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 2013  luglio 08 Lunedì calendario

CASA, «RIFORMA BRITISH» DELLE TASSE (MATTONE

& SERVIZI) – Una «tassa sui servizi», sul modello della council tax inglese, che unisca Imu e Tares: potrebbe essere questa l’ipotesi destinata a salvare il burrascoso rapporto tra Pdl e Pd nella complicatissima ridefinizione della tassa sulla casa. Ma che l’accordo sia ancora lontano è evidente: lo dimostrano le dichiarazioni infuriate che ieri sono seguite ad alcune indiscrezioni sugli organi di stampa sulle possibile modifiche all’Imu, notizie poi smentite categoricamente dal governo. Palazzo Chigi esclude una «stangata sui villini», mentre il ministero dell’Economia chiarisce di avere «allo studio una pluralità di soluzioni, sulle quali il governo deciderà collegialmente».
Con queste premesse, non si preannuncia semplice la riunione della cabina di regia prevista per mercoledì senza il presidente del Consiglio Enrico Letta, ma con tutti i capigruppo di maggioranza che dovranno fare il punto su Imu e Iva insieme al ministro del Tesoro Fabrizio Saccomanni, al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Filippo Patroni Griffi, al vicepremier Angelino Alfano e al ministro per i apporti col Parlamento Dario Franceschini. Saccomanni, preso continuamente di mira dal Pdl, insieme ai suoi tecnici sta cercando in tutti i modi di tenere lontane le fibrillazioni della politica, per concentrarsi su come effettivamente far quadrare i conti senza far circolare anticipazioni irreali. Ma, secondo il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta (Pd), le principali ipotesi in campo su cui decidere entro Ferragosto restano due: «Togliere completamente l’Imu sulla prima casa o rimodularla». Per quanto riguarda l’eliminazione totale, la strada che persegue tenacemente il Pdl, potrebbe essere «attenuata» attraverso l’allargamento del concetto di fascia di lusso. Non le villette a schiera del lavoratore e dell’impiegato, chiarisce Baretta, ma le abitazioni che davvero hanno un valore nettamente superiore alla media. In questo senso, la riforma andrebbe a braccetto con la revisione del catasto, che la delega fiscale dovrà affrontare entro luglio. Una volta assegnato a ciascun immobile il proprio valore reale, sarebbe molto più limpido capire cosa è di lusso e cosa non lo è. L’altra possibilità considerata da Baretta, e caldeggiata dal Pd, è quella della rimodulazione dell’Imu: aumentando la franchigia (dai 200 euro attuali si potrebbe arrivare fino a 600) arriverebbe a circa l’80% la platea dei proprietari esenti dalla tassa sulla prima casa. Queste due possibilità costerebbero allo Stato tra i due e i tre miliardi di mancate entrate, in base a quanto varrà la riforma del catasto e le esenzioni possibili.
Ma c’è una terza via che prende sempre più piede e che potrebbe mettere d’accordo tutti. E’ quella che ricalca la tassazione inglese, la council tax , che però in Inghilterra paga chi abita la casa, e quindi l’inquilino in caso di immobile in affitto. La versione italiana unirebbe in una sola formula Imu e Tares, la nuova tassa sui servizi e sui rifiuti. Sarebbe «un’imposta sul valore degli immobili commisurati ai servizi», spiega Francesco Boccia (Pd) che la considera una soluzione «inevitabile per superare il pasticcio del federalismo fiscale». In pratica, la famiglia pagherebbe in base al valore dell’immobile, ma anche considerando il quartiere in cui è collocato, e quindi i servizi (dai trasporti all’illuminazione) che ha a disposizione. Questo nuovo meccanismo potrebbe essere commisurato all’indicatore del benessere economico familiare, l’Isee, per sostenere chi è più svantaggiato. Ma il governo definirebbe solo i principi generali, per lasciarne l’effettiva gestione ai Comuni, che così potrebbero stabilirne i dettagli in base alle caratteristiche del proprio territorio. Oltre all’evidente vantaggio di gestire direttamente in proprio il gettito.
Non è detto che però questa tassa costerebbe meno agli italiani, anzi: non solo perché sarebbe come far uscire l’Imu dalla porta per farla rientrare dalla finestra, come notano in tanti, ma anche perché proprio nel Regno Unito, dove si applica una formula simile, le tasse sulla casa risultano tra le più alte tra i Paesi occidentali. Secondo l’Ocse il rapporto tra le imposte che gravano sulla proprietà immobiliare ed il Pil, per l’anno 2011, è pari all’1,9% in Spagna, 2,2% per l’Italia, al 3,7% per la Francia. Il Paese dove questo rapporto è più elevato è proprio il Regno Unito, con una percentuale del 4,1%.
Questa nuova formula potrebbe essere accettata dal Pdl? Probabilmente solo a partire dal 2014. «Noi abbiamo sempre detto che l’Imu sulla prima casa non sarà pagata nel 2013 e così sarà», chiarisce il ministro ai Trasporti Maurizio Lupi, senza sbilanciarsi però sul merito della questione: «E’ inutile discutere preventivamente di un’ipotesi o di un’altra, lavoriamo insieme nella cabina di regia per trovare le coperture». Non solo sull’Imu: l’altro punto caldo è il miliardo che viene a mancare per il rinvio di tre mesi dell’aumento dell’Iva. Per ora il ministero del Tesoro ha puntato sull’aumento degli acconti di Irpef, Ires e Irap: una decisione che però piace poco sia ai partiti che allo stesso presidente del Consiglio. In realtà, si tratta di una decisione contabile provvisoria, in attesa del momento in cui sarà necessario fare una scelta definitiva, a ottobre. E le ipotesi sui tagli di spesa possibili per trovare le coperture «sono mille e cento - ironizza il viceministro Luigi Casero, (Pdl) - La verità è che stiamo ancora lavorando».
Valentina Santarpia