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 2013  luglio 07 Domenica calendario

Arbitro decapitato, l’orrore che scuote il Brasile Il ventenne aveva accoltellato a morte un calciatore, subito vendicato dai familiari RIO DE JANEIRO — Ora Luis dice che l’arbitro non volevano mica ammazzarlo con le loro mani, e nemmeno decapitarlo e farlo a pezzi

Arbitro decapitato, l’orrore che scuote il Brasile Il ventenne aveva accoltellato a morte un calciatore, subito vendicato dai familiari RIO DE JANEIRO — Ora Luis dice che l’arbitro non volevano mica ammazzarlo con le loro mani, e nemmeno decapitarlo e farlo a pezzi. «No, no. Lo abbiamo legato a un palo in attesa della polizia, ma dopo un’ora e mezza e un sacco di telefonate, e visto che non arrivava nessuno...». La polizia è arrivata infine a prendere lui, la fuga è durata appena un paio di giorni, e per i suoi due compari pare manchi poco. Per chiudere il sipario su una storiaccia di sangue, ignoranza e calcio. Quest’ultimo appena come pretesto, a dire il vero. È domenica pomeriggio, campetto di periferia lungo una strada di terra rossa e buche, che taglia quel poco che resta della foresta amazzonica in questa regione. Siamo a Pio XII, paesotto del Maranhão, nord del Brasile. Si è mangiato e bevuto, l’ultima carne rosola bruciacchiata sulla churrasqueira, nei secchi del ghiaccio galleggiano le lattine vuote di birra. Familiari e amici a bordo campo, e gli uomini della domenica sono pronti alla sfida, nonostante caldo e umidità da scoppiare. È una partitella senza valore, ma presa assai sul serio. C’è anche un arbitro, ha appena 20 anni e si chiama Otavio Jordão, un ragazzo del paese che ha da poco scoperto questa passione. E c’è in campo Josenir Abreu, un difensore lento ma scalmanato. Saltato per l’ennesima volta da un avversario, lo prende da dietro per la maglia e gli stringe un braccio attorno al collo. Fischia l’arbitro, cartellino rosso, fuori! Josenir si arrabbia di brutto, «ragazzino di merda, sei venuto qui a divertirti, a rovinarci la partita?», e chiude con un calcio sullo stinco dell’arbitro, di quelli che fanno male, prima di lasciare il campo. Otavio è piccolino, timido, ha le orecchie a sventola. Ha perso la madre da poco, travolta da un autobus. Non sa cosa fare, e perde la testa. Nella borsa a bordo campo ha una roncola, di quelle che tutti si portano dietro in queste zone per tagliare rami, farsi largo tra l’erba, ammazzare serpenti. Si avvicina a Josenir e lo colpisce al petto. Un urlo, l’uomo tenta di rialzarsi ed ecco il secondo colpo, il sangue schizza ovunque. Tutti in campo, urlano le donne e i ragazzini; il gruppo si divide in due, c’è chi soccorre il ferito e lo porta in paese, dove forse si troverà un medico; gli altri si accalcano attorno al ragazzino Otavio. C’è chi vorrebbe linciarlo subito, partono calci e pugni ma poi prevalgono i moderati: lo leghiamo a un palo e chiamiamo la polizia. Poi, come racconta Luis Moraes, l’uomo arrestato, gran parte della gente se ne va a casa e gli agenti non arrivano. È domenica anche per loro. Intanto dal paese qualcuno torna di corsa gridando che Josenir non ce l’ha fatta. È morto dissanguato, per i due colpi di roncola. Aveva 30 anni, lavorava alle Poste e in una radio comunitaria. Sono i due fratelli Francisco e Josimar de Sousa, allora, a prendere la decisione. Giustizia sommaria e accanimento. L’arbitro ragazzino è stordito a calci e pugni, poi Francisco prende la sua roncola e infierisce sul corpo. Gli stacca le braccia, poi le gambe. La testa di Otavio viene piantata orrendamente su un paletto che delimita il campo. Qualcuno filma il tutto con il cellulare, le immagini arrivano alla polizia, non ci sono dubbi sugli assassini. Pio XII ha quasi 30.000 abitanti, metà dei quali vivono di sussidi del governo, gli altri di agricoltura, traffici e altre attività spesso illegali in questa regione, come il legname tagliato nella foresta. Lo chiamarono così perché fu fondato alla fine del 1958, poco dopo la morte di papa Pacelli. La cosiddetta civiltà che avanzava verso l’Amazzonia, a quei tempi del tutto priva di protezione. Ancora oggi metà della popolazione qui è analfabeta. Tutti i protagonisti della vicenda sono persone umili, con lavori precari, una vita difficile e ingiusta. La storia recente di questa regione, raccontata su Wikipedia da qualcuno assai indignato, sembra tratta da un testo del Seicento. Ci sono baroni della politica, latifondisti e criminali che spadroneggiano. L’impunità è la norma, il concetto di giustizia una chimera. È un Brasile lontano anni luce da quello visto in tv tra gli stadi lucenti delle Coppe, e dai ragazzi delle grandi città che sognano un futuro migliore scendendo in strada con i loro cartelli scritti a mano. Ma è un Brasile che esiste ancora. E fa due morti, uccisi in modo orrendo, appena per un fallo di gioco, da dietro. Forse fischiato correttamente da Otavio. Assassino e poi vittima. Rocco Cotroneo