Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  luglio 08 Lunedì calendario

“METTERE INSIEME HESSEL E HOUDINI È BELLO E DIFFICILE”


[MICHELE DALAI]

Ha fatto il giornalista, ha condotto trasmissioni tv, ha scritto due libri per Mondadori: un romanzo, Le più strepitose cadute della mia vita e un saggio Contro il tiqui-taca , ovvero il gioco del calcio praticato dal Barcellona. «Una sciocchezza che facesse ridere», scherza Michele Dalai, poi spiega: anche un ragionamento contro «il bello filosoficamente scontato», che travalica nella noia.

Nel frattempo però, e prima, da quando era ragazzino, è stato a bottega con due grandi intellettuali come la coppia Oreste Del Buono - Piero Gelli e un editore come il padre Alessandro, nella Baldini & Castoldi diventata poi Baldini Castoldi Dalai, quella di Susanna Tamaro e Giorgio Faletti.

A 18 anni aveva letto nell’edizione Transeuropa Jack Frusciante è uscito dal gruppo di Enrico Brizzi, e lo aveva portato eccitatissimo a Milano. Fu la sua prima consulenza editoriale a trasformarsi, nelle mani del temibile terzetto dei suoi maestri, in uno dei grandi best seller degli Anni Novanta. Infine, in vista dei quarant’anni, Michele Dalai si è spostato da Milano a Torino per una casa editrice tutta per sé, la Add, dai nomi dei tre soci fondatori, oltre al suo quelli di Andrea Agnelli e Davide Dileo, ovvero il musicista noto come Boosta. Figlio d’arte, nipote d’arte (perché Oreste del Buono era suo prozio), si definisce ironicamente «nipotizzato e nepotizzato». Ora come Enea si carica sulle spalle anche i libri della Baldini & Castoldi, che travolta dalla crisi ha portato i conti in tribunale.

Ne prenderà in affitto il catalogo con una nuova società, per tenerlo in vita e rinnovarlo, continuando a pubblicare soprattutto romanzi. «Punteremo molto sulla narrativa, che era la vocazione originaria», spiega. Con qualche addio, forse. Per esempio Faletti in veloce transito verso l’Einaudi? «Non nego che la situazione sia complicata», risponde serafico. E Busi? Suo padre ha pubblicato, un po’ a sorpresa, El especialista de Barcelona . Due bei caratterini a confronto, né sono mancate le scintille. «È un autore straordinario. A me piacerebbe moltissimo pubblicarlo ancora, però è complicato, richiede un enorme impegno, non so davvero se ce la faremo».

Le strade degli editori sono sempre in salita. Add, fondata nel maggio 2010 sulla scommessa di fare libri diversi, giornalistici, sostanzialmente interviste dedicate all’attualità, ha riservato piacevoli sorprese e almeno un best seller. «L’aspetto più divertente è che non rientrava affatto nel nostro progetto iniziale, anzi ci ha fatto capire che non era perseguibile. Volevamo cose giovanili, e abbiamo trovato Hessel, un novantenne che con Indignatevi è riuscito a parlare a un’enorme platea di giovani. Non è proprio la stessa cosa».

Tre anni fa i venti di crisi soffiavano già forti sul mondo dei libri. Perché aprire una nuova casa editrice? «Perché da un lato, col padre che mi ritrovo, non avevo la sindrome del principe Carlo. E perché le idee servono e sono efficaci anche nelle crisi». È il suo modo per uscirne? Una direzione? «Adesso non mi faccia fare il trombone, o il presuntuoso. Le case editrici italiane sono piene di persone intelligenti; volersi pensare diversi può produrre qualche danno. Ma se riusciamo a lavorare tutti insieme, a riconsiderare in modo più trasparente e solidale lo stesso concetto di concorrenza, ce la possiamo fare».

In Italia, un quarantenne è «giovane». «A 40 anni all’estero si è considerati a metà carriera. Però accetto il ruolo di “giovane editore”. Ho l’età di Marco Cassini (Minimum Fax) di Antonio Sellerio o di Raffaello Avanzini (Newton Compton), grandi talenti che hanno saputo inventare cose nuove, e che ammiro». Si può immaginare una solidarietà generazionale? «Diciamo che con loro parlo ogni giorno». Questo significa anche un comune sentire? «L’editoria non è una missione. È una professione. C’è e ci deve essere spazio per Mulino e per Newton Compton. Non imitarsi freneticamente, non rubarsi gli autori, non bloccare il mercato sono esigenze che molti di noi ormai sentono come vitali».

Per lei, oggi, la situazione è molto diversa da 10 anni fa? «Vista da Add, direi di no. L’impegno e i problemi sono gli stessi. Siamo quattro, più un collaboratore part time, con un fatturato medio di un milione e mezzo l’anno. Se guardiamo invece dalla prospettiva di una casa come Baldini & Castoldi, con numeri cioè molto più grandi, è cambiato tutto: le librerie chiudono, e ancora non si percepisce, come in America, una certa ripresa di quelle indipendenti; siamo nel pieno della crisi, si deve rivedere ogni aspetto, dalla politica delle rese - i libri invenduti che tornano in casa editrice - ai rapporti con gli autori». E con l’elettronica? «Considero l’e-book un formato, straordinario, che se ben utilizzato ha un senso. Ma attendo che valga più dell’1,5 per cento del mercato».

Add, segni particolari: grande attenzione alla grafica. «Per quanto riguarda il digitale, ho una visione pragmatica. Per la grafica vado oltre. I libri devono essere gradevoli, anzi belli, anzi di più. Mi sono abituato così fin da ragazzo: comprare un libro era una conquista. Un editore deve offrire qualcosa che valga il prezzo. Educare al bello fa parte del mestiere». Ma proprio la saggistica è il settore più in crisi. «E’ anche una crisi di fiducia. C’è stata negli ultimi anni una produzione esorbitane di un solo tipo di saggistica, dalla denuncia sulla Casta al “travaglismo”, che da un lato ha eroso spazi per altre proposte, ma forse ha fatto il suo tempo».

Overdose da brutte notizie? «L’idea è lavorare, se possibile, su una saggistica che porti altri messaggi. Penso agli scritti di Pertini, che abbiamo pubblicato in Gli uomini per essere liberi . Tutti parlano di Pertini, ma pochi lo hanno letto. Io su quelle pagine mi commuovo come un giovane vecchio. O a quelli di Pierre Rahbi, il contadino francese di origina algerina che ha scritto il Manifesto per la terra e l’uomo. Messaggi positivi. Storie forti. Claudio Fava, per esempio, ha scritto per noi Il mar della Plata , un libro meraviglioso che racconta una squadra di rugby massacrata dalla dittatura argentina, nel ’78. Queste storie vanno oltre se stesse, hanno un peso enorme». Add ama lo sport e lo spettacolo, ci scherza e lo prende sul serio. Come il suo editore ama twitter (e pubblica col titolo Essere Casaleggio la raccolta dei tweet del falso Casaleggio che furoreggia in rete). Fra le ultime uscite, un delizioso manuale di Houdini, Il modo giusto di sbagliare, che comincia con una serie di «Consigli utili per giovani illusionisti sotto gli ottanta», e prefazione di Jovanotti. Come definisce tutto questo? «Pop. Ma il pop è bellissimo e difficile; è la cosa più difficile del mondo, anche se a molti fa orrore».