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 2013  luglio 04 Giovedì calendario

CORSIVI

Il fiammeggiante dramma egiziano conferma che c’è grande confusione sotto il sole. Perfino alla voce, un tempo indiscutibile, “democrazia”. Il partito islamista aveva vinto democraticamente le elezioni: il Cairo è una metropoli quasi moderna, quasi laica, ma le campagne sono “in mano ai preti”, come avremmo detto noi italiani parecchi anni fa, e l’Egitto povero e rurale ha dato il suo voto ai Fratelli Musulmani. Alzi la mano, però, chi non è contento della messa in mora di quel voto e di quel consenso, alzi la mano chi non fa il tifo per il Cairo, per la capitale, contro il contado reazionario. Ma basta a giustificare un colpo di Stato, questa difesa disperata della “modernità” – qualsiasi cosa essa significhi – contro l’arcaismo? Si vedono certe barbe fanatiche, in giro per il mondo arabo, che fanno venir voglia non di uno, ma di dieci eserciti che (come in Algeria, al prezzo di molto sangue) impediscano con ogni mezzo all’integralismo islamista di prevalere. Ma che legittimità ha un potere non eletto dal popolo che contraddice e annulla un potere eletto dal popolo? L’esercito ha prestigio, spiegano gli analisti, e rappresenta l’unità del Paese. Ma della democrazia, quando è d’impiccio, che ne facciamo? Facciamo finta di niente?