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 2013  luglio 02 Martedì calendario

AZZERATI I VERTICI DELLO IOR

Il vento nuovo di papa Francesco finalmente si abbatte sullo Ior e spalanca le porte della banca vaticana. Ne escono il numero uno e il numero due dell’Istituto, indagati per violazione delle norme antiriciclaggio da tre anni dai pm romani Nello Rossi e Stefano Fava, senza che il segretario di Stato Tarcisio Bertone muovesse un dito. Da ieri le funzioni di direttore dell’Istituto sono state assunte ad interim dal presidente dello Ior, il tedesco Ernst von Freyberg, che sarà coadiuvato da Rolando Marranci in qualità di vice direttore e da Antonio Montaresi nella nuova posizione di chief risk officer. Si cercano due sostituti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il coinvolgimento dello Ior nell’indagine su Nunzio Scarano. Il monsignore salernitano è stato arrestato venerdì scorso con l’accusa di avere corrotto l’agente dei servizi segreti italiani Giovanni Zito perché riportasse in Italia 20 milioni di euro giacenti sul conto del broker Giovanni Carenzio in Svizzera, anche lui arrestato. Nel corso dell’indagine la Guardia di Finanza intercetta Scarano mentre parla con il vicedirettore Massimo Tulli. Si danno del tu e Scarano gli chiede di mettere a disposizione somme in contante disponibili sul suo conto Ior. Anche Paolo Cipriani è citato in alcune conversazioni indirette. Attività bancarie, certo, magari ordinarie, ma che imbarazzano la Santa Sede. Così le dimissioni dei due manager ieri sono state accettate dalla commissione dei cardinali e dal board di sovrintendenza. Per capire quanto sia vasta e preoccupante per lo Ior l’indagine bisogna leggere l’informativa depositata nel febbraio scorso dalla Guardia di Finanza.
Vi si legge che la somma depositata all’estero sui conti del broker amico di Nunzio Scarano sarebbe di 400 milioni di euro. “Le altre conversazioni telefoniche captate – scrivono le Fiamme Gialle – in tale direzione hanno consentito di chiarire che le disponibilità riconducibili a Giovanni Carenzio – poi quantificate dagli interlocutori in circa 400 milioni di euro – risultavano allocate presso una banca svizzera”. Il Nucleo di Polizia Tributaria guidato dal generale Giuseppe Bottillo ha denunciato ai pm romani, oltre ai tre arrestati (Nunzio Scarano, Giovanni Carenzio e l’ex agente dei servizi segreti italiani, Giovanni Zito) altre sei persone, tra i quali non ci sono i due armatori Paolo e Cesare D’Amico, titolari presunti dei 20 milioni che dovevano rimpatriare, perché sono indagati per dichiarazione dei redditi infedele separatamente. Tra i denunciati c’è anche il dentista Roberto Letta (gli indagati lo definiscono cugino di Gianni Letta, ma il dentista al Fatto smentisce) che ha incassato 190 mila euro dai libici esuli per cure dentistiche; poi c’è Massimiliano Marcianò che architetta un giro di assegni con la complicità di Scarano per far passare i guadagni di Letta come donazioni esentasse a un sacerdote amico di Scarano, don Luigi Noli, anche lui denunciato. Poi c’è il direttore dell’agenzia di Unicredit del centro commerciale “I Granai”, Sergio de Felicis, sospettato di essere troppo compiacente con gli amici di Scarano e che forse anche per questo doveva essere raccomandato addirittura al-l’amministratore di Unicredit Federico Ghizzoni per un posto migliore. Poi altri piccoli e grandi comparse delle spericolate attività di Scarano come il pilota dell’aereo, Gianni Vettorazzi, che doveva riportare i 20 milioni di euro dalla Svizzera. O piccoli presunti evasori, come Giorgio Genovese, il venditore di un box auto a monsignor Scarano in quel di Salerno.
I personaggi più importanti però non sono i denunciati ma quelli che sono presenti - come protagonisti o solo citati - nelle intercettazioni telefoniche del-l’indagine. A partire dal direttore della gendarmeria vaticana Domenico Giani e il suo braccio destro, il colonnello Costanzo Alessandrini. I due, inconsapevoli dei reati del monsignore, nelle telefonate intercettate si mettono a disposizione di Scarano. E anche la loro posizione potrebbe traballare. La vicenda riserverà altre sorprese. Scarano dice a Marcianò, che ha conosciuto almeno otto persone che hanno consegnato denaro a scopo d’investimento a Giovanni Carenzio per una “somma che complessivamente si aggirerebbe intorno ai 70-80 milioni di euro”.
Nunzio Scarano parla spesso con l’ex numero due dello Ior. A Massimo Tulli dice con tono amicale: “Avrei bisogno, perché l’ho chiesto a Roberto ma evidentemente Roberto non aveva inteso, di due cose importanti... e magari vengo a prenderlo quando tu mi dici... un estratto conto di tutto l’anno, dall’inizio dell’anno, del fondo anziani, con tutti i movimenti e poi invece la mia posizione attuale, cioè il mio totale di tutto quello che io ho, con i vari investimenti!”. E Tulli risponde: “Va bene! Lo faccio preparare, adesso glielo dico a Roberto perchè non stò al posto mio... due minuti che lo contatto e lo faccio preparare”.
In un’altra intercettazione, Scarano e l’amico Massimiliano Marcianò dicono che Tulli ha paura.
Scarano: Sei stato da Tulli, no? Come è stato? Gentile? Sì? Vabbè.
Marcianò: Sì... solo che tiene una fifa... quello tiene proprio... tiene u’ peperoncino tiene.. c’ha il tremolio c’ha...
Scarano: ah sì? E va be’.... (incomprensibile) devo vedere... vabbe’, mo’ quando vieni ne parliamo.
Il 5 settembre del 2012, Tulli viene citato anche nell’operazione relativa ai soldi incassati dai libici e sui quali, secondo la Guardia di Finanza (ma lui nega) il dentista Roberto Letta non voleva pagare le tasse. Secondo la Finanza: “Inequivocabilmente la provvista di denaro contante complessivamente procurata dai sacerdoti Nunzio Scarano e Luigi Noli è stata destinata proprio al dentista Roberto Letta; di tale importo fanno parte anche 10 mila euro prelevati direttamente allo Ior da Massimiliano Marcianò, previi accordi diretti con Massimo Tulli”.

