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 2013  luglio 04 Giovedì calendario

VESPRI SICILIANI COL KALASHNIKOV

I tedeschi amano Verdi, ma hanno la mania di metterlo in scena a modo loro. Mai, o quasi mai, che si possa vedere un’opera, come dire, in versione originale. Il Rigoletto non si svolge a Mantova ma in una Sicilia mafiosa. La Traviata è attorniata da SS in alta uniforme, e il Simon Boccanegra è ospitato in una stazione, chissà perché.
Non me ne vado mai prima della fine, a teatro o al cinema, ma una volta non ho resistito a un Nabucco con i costumi di Orfeo all’Inferno, tramutato quasi in un’operetta di Offenbach.
A me piacciono le regie originali, difficile però trovare qualcosa di nuovo che sia anche intelligente. Ho visto già quasi tutto negli anni Sessanta, Amleto che arriva in moto e Don Giovanni cocainomane. Ora, per le celebrazioni del duecentesimo anniversario di Verdi, all’Opera di Francoforte hanno scelto i Vespri siciliani, che vengono dati di rado da queste parti, e il regista Daniel Herzog ha avuto un’idea che avrà trovato geniale. L’azione si sposta dalla Palermo del 1282 alla Germania degli anni Settanta, e a ribellarsi non sono i siculi ma i terroristi della Baader-Meinhof, giovani che sfidano il potere borghese, invece che i francesi.
Bisogna anche ammettere che i Vespri sono un pasticcio fin dalla nascita, e che si svolgano a Palermo è dovuto al caso. Il libretto in cinque atti è di Eugène Scribe e di Charles Duveyrier. Ed è già beffardo che la rivolta antifrancese sia stata commissionata a Verdi dai francesi, e che gli eroi palermitani cantino ovviamente in francese. E di verosimiglianza con il fatto storico è rimasto ben poco, questo in un’opera è normale. Paradossalmente l’unico personaggio storico è quello che sembra meno probabile, l’eroe Jean da Procida. Era stato un medico abile nei complotti di palazzo alla corte degli Hohenstaufen.
Verdi giunse a Parigi nel 1853 accompagnato dalla soprano Giuseppina Strepponi, sua amante di lunga data, e che sposerà solo anni dopo. E tutto si complica. Scribe cerca di rifilargli libretti già scritti e rimasti nel cassetto. Non gli piace Les circassiens? Allora ecco Wlaska, les amazones de Bohème.
Verdi preferisce qualcosa di più vicino alla sua anima di lombardo. Scribe gli presenta Le Duc d’Albe, scritto nel 1839 per Donizetti. Il compositore era morto nel ’48 senza completare l’opera. Va già meglio. Un libretto sull’oppressione spagnola nelle Fiandre del 1573. Però i Paesi Bassi sono freddi, meglio scegliere un’altra terra più calda. Che ne dice Scribe di Napoli? Il francese è scettico: si penserebbe alla Muta di Portici di Auber. Spagnoli in Belgio, perché no ai francesi in Sicilia? Si potrebbe spostare l’azione a Palermo, e così Scribe adatta il Duca d’Alba. E sarà un pasticcio, uno ancora.
Verdi non sapeva nulla della Sicilia, e scrisse a un amico napoletano per avere ragguagli sulla festa di Santa Rosalia, patrona di Palermo. Un po’ di folklore locale non sarebbe andato male. Chiedere consiglio a un napoletano su Palermo? Solo un siciliano comprende fino in fondo l’orrore.
I Vespri Siciliani, anzi Les vepres siciliennes, andò in scena puntuale il 13 giugno del 1855. Fu un gran successo. Ma continuò a essere malvista dalle autorità. In Italia fu ribattezzata Giovanna di Guzman, e ambientata in Portogallo. Al San Carlo di Napoli divenne Batilde di Turenna. Per finirla, la Sicilia fu un pretesto, una bella storia scelta per caso, senza preoccuparsi né di Palermo né dei siciliani. Quindi perché non mettere in scena Ulrike Meinhof e Andreas Baader? Penso che non avrò l’occasione, né la voglia, di vedere i Vespri a Francoforte, ma mi resta la curiosità di vedere come e quando il terrorista Andreas potrà cantare: «O tu, Palermo, terra adorata», l’aria più bella dell’opera. Ma l’idea del regista fa anche riflettere: sarebbe mai possibile qualcosa di simile alla Scala? Mettere in scena le Brigate Rosse con le musiche di Verdi o di Rossini? La Germania, bene o male, ha chiuso i conti con il suo terrorismo.