???, Corriere della Sera 7/7/2013, 7 luglio 2013
L’isola dei turisti e gli immigrati invisibili Negli alberghi è tutto esaurito mentre al molo sono ripresi gli sbarchi La casa di Berlusconi mai abitata e la spiaggia con l’abuso di Modugno Roberto e Francesca Rossi Umberto e Gemma Moscato Silvia, Lorenzo e Gabriele Deri LAMPEDUSA — Ci ha provato per dieci anni Claudio Baglioni a svegliare il sonno dell’Europa cantando «O’ Scià» dalle spiagge di Lampedusa
L’isola dei turisti e gli immigrati invisibili Negli alberghi è tutto esaurito mentre al molo sono ripresi gli sbarchi La casa di Berlusconi mai abitata e la spiaggia con l’abuso di Modugno Roberto e Francesca Rossi Umberto e Gemma Moscato Silvia, Lorenzo e Gabriele Deri LAMPEDUSA — Ci ha provato per dieci anni Claudio Baglioni a svegliare il sonno dell’Europa cantando «O’ Scià» dalle spiagge di Lampedusa. L’ha scritto e recitato Moni Ovadia il coraggio di quest’isola capace di gridare no ai respingimenti dei migranti in un Mediterraneo con migliaia di morti senza nemmeno un nome. E hanno amplificato l’appello il cinema di Emanuele Crialese o la rassegna di Massimo Ciavarro. Ma ci voleva Papa Francesco per scuotere il mondo, con la visita di domani, in un’isola in festa, come succede qui ad ogni manifestazione, trasformando il dramma in un inno alla vita. E forse per questo, rientrando dopo una nuotata dall’incanto dell’Isola dei conigli, Roberto e Francesca Rossi, due ragazzi di Verona, caschi e motorino, sono stupiti dalla contraddizione in cui si ritrovano: «Leggevamo dei naufragi, del dolore, ma qui la magia dell’isola si sovrappone su tutto». Proprio come pensano Umberto e Gemma Moscato, due ispettori di polizia in pensione, arrivati da Bergamo: «I migranti è più facile vederli in Tv che qui, fra gli ombrelloni della Guitcja o, la sera, fra i bar di via Roma». La verità è che c’è «un’isola carica di un dramma celato a se stessa», come spiega Angela Lo Canto, una signora di Palermo che col fratello milanese ha comprato casa su Cala Palme, a due passi dal molo dove due anni fa s’ammassarono quattromila tunisini abbandonati sulla collinetta del disonore. Immagini dimenticate mentre da giorni riprendono gli sbarchi sfiorando già gli ottomila arrivi dai primi dell’anno, come dice Flavio Di Giacomo, portavoce Oim, l’organizzazione internazionale per le migrazioni. Istantanee che richiamano le promesse non mantenute di Berlusconi, l’acquisto della villa a Cala Francese dove non è mai arrivato, le cento visite di ministri, capipartito e commissari europei al Centro accoglienza di contrada Imbriacola chiuso, riaperto, incendiato, ristrutturato, ristretto «secondo logiche ballerine legate al cambio di guardia di governanti e sindaci». È lo sfogo di Giovanna Licciardi che ha scritto di suo pugno il lenzuolo da oggi steso vicino alla parrocchia, sul corso: «Papa Francesco, sei l’unica speranza concreta». Perché lei, come tanti che ci vivono tutto l’anno, conosce il gioco dei riflessi per cui il turista può non cogliere il dramma di Lampedusa, esperta nei cambi di scena. Con pescatori e ciceroni, albergatori e ristoratori bravi come giocolieri a salpare per il giro in barca dal molo accanto a quello degli sbarchi, magari sfiorando la motovedetta che rientra da sessanta miglia col suo carico dolente. Ovvero ad accendere le notti senza fine fra i caffè-concerto dove qualche anno fa cantava, sconosciuto, Mario Biondi. Un gioco di specchi nel quale capisce d’esser finita Simona Coppa, senza rimpianti ieri all’aeroporto ripartendo per fine vacanza proprio alla vigilia del grande giorno: «Sotto casa mia, a Milano, vedo migranti a non finire, mentre qui non ne ho incontrato uno. Il Papa? Lo ammiro. Un po’ meno quelli che arrivano solo per fotografarlo...». E ne arrivano tanti. Ma l’isola era già piena prima del clamoroso annuncio e non si trovava un posto in albergo, come assicura pure il più indaffarato e affannato lampedusano impegnato nelle operazioni di accoglienza, don Stefano Nastasi, il parroco che invitando il Papa non immaginava di ricevere una risposta immediata: «Ha colto il complesso dei nostri tormenti». Si lustra il selciato, si srotola la rete del campo sportivo per farne una navata a cielo aperto, il pietrisco copre la polvere di sempre pure davanti alla Riserva marina dove il Papa dirà Messa ed è arrivato il circo televisivo con parabole, riflettori e telecamere, ma don Stefano non può non pensare alle notti passate nel magazzino accanto alla sua chiesa con i ragazzi di Askavusa a raccogliere maglioni e coperte per i migranti all’addiaccio. Ecco il tormento degli ultimi vent’anni che il mare cristallino a volte inghiotte. In un contrasto colto da Stefania Mozzanica, infermiera a Reggio Emilia, tornata come turista dopo uno stage fatto con l’Arci al Centro accoglienza: «Due anni fa per due settimane come volontaria fra i disperati. Ma anche allora lasciavo il centro e dopo due chilometri mi ritrovavo in spiagge dove nessuno sapeva e s’accorgeva». «Due mondi estranei. Baldoria e relax. Sofferenza e pena», come confermano Silvia Lorenzo e Gabriele Deri, costretti anche loro a ripartire per Cavriglia sul Valdarno senza vedere il Papa, spiegando al loro figliolo l’importanza della visita mentre lasciano il paradiso scoperto da Domenico Modugno quando costruì l’unica villa sopra la spiaggia dell’Isola dei conigli. Piccolo grande abuso incastonato nella roccia, a differenza del disastro che avrebbe voluto compiere Michele Sindona con un ecomostro poi abbattuto dalle ruspe, di altre violazioni maturate nel secolo scorso, adesso ai raggi X di inchieste che ruotano spesso su chi non c’è più. Anche se si contano i danni della cricca di politici e ingegneri inseguiti da arresti e processi, spazzati via l’anno scorso dal Comune dove s’è imposta come nuovo sindaco la pasionaria di Legambiente, Giusy Nicolini. Eccola mentre corre a controllare l’area dei barconi sequestrati agli scafisti, monumento all’orrore e ai lutti del Mediterraneo: «Il gesto di Papa Francesco cambierà la storia. E l’Europa non potrà più far finta di non vedere, non potrà girarsi dall’alta parte perché lui rende visibili gli invisibili...».