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 2013  luglio 07 Domenica calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL CASO SACCOMANNI


REPUBBLICA.IT
ROMA - E’ scontro sull’Imu all’interno della maggioranza. Lo sforzo del presidente del Consiglio Enrico Letta, che ha riaffermato i propri impegni programmatici volti alla "rimodulazione" della tassa, non è bastato a placare i falchi del Pdl. Che vanno all’attacco del responsabile dell’Economia, il ministro Saccomanni e accusano: "E’ inadeguato".
Intanto il governo sta lavorando alla possibilità di aumentare le detrazioni fiscali per la tassa sulla casa, innalzando la soglia a 600 euro. Mentre viene smentita da Palazzo Chigi l’altra ipotesi sul tappeto, ossia il pagamento dell’Imu non solo per le case di lusso (come è adesso) ma anche per i cosiddetti villini, a schiera o bifamiliari. "Contrariamente a quanto riportato da alcune testate giornalistiche - chiarisce una nota dell’esecutivo - non è prevista alcuna stangata sui villini". Sulla riforma dell’Imu nel pomeriggio interviene anche il ministero dell’Economia e comunica di avere allo studio "una pluralità di soluzioni, sulle quali il governo deciderà collegialmente dopo averle discusse nelle sedi di confronto che sono già state individuate".
In mattinata già il ministro per le Riforme Gaetano Quagliariello aveva respinto quest’ultima ipotesi: "L’Imu sui villini non ci sarà - ha detto a Sky Tg24, commentando l’indiscrezione di stampa - si può stare tranquilli, non si può fare il gioco delle tre carte. Una cosa sono le abitazioni di lusso, una cosa sono le abitazioni normali che si vorrebbe far passare come abitazioni di lusso. Ci sono accordi chiari" e, ha concluso, "il presidente del Consiglio li rispetterà". Una posizione condivisa anche da Pierpaolo Baretta: "L’Imu sulle villette a schiera? Francamente trovo non praticabile questa strada - afferma il sottosegretario all’Economia - perchè questo tipo di edilizia, popolare o anche di pregio, non va confusa con le ville, i castelli o le grandi proprietà".
Invita a sgomberare il campo da inutili confusioni Renato Schifani. "Le dichiarazioni di numerosi esponenti del Pd e le notizie più o meno fondate su proposte ed ipotesi varie che il governo starebbe per avanzare sull’Imu - spiega il capogruppo Pdl al Senato - generano confusione e sconcerto. Fermo restando che il Pdl non arretrerà di un millimetro sulla richiesta di abolizione dell’imposta sulla prima casa senza eccezione alcuna, chiediamo al governo di smentire le voci contraddittorie che si susseguono". E chiarisce: "La cabina di regia che tornerà a riunirsi mercoledì prossimo a Palazzo Chigi è l’unico luogo deputato agli approfondimenti e alle decisioni politiche della maggioranza".
Più critico Maurizio Gasparri se la prende con il ministro dell’Economia: "Con Saccomanni non si va da nessuna parte - attacca il vicepresidente di Palazzo Madama - Per dare una prospettiva ai conti pubblici italiani bisogna finalmente mettere in campo una strategia di aggressione al debito pubblico come ha proposto il vicepremier Alfano". E poi l’affondo: "All’Economia serve una guida adeguata e non un esponente di seconda fila di apparati burocratici intenti solo alla loro autodifesa. Serve insomma un ministro vero e autorevole". Gli fa eco l’ex ministro dell’Istruzione Maria Stella Gelmini, che twitta: "Su Imu nessun passo indietro, le coperture vanno trovate con buona pace del ministro Saccomanni e del Fondo monetario internazionale".
In difesa del responsabile dell’Economia interviene, invece, Benedetto Della Vedova, portavoce politico di Scelta Civica: "Attaccare senza mezze misure il ministro dell’Economia Saccomanni, come ha fatto Gasparri - accusa il senatore di SC - significa attaccare l’esecutivo, punto e basta". "Saccomanni è prezioso per il Governo - continua Della Vedova - perchè si incarica di dire quei ’no’ che, come ha detto Letta di recente, sono essenziali per mantenere l’Italia in carreggiata, dove è stata rimessa dal buon lavoro del Governo Monti che ha portato all’importante riconoscimento dell’Europa la scorsa settimana".
