Alessia Gallione, la Repubblica 8/7/2013, 8 luglio 2013
UN BUSINESS DA 25 MILIARDI DI EURO CORSA CONTRO IL TEMPO, SI LAVORA DI NOTTE
Su quel milione di metri quadrati di terra distesi tra Milano e la Fiera di Rho-Pero che dovranno trasformarsi nella cittadella di Expo, gli operai hanno appena iniziato i doppi turni. Si lavora dalle 6 del mattino fino alle 10 di sera, nel grande cantiere del 2015. E, in alcuni punti, si proseguirà a ciclo continuo, durante la notte. Perché bisogna recuperare anche i giorni di pioggia incessante dell’ultima primavera che hanno rallentato ulteriormente le ruspe. Adesso, «non si può perdere neppure un giorno». Lo dice anche Giuseppe Sala, che dell’Esposizione universale è diventato il commissario unico del governo con tutti i poteri di deroga per accelerare e superare eventuali intoppi. Un passaggio che è stato ritenuto indispensabile per riuscire a terminare tutto in orario. «Nella massima legalità», però, ha ribadito anche ieri il manager.
Da quando ha conquistato il suo grande evento, il 31 marzo del 2008, Milano aveva sette anni di tempo per organizzare Expo. Il primo tempo se ne è andato tra liti politiche (consumate quasi tutte in casa centrodestra) e battaglie di potere. Per tre anni, la manifestazione non ha avuto neppure i terreni (erano privati) per poter iniziare i lavori. Bisogna correre e, la gran parte dell’attività, ormai è concretata da qui al 2015. Così come da ora in poi bisognerà alzare la guardia per proteggere Expo dagli appetiti mafiosi, uno dei pericoli segnalati fin dall’avvio dell’avventura.
In questo momento, sul cantiere stanno lavorando più di 400 operai. Siamo alle fondamenta. Dovranno aumentare. Il momento della verità arriverà presto: entro il prossimo dicembre, la società di Expo dovrà consegnare ad almeno la metà dei Paesi (ieri, Sala ha annunciato che è stato superato l’obiettivo dei 130 Stati) che si metteranno in mostra i lotti su cui, poi, inizieranno a costruire i loro padiglioni.
Sono questi i mesi decisivi per Expo. E, questa, è stata una settimana fondamentale. Anche perché, nell’ultima riunione con il governo, si è deciso di creare, entro settembre, un elenco di progetti che tutti i ministeri dovranno affrontare: dalla sicurezza alla cultura, dalla flessibilità per il lavoro al turismo, fino alle infrastrutture. Agenda del 2015, è stata chiamata. Servirà per fare quel passo in avanti che ancora mancava: far diventare l’evento davvero nazionale. Anche perché, sulla carta, le aspettative per il Paese sono tante: 25 miliardi di benefici economici complessivi, 20 milioni di visitatori (circa un terzo stranieri), 199mila posti di lavoro dal 2012 al 2020. Una sfida tutta da costruire.
Quello del 2015 è un evento che cade in piena crisi economica. Solo per costruire la cittadella e qualche opera strettamente collegata, è previsto un investimento pubblico (i soci di Expo spa sono il ministero del Tesoro, che metterà 833 milioni di euro, il Comune di Milano, la Regione, la Provincia di Milano e la Camera di Commercio) da 1 miliardo e 300 milioni: è già stato tagliato rispetto alle previsioni iniziali. A questi si aggiungono altri 300 milioni di sponsor privati e almeno altri 10 miliardi per realizzare tutte le strade, autostrade e metropolitane che sono state attaccate alla locomotiva Expo. Non tutte saranno terminate in orario e per una linea del metrò, la 4, si punta all’obiettivo minimo: 2 fermate inaugurate su 21. Per i soldi della società, Sala è sicuro: «Non ci sono problemi». Ma sono gli enti locali, con le casse vuote, a esprimere preoccupazioni. Il sindaco Giuliano Pisapia, l’ha ribadito: «Serve una deroga al patto di stabilità». Anche perché dovrà essere tutta la città a inaugurare cantieri per essere pronta ad accogliere i turisti: solo nel 2014 il Comune dovrebbe spendere tra i 400 e i 500 milioni. Senza allentare i rigidi vincoli — una richiesta anche del governatore Roberto Maroni — non sarà possibile farlo.