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 2013  luglio 06 Sabato calendario

«LA BANCA VATICANA CANALE PER RICICLARE DENARO FRUTTO DI REATI»

ROMA — Esiste «l’elevato rischio che il modo di procedere dello Ior — che ha preteso di agire senza specificazione dei suoi clienti effettivi — possa essere stato utilizzato come schermo da parte dei suoi correntisti per mascherare operazioni illecite». È un durissimo atto di accusa sulla gestione della banca vaticana il provvedimento che i pubblici ministeri romani trasmettono al giudice sollecitando l’archiviazione delle accuse contro l’ex presidente Ettore Gotti Tedeschi, indagato per il trasferimento ritenuto illegale di 23 milioni di euro. Mentre riconoscono «l’estraneità del banchiere alle condotte illecite», evidenziano tutti i punti oscuri dell’attività del direttore generale Paolo Cipriani e del suo vice Massimo Tulli, ma soprattutto sottolineano le responsabilità «politiche» e i rischi che questi comportamenti opachi possono comportare. Anche perché ribadiscono come l’Istituto per le Opere Religiose «deve essere considerato alla stregua di una banca extracomunitaria» e dunque deve attenersi a una serie precisa di adempimenti.
La «confusione»
di fondi
Il riferimento utilizzato dai magistrati è il conto 49577 aperto presso la sede di Roma del Credito Artigiano. E identifica una procedura che si ritiene evidentemente comune anche a depositi accesi presso altri istituti di credito. Scrivono i pubblici ministeri: «Nel conto confluiscono per rilevantissimi importi "operazioni riconducibili esclusivamente ai clienti Ior, o a coloro che con essi hanno rapporti". I relativi fondi "rimangono a tempo indeterminato" senza transitare da e verso l’istituto corrispondente. A ciò va aggiunta la circostanza rilevantissima che i clienti Ior, beneficiari dei bonifici e degli assegni, non sono identificati dall’intermediario Credito Artigiano, ma possono essere individuati solo attraverso una richiesta inoltrata allo Ior dalla banca italiana e dallo Ior evasa, peraltro in maniera non direttamente e autonomamente controllabile dalle autorità italiane».
Per l’accusa le conseguenze possono essere gravissime: «La "confusione globale" di fondi di diversa provenienza e natura nelle "disponibilità che interessano i conti Ior" e l’inosservanza delle modalità operative tipiche di un conto di corrispondenza o di passaggio privano di fondamento le tesi (sostenute dalla difesa) sulla asserita "proprietà" dei fondi movimentati e sulla natura dei conti oggetti di movimentazione».
I canali
di riciclaggio
I pubblici ministeri specificano come «all’origine del procedimento penale c’è l’esigenza di garantire l’osservanza di norme poste a presidio del fondamentale valore di un ordinato e trasparente svolgimento dei rapporti tra enti creditizi italiani e Ior in funzione antiriciclaggio». E per questo denunciano: «In assenza di tale osservanza lo Ior può facilmente divenire canale per operazioni di riciclaggio di denaro provento di reato, grazie a tre circostanze: l’azione di correntisti Ior compiacenti o strumentalizzati che si prestano consapevolmente o meno a far utilizzare il loro conto presso lo Ior per operazioni di riciclaggio; le carenze di adeguate verifiche della clientela all’interno dello Ior; il mancato o carente rispetto degli obblighi di verifica rafforzata da parte degli enti creditizi italiani che intrattengono rapporti con lo Ior».
Finora era sempre stata negata ufficialmente l’esistenza dei cosiddetti conti «laici» presso lo Ior. Il primo a rivelarne l’esistenza fu proprio Gotti Tedeschi quando specificò di fronte ai magistrati che uno dei motivi di attrito con il direttore generale e con alcuni esponenti delle gerarchie vaticane fosse cominciata «quando chiesi notizie dei conti intestati ai laici». E adesso sono gli stessi pubblici ministeri a confermare nel provvedimento come «lo Ior raccoglie e amministra prevalentemente fondi altrui, riconducibili a una variegata pluralità di soggetti: istituzioni religiose della più diversa natura, ma anche singoli appartenenti al clero che hanno un conto o soggetti privati che, in virtù di un particolare rapporto con la Santa Sede, hanno ottenuto di poter effettuare depositi e aprire conti presso di esso».
La «guerra»
con Gotti
L’operazione sui 23 milioni di euro viene inizialmente contestata a Cipriani e a Gotti. Ma il 30 settembre 2010, in un interrogatorio di fronte ai pm, il direttore generale ammette: «La firme in calce ai fax che dispongono il trasferimento di fondi sono la mia e quella del mio vice Tulli». Poco dopo viene sentito Gotti che conferma a aggiunge: «Non ho firmato quei fax e non so di chi siano quelle firme, anche se penso che una sia di Cipriani. Non so chi, in ambito Ior, abbia tali poteri dispositivi».
Il presidente si chiama fuori e soltanto in seguito, quando decide di collaborare con i magistrati, si avrà la conferma che era stato effettivamente escluso dalla gestione operativa. Non a caso, sollecitando per lui l’archiviazione, i magistrati scrivono: «È un dato oggettivo — risultante da più fonti e dall’analisi complessiva degli sviluppi delle recenti vicende dello Ior — che l’attività di Gotti Tedeschi come presidente è stata essenzialmente orientata a dar vita a una nuova policy dell’istituto nel quadro dell’adozione di un insieme di misure miranti ad allineare lo Stato della città del Vaticano, sul versante al contrasto del riciclaggio, ai migliori standard internazionali». Un tentativo evidentemente fallito visto che il 24 maggio 2012 è stato licenziato.