Sul fronte Pd, prende la parola Francesco Boccia, nel tentativo di sedare le acque agitate dei pidiellini: "E’ evidente che l’Imu non ci sarà più - assicura il presidente della Commissione Bilancio della Camera, ai microfoni di Sky Tg24 - va superata con una nuova imposta sui servizi". Immediata la risposta di Renato Brunetta via Twitter: "’Su Imu e Iva deciderà la maggioranza in cabina di regia".

ARTICOLO DEL CORRIERE DELLA SERA DI SABATO 6 LUGLIO
REPUBBLICA.IT
ROMA – Fabrizio Saccomanni non ci sta a finire sul banco degli imputati. Il ministro dell’Economia, anche se alla prima esperienza politica, aveva messo nel conto di finire sotto pressione. Come pure di essere il bersaglio di certe intemperanze del capogruppo del Pdl, Renato Brunetta, che forse aspirava a fare lui il ministro. Ma essere accusato di scarsa collegialità proprio non gli va. Ma come, osservano i suoi stretti collaboratori, tutti i giorni Saccomanni parla col presidente del Consiglio e con i ministri che sono anche i capidelegazione dei partiti di maggioranza nel governo, da Angelino Alfano a Mario Mauro, e adesso i partiti fanno finta che non sapevano che il rinvio di tre mesi dell’Iva sarebbe stato coperto con l’aumento degli acconti Irpef, Ires e Irap e gli chiedono di trovare coperture alternative?
Eppure prima del consiglio dei ministri del 26 giugno c’erano stati vertici di maggioranza presieduti da premier Enrico Letta e diverse riunioni tra i ministri. Magari non si era scesi nei dettagli tecnici, ma che le coperture sarebbero state di quel tipo era chiaro, si sostiene al ministero. Del resto gli attestati di stima che sono arrivati a Saccomanni da ministri importanti del Pdl, da Maurizio Lupi a Beatrice Lorenzin, che ne hanno elogiato il metodo di lavoro collegiale, stanno lì a dimostrare, secondo l’Economia, che da parte del titolare del dicastero c’è sempre stato un atteggiamento aperto e leale.
Ecco perché Saccomanni liquida come un «cattivo pensiero, come lui stesso ha detto», quello di Brunetta che ieri ha accusato l’Economia di aver chiesto di nascosto al Fondo monetario di sostenere che l’Imu sulla prima casa andrebbe mantenuta. È risaputo, replicano al ministero, che il Fondo, ma anche altri organismi internazionali come l’Ocse, sottolineino che le manovre growth friendly, cioè favorevoli alla crescita dell’economia e dell’occupazione, sono innanzitutto quelle che tagliano le tasse sull’impresa e sul lavoro, poi quelle sui consumi. E quindi è noto che per queste istituzioni la riduzione del prelievo sugli immobili non è certo una priorità. Il Fondo monetario ha semplicemente ripetuto le sue tesi. E Saccomanni sa bene che, quali che siano le sue personali convinzioni, dovrà lavorare a soluzioni che tengano conto della richiesta del Pdl di abolire totalmente l’imposta sulla prima casa, operazione che costerebbe 4 miliardi di euro all’anno.
Ma ancora prima il problema, adesso, è di trovare una copertura alternativa al rinvio di tre mesi dell’Iva. Il governo presenterà emendamenti in tal senso al decreto legge del 26 giugno. Saccomanni e i suoi tecnici sono al lavoro da ieri e porteranno le prime proposte mercoledì 10 alla prossima riunione della cosiddetta cabina di regia (Letta, Saccomanni, il sottosegretario alla presidenza Patroni Griffi, il vicepremier Alfano, il ministro per i Rapporti col Parlamento Franceschini e i capigruppo della maggioranza). Ma il ministro è anche curioso, molto curioso, di vedere quali saranno le indicazioni che verranno da chi lo tanto criticato in questi giorni accusandolo di non saper trovare le coperture tagliando la spesa. In questi primi due mesi di governo Saccomanni ha ricevuto soprattutto richieste dei partiti di nuove e ingenti spese da coprire «in qualche modo», mai con tagli delle uscite e spesso con nuove e improbabili tasse: sulle sigarette, gli alcolici, i giochi e via dicendo. E invece, sottolinea il ministro, le coperture devono essere assolutamente certe. E quelle ipotizzate da Brunetta non lo sono, secondo l’ex direttore generale della Banca d’Italia.