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DA GOTTI TEDESCHI A OGGI, BUFERA CONTINUA -
Le dimissioni di Cipriani e Tulli sono l’ultimo atto di una vicenda che inizia nel settembre del 2010 quando i vertici della banca Vaticana, insieme al presidente di allora Ettore Gotti Tedeschi, sono indagati dalla Procura di Roma per violazione del decreto legislativo 231 del 2007, la normativa di attuazione della direttiva Ue sulla prevenzione del riciclaggio.
IL PRESIDENTE Gotti Tedeschi assume un atteggiamento più collaborativo e nel suo interrogatorio, con i pm Stefano Fava e Nello Rossi, sostiene di essere un fautore della chiusura dei conti cifrati che indicano personaggi laici. Ben diversa la linea di Paolo Cipriani che, anche davanti ai pm, sembra molto più legato alle gerarchie vaticane che interessato alle esigenze della giustizia. Gotti Tedeschi vuol fare fuori Cipriani e al consiglio dello Ior del 24 maggio 2012 vuole chiederne la rimozione. Però il segretario di Stato Tarcisio Bertone non segue la sua linea. I consiglieri dello Ior lo anticipano e lo sfiduciano. Intanto i pm romani avevano sequestrato 23 milioni di euro dello Ior nel settembre del 2010. Per dare un segnale positivo, il 30 dicembre 2010 il papa in persona vara la normativa “per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario”. Quella legge istituiva in Vaticano l’Autorità di informazione finanziaria (Aif), per il contrasto del riciclaggio e prevedeva per questa autorità la possibilità di effettuare ispezioni sui conti Ior e di comunicare i risultato all’Uif stessa, che poi li avrebbe girati ai magistrati. Sembra una rivoluzione. Ma è solo una finta. Quando la Procura dissequestra i 23 milioni nel maggio 2011 perché “l’Aif ha già iniziato una collaborazione con l’Uif fornendo informazioni adeguate su di un’operazione intercorsa tra Ior e istituti italiani”, la Segreteria di Stato ingrana la retromarcia. Il 25 gennaio 2012 è stata approvata una nuova direttiva che cancella i poteri di ispezione dell’Aif e li subordina a un nulla osta della Segreteria di Stato ai regolamenti (mai emanati) della Commissione Pontificia e a un protocollo di intesa Uif-Aif che non è mai stato siglato.
COSÌ la Procura continua a lavorare e scopre altri casi di utilizzo dei conti dello Ior per schermare operazioni illecite. Si va dai soldi delle truffe di un avvocato romano legato a un imprenditore di spicco vicino alla banda della Magliana, ai fondi della legge 488 per le aree depresse ottenuti illecitamente da una famiglia catanese vicina alla mafia. In tutti questi casi c’è un sacerdote titolare di un conto in Vaticano sul quale girano i soldi per poi tornare in Italia ripuliti dallo Ior. L’ultimo caso è monsignor Scarano che organizza insieme a un agente dei servizi segreti il rientro di 20 milioni giacenti su un conto in Svizzera gestito dal broker Giovanni Carenzio. Lo Ior non aveva segnalato alcuna operazione sospetta. Il vicedirettore Massimo Tulli gli dava del tu e parlava al telefono con il monsignore delle operazioni bancarie di prelievo in contanti. Quando escono le prime notizie dopo l’arresto di Scarano, suona l’ora delle dimnissioni.

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IL DENTISTA DAI LIBICI 200 MILA EURO "IN NERO" -
C’è anche la figura di un dentista nella vicenda di monsignor Scarano e i conti allo Ior. Si tratta di Roberto Letta, che avrebbe negoziato “in nero” dei titoli bancari per complessivi 200 mila euro emessi a suo favore dall’Ambasciata libica per alcune prestazioni, cure dentistiche, a favore di profughi di guerra libici presenti sul territorio italiano. Al telefono con Scarano, lo 007 Giovanni Maria Zito afferma: ”Quei titoli sono non trasferibili, mo vedo io come posso fare”. A quel punto raccontano le carte dell’inchiesta