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 2013  luglio 09 Martedì calendario

«PRONTO PER I GRANDI»

Galeotto un viaggio a Disneyland, nel 2004. Gianluigi frequenta la seconda elementare. Gioca a tennis da quattro anni e il papà Luca coglie l’occasione del viaggio oltreoaceno per iscrivere il tennista prodigio a tre tornei americani Under 8. Risultati? Due li vince, il terzo lo perde in finale. Alcuni tecnici avvicinano la famiglia. È forte, dicono. È così che Gianluigi Quinzi si ritrova alla Bollettieri Academy in Florida, seguito come un’ombra dalla mamma Carlotta Baggio. È li che inizia la favola dello scugnizzo azzurro capace di trionfare a Wimbledon. Torneo juniores, Murray è (ancora) lontano. Ma per l’Italia della racchetta è tantissimo.
Quinzi, anche il ricevimento reale in smoking.
«Un gioia incredibile. Io vicino a Murray e alla Bartoli, con tanto di papillon».
Come nasce il Gianluigi tennista?
«Ho preso la racchetta in mano a tre anni e mezzo con il maestro Di Paolo, al circolo tennis di Porto San Giorgio, che ha visto papà prima consigliere e poi presidente. Ero a casa mia, non mi pesava. A sei anni gli allenamenti si sono intensificati».
Tante esibizioni, fino allo storico palleggio con Panatta in un’esibizione a Macerata.
«Ricordo come fosse oggi quel giorno. Panatta resta un mito del tennis».
Poi il trasferimento in Florida da Nick Bollettieri, a poco più di nove anni.
«Cinque anni duri, ma carichi di emozioni. La sveglia alle 5 del mattino, alle 6 il primo allenamento. Poi la scuola, il match all’ora di pranzo e il riposo nel pomeriggio. La sera, a nanna presto. Mia madre mi è sempre stata vicina. Metà Wimbledon lo merita la mia famiglia».
Non le manca non aver vissuto un’infanzia normale?
«Senza rinunce non si ottengono risultati. Rifarei tutto, non ci sono dubbi. Anche quando sono a Porto San Giorgio non faccio mai tardi la sera. Discoteche? No, non fanno per me. Ho frequentato le elementari alle Canossiane a Porto San Giorgio, completate dai Gesuiti in Florida. Le medie le ho fatte a Montottone, ora frequento il liceo scientifico Da Vinci a Fermo. Studi regolari, insomma».
Il grande sogno?
«Diventare il numero uno del mondo. Lavorerò con il coach Medica e il preparatore Anselmi per questo. Sarà durissima, mi rendo conto. Vivo a Porto San Giorgio, mi perfeziono in Florida prima dei tornei e spesso sono in Argentina per la preparazione. Vita dura, ma ne vale la pena».
La prima telefonata dopo il trionfo a Wimbledon?
«A mamma, che piangeva, e a papà. Li ho sentiti tanto orgogliosi».
E adesso?
«Mi riposerò una settimana a Porto San Giorgio. Poi parteciperò al challenger di Recanati. Entro tra i senior, avrò i fari puntati addosso. So di avere pressioni, le gestirò al meglio. Il tennis è la mia vita».