Ipotizzare, come fa il capogruppo del Pdl alla Camera, di concentrare nel solo 2013, anziché nel 2013-14, i 40 miliardi di euro di pagamento dei debiti verso le imprese, così da aumentare gli introiti da Iva e compensare il mancato aumento dell’aliquota al 22%, non è realistico, perché se già si riuscirà a pagare i 20 miliardi previsti per quest’anno, sarà un ottimo risultato. L’operazione è partita ma si tratta di far correre una macchina elefantiaca, osservano i collaboratori di Saccomanni, che coinvolge non solo lo Stato centrale, ma anche le Regioni e gli enti locali, con una montagna di debiti di natura diversa. Il ministro ha messo sotto pressione gli uffici affinché spingano al massimo sull’acceleratore ma ci sono una serie di passaggi di legge da rispettare. Ad oggi quasi 3 miliardi sono stati anticipati dal Tesoro a Regioni e Comuni che non hanno i soldi in cassa per pagare mentre altri 5,2 miliardi sono pronti negli enti locali che possono spenderli con lo sblocco del patto di stabilità. Poi c’è il capitolo debiti sanitari, dove le Regioni hanno chiesto al Tesoro 4,7 miliardi, che saranno erogati dopo le prescritte verifiche tecniche.
Si può anche accelerare, come ha detto ieri il viceministro dell’Economia Stefano Fassina, ma le coperture vanno cercate altrove. Non solo quelle per il miliardo che costa il rinvio di tre mesi dell’aumento dell’Iva, ma anche l’eventuale rinuncia ad esso (costa 4 miliardi l’anno) e quelle per finanziare l’alleggerimento o la cancellazione dell’Imu sulla prima casa (dai 2 ai 4 miliardi). Dove si trovano , già quest’anno, dai 6 agli 8 miliardi per fare tutto quello che Brunetta vorrebbe? Saccomanni non ha ancora una risposta, ma se si devono trovare tutti e subito tagliando la spesa, c’è un solo modo che garantisca risultati certi: aggredire i grandi capitoli, dalle retribuzioni alle prestazioni sociali. I partiti sono d’accordo?
Enrico Marro

PEZZO DI REPUBBLICA VENERDI 5 LUGLIO
ROBERTO PETRINI
ROMA
— Il Fondo monetario internazionale accende lo scontro sulle tasse mentre il governo è alle prese con la difficile soluzione del rebus Iva-Imu. «L’Imu sulla prima casa va mantenuta per equità», scrive nella lettera all’Italia. Una posizione che va in rotta di collisione con il Pdl che da sempre chiede l’abolizione dell’imposta sulla casa. La conseguenza: una bordata di dichiarazioni del centrodestra sintetizzate da Gasparri che ha chiesto semplicemente all’istituzione di Washington guidata da Christine Lagarde di «farsi gli affari suoi». «Attentato alla sovranità», dice la Santanchè.
La sortita dell’Fmi ha fornito tuttavia una sponda al ministro dell’Economia Saccomanni, alla prese con le coperture per scongiurare l’ingorgo post estivo Imu-Iva e che restano sempre intorno ai 6 miliardi se si vuole un intervento stabile. «Terremo conto dell’opinione dell’Fmi e l’obiettivo è di trovare il consenso all’interno della coalizione», si è trincerato il ministro che, nei giorni scorsi, aveva ipotizzato una soluzione «prima delle vacanze ».
Nel fuoco della polemica cerca di tenere insieme la coalizione
sugli obiettivi di tasse e sviluppo il premier Letta che ieri mattina ha riunito la maggioranza. «Esito positivo, c’è una road map per i prossimi diciotto mesi», ha annunciato. La soluzione della questione Iva-Imu resta, ha assicurato Letta, il «primo obiettivo» ma ha aggiunto che «non sarà semplice trovare le coperture» perché bisogna individuarle all’interno del rigido bilancio 2013. Il secondo obiettivo della road map è la legge di Stabilità in autunno «tutta incentrata sullo sviluppo » e la «possibilità di ridurre le tasse sul lavoro» (tasto toccato ieri anche da Saccomanni). Terza tappa: la preparazione del semestre di presidenza Ue dell’Italia, nella seconda metà del prossimo anno e, infine, il capitolo delle riforme costituzionali (riduzione dei parlamentari e nuova legge elettorale). Comunque il 18 luglio si replica: è previsto un nuovo vertice prima della pausa estiva.
Nel frattempo, dopo l’apertura di Saccomanni alle proposte del Pdl di anticipare al 2013 i pagamenti dello Stato alle imprese, ieri anche Letta si è mostrato disponibile: «Acceleriamo», ha
detto e il Pd, che già nel provvedimento aveva ottenuto l’inserimento delle garanzie da parte della Cassa depositi, è d’accordo. «Una necessità», ha detto Luigi Zanda. Oscilla il ministro per lo Sviluppo Zanonato, che come in occasione dell’Iva, che provocò i fischi dei commercianti, prima dice: «Non so se si potrà fare», poi si corregge e aggiunge «mi auguro che ci si riesca».
