offerte, hanno scelto Arnault perché colpiti dalla sua conoscenza dei segreti del tessile, della sua connaturata predilezione per la più alta qualità. «Per le nostre fabbriche», aggiunge Sergio, «si aprono spazi importanti come fornitori di tutti i marchi del gruppo guidato da Arnault. Ci sarà quindi più lavoro in Italia». La razionalità della scelta di Sergio e Pigi è evidente e dichiarano che non è disaffezione verso l’Italia, dove pure vedono un futuro difficilissimo. Ma alla domanda se quella dimensione necessaria per competere avrebbe potuto essere raggiunta anche in Italia, non hanno dubbi: il treno è stato perso una decina di anni fa. Con un’aggiunta da parte di questo giornale: se oltre a Intesa Sanpaolo, che ha salvato Prada aiutando Patrizio Bertelli e la moglie Miuccia a rilanciare con il successo della quotazione a Hong Kong e la continua crescita di fatturato e utili, tutto il sistema bancario italiano si fosse mosso per far nascere due o tre grandi gruppi del lusso, oggi Loro Piana sarebbe ancora in mani italiane. Arnault faceva il costruttore edile in provincia. Le banche francesi lo hanno aiutato a diventare il numero uno al mondo. Troppo tardi per l’Italia? Probabilmente sì. È nato il Fondo strategico italiano, guidato da Maurizio Tamagnini, che crede nella necessità di investire nel lusso. Ma l’operazione Loro Piana era troppo grande per il Fondo e in più Lvmh ha offerto ai Loro Piana appunto tutte le sinergie di altri marchi straordinari e la sfida con Hermés, che Arnault ha tentato di scalare, per ora senza successo. Il Fondo tuttavia non deve desistere perché il Paese non deve fare affidamento solo sulla volontà di lasciare italiane e in Italia le aziende che acquista. Troppi marchi italiani sono stati venduti negli ultimi mesi, da Valentino a Pomellato. Quasi una liquidazione. Il sistema Italia ha bisogno di rimanere italiano anche per quanto riguarda la proprietà. Solo così ci sarà garanzia che il made in Italy non verrà annacquato. Non molti anni fa, Loro Piana era quasi vicino al fallimento. Partendo dall’unico capo che confezionavano, un cappotto ideato dalla madre, Sergio e Pigi hanno fatto un lavoro straordinario, da biellesi parsimoniosi. Imprenditori di così alta classe non devono più essere spinti a vendere per la dimensione. Paolo Panerai del gruppo guidato da Arnault. Ci sarà quindi più lavoro in Italia». La razionalità della scelta di Sergio e Pigi è evidente e dichiarano che non è disaffezione verso l’Italia, dove pure vedono un futuro difficilissimo. Ma alla domanda se quella dimensione necessaria per competere avrebbe potuto essere raggiunta anche in Italia, non hanno dubbi: il treno è stato perso una decina di anni fa. Con un’aggiunta da parte di questo giornale: se oltre a Intesa Sanpaolo, che ha salvato Prada aiutando Patrizio Bertelli e la moglie Miuccia a rilanciare con il successo della quotazione a Hong Kong e la continua crescita di fatturato e utili, tutto il sistema bancario italiano si fosse mosso per far nascere due o tre grandi gruppi del lusso, oggi Loro Piana sarebbe ancora in mani italiane. Arnault faceva il costruttore edile in provincia. Le banche francesi lo hanno aiutato a diventare il numero uno al mondo. Troppo tardi per l’Italia? Probabilmente sì. È nato il Fondo strategico italiano, guidato da Maurizio Tamagnini, che crede nella necessità di investire nel lusso. Ma l’operazione Loro Piana era troppo grande per il Fondo e in più Lvmh ha offerto ai Loro Piana appunto tutte le sinergie di altri marchi straordinari e la sfida con Hermés, che Arnault ha tentato di scalare, per ora senza successo. Il Fondo tuttavia non deve desistere perché il Paese non deve fare affidamento solo sulla volontà di lasciare italiane e in Italia le aziende che acquista. Troppi marchi italiani sono stati venduti negli ultimi mesi, da Valentino a Pomellato. Quasi una liquidazione. Il sistema Italia ha bisogno di rimanere italiano anche per quanto riguarda la proprietà. Solo così ci sarà garanzia che il made in Italy non verrà annacquato. Non molti anni fa, Loro Piana era quasi vicino al fallimento. Partendo dall’unico capo che confezionavano, un cappotto ideato dalla madre, Sergio e Pigi hanno fatto un lavoro straordinario, da biellesi parsimoniosi. Imprenditori di così alta classe non devono più essere spinti a vendere per la dimensione.