La cornice resta il malessere dell’economia italiana (ieri il Fondo ha peggiorato la stima della contrazione del Pil di quest’anno
dall’1,5 all’1,8 per cento) e la necessità di condurre la caccia alle risorse per finanziare lo sviluppo e l’abbattimento delle tasse senza fare nuovo debito. Metabolizzato il bonus di Bruxelles (ma per il 2014) si torna a guardare in casa e nei prossimi giorni si insedierà il nuovo comitato per la spending review (quello che nella scorsa legislatura fu avviato da Piero Giarda): sarà allargato il numero dei ministri (oggi sono quattro) e si avvarrà del supporto
della Ragioneria dello Stato.

PEZZO DI REPUBBLICA DI SABATO 6 LUGLIO
ROMA
— «Confermo il superamento dell’attuale regime dell’Imu ». Il presidente del Consiglio Enrico Letta, si fa «garante» del suo impegno programmatico espresso in Parlamento: non accoglie in pieno il suggerimento dell’Fmi, che chiede il mantenimento dell’attuale tassa sull’abitazione principale, ma non cede nemmeno ai falchi del Pdl che insistono per l’abolizione toutcourt. «Sarà un discorso collegiale », ribadisce. Una posizione meno rigida di quella del suo ministro del Tesoro, Fabrizio Saccomanni che, alle prese con le difficoltà di bilancio (il debito, secondo Bankitalia, nel 2012, è al 127 per cento del Pil secondo solo alla Grecia) aveva detto che l’Italia «terrà conto» delle indicazioni dell’istituzione di Washington.
Nel frattempo, dopo il consiglio dei ministri, durante il quale si sono ritrovati di nuovo, oltre al premier, il «vice» Alfano e lo stesso Saccomanni, il fuoco di fila del Pdl non si placa. Il ministro degli Interni ha alzato i toni: «Sull’Imu non accetteremo consigli dall’Fmi », ha dichiarato. Sullo stesso registro Brunetta: «La nostra sovranità deve essere totale, riforma entro Ferragosto», ha minacciato e ha di nuovo messo nel mirino Via Venti Settembre alludendo polemicamente ad un «aiutino» chiesto
dal Mef all’Fmi. Evoca la crisi di governo Schifani che definisce l’abolizione dell’Imu e stop all’Iva punti «prioritari e irrinunciabili».
Scende in campo anche il leader del Pd Guglielmo Epifani che riconosce all’Fmi di dire «la verità » perché «in quasi tutti i paesi c’è un’imposta sull’abitazione», ma esorta a trovare una soluzione «coerente con il programma illustrato da Letta in Parlamento». Più esplicito Zanda (Pd): «Non sottovalutiamo le indicazioni dell’Fmi, una abolizione totale dell’Imu è rischiosa, va rimodulata e resa più equa e progressiva». Invita al realismo il neo presidente dell’Anci Piero Fassino: «Sento proposte astratte, ascoltate i Comuni».
Il Fondo con il richiamo all’equità dell’Imu ha fatto in un certo senso da sponda a chi ritiene che la tassa debba restare o, al massimo, debba essere «rimodulata» e ieri anche l’Ocse si è schierata. «Tagliare le tasse sul lavoro piuttosto che l’Imu», ha esortato Pier Carlo Padoan. Di «rimodulazione » parlano anche fonti di Bruxelles.
Danno invece, involontariamente,
argomenti al partito degli «abolizionisti» i dati della Banca d’Italia sulla pressione fiscale salita nel nostro paese dal 42,6 del 2011 al 44 per cento del 2012: scavalchiamo così la Finlandia e ci piazziamo al quarto posto per il peso del fisco tra i 17 paesi dell’euro (eravamo al quinto nel 2011). Peggio di noi stanno: il Belgio (47,1 per cento), la Francia (46,9 per cento) e l’Austria (44,2 per cento).
Accendono il dibattito anche le condizioni di malessere dell’economia
dove, nonostante la crisi, il gettito fiscale sembra stabile (-0,2 nei primi cinque mesi dell’anno, ma l’Iva flette del 6,8 per cento). Secondo l’Istat la caduta della spesa per consumi delle famiglie
italiane nel 2012 è stata del 2,8 per cento, il dato peggiore negli ultimi quindici anni. Si risparmia anche a tavola: la percentuale delle famiglie che ha ridotto la spesa per generi alimentati è salita dal 53,6 per cento del 2011 al 62,3 per cento del 2012. Tenta si smarcare il governo dalla tenaglia Imu-Iva il viceministro dell’Economia, Luigi Casero (Pdl) che in una intervista ad «Avvenire » annuncia per settembre il provvedimento per tagliare le tasse in busta-paga.

PEZZO DI REPUBBLICA DI DOMENICA 7/7 (OGGI)
ROMA
— L’operazione di “rimodulazione” dell’Imu sta imboccando l’ultima curva. La tempistica è stata dettata dal ministro dell’Economia Saccomanni: prima delle vacanze. Le modalità sancite dal discorso di Letta in Parlamento: “riforma” dell’attuale tassazione sulla casa. I tecnici sono al lavoro per trovare una soluzione e, ad oggi, il campo delle ipotesi di intervento si è ristretto a due. La prima è quella più tradizionale, di cui si discute da settimane e che sarebbe in grado di esentare dal pagamento l’85 per cento di coloro che possiedono la prima casa. Si tratterebbe di elevare, figli esclusi, la franchigia di ulteriori 400 euro che si aggiungono agli attuali 200 di base portando il totale delle detrazioni a 600 euro. In questo modo il livello di coloro che non pagano l’Imu sulla prima casa si alzerebbe e la tassa rimarrebbe a carico solo di coloro che possiedono abitazioni con una rendita catastale molto alta. Tuttavia con questo meccanismo, a scarsa selettività, non si riuscirebbe a colpire immobili di basso valore catastale, spesso situati nei centri storici, ma con un alto valore di mercato e abitati dalle fasce più abbienti. A meno che non si leghi l’entità della detrazione al reddito Isee come emergerebbe dagli orientamenti della Commissione Finanze del Senato. Questa operazione viene comunque valutata in un costo approssimativo di 3,3 miliardi.
Nelle ultime ore tuttavia si sarebbe concretizzata una nuova ipotesi tecnica. L’obiettivo sarebbe sempre quello far pagare l’Imu a chi sta meglio ed esentare le fasce più basse. Il parametro sarebbe tuttavia quello della classe catastale di appartenenza dell’abitazione: verrebbe tracciata una linea di demarcazione tra esenti e pagatori, come del resto è stato fatto per il rinvio dell’acconto di giugno quando le classi catastali di lusso (A/8, A/9 e A/1, circa 44.792
abitazioni principali) hanno continuato a pagare mentre tutte le altre tipologie hanno beneficiato del rinvio. A differenza di allora il nuovo provvedimento prevederebbe lo spostamento, dalla classe degli esenti a quella dei pagatori,
della cruciale categoria A/7, quella dei villini, che sarebbe di fatto equiparata ad una abitazione di lusso. Non si tratta di una cosa di poco conto: i villini, cioè le casette a schiera e le bifamiliari, che popolano la tranquilla provincia italiana, sono 1 milione e 333 mila pari al 6,5 per cento del totale e in grado di fornire 800 milioni di gettito secondo le stime della Uil servizio politiche territoriali. Presumibilmente abitate dalla piccola borghesia. Il popolo dei villini si troverebbe così colpito di nuovo dall’Imu prima casa: dal punto di vista del numero degli esenti, l’operazione avrebbe sicuramente un impatto positivo in grado di sgravare la maggioranza dei possessori di prima casa (circa il 90 per cento).
Tuttavia anche in questo caso il parametro della classe catastale di appartenenza non garantirebbe la selettività in base alla situazione patrimoniale del contribuente. Molti villini vengono infatti ancora accatastati in classi come la A/2 e non cadrebbero così nelle maglie della nuova Imu. Inoltre resterebbe sempre aperto il problema di far pagare agli attici di Piazza di Spagna e Via Montenapoleone, oggi ancora spesso inseriti in classi popolari, in base ad una adeguata rendita catastale.
Tutto ciò a meno che non si inserisca all’ultimo momento la variabile-Fassino. Il nuovo presidente dell’Anci ha sul suo tavolo il dossier-Imu, con i Comuni in cronica mancanza di liquidità. Costretto ad agire rapidamente, il governo potrebbe decidere di mettere una croce sopra l’Imu e di stabilire che la tassa sulla casa si paghi non più in base alle rendite catastali ma in base ai metri quadrati e ai componenti del nucleo familiare. Saranno così i singoli Comuni, sotto i propri gonfaloni, a gestire le maggiori imposte che gravano sulla prima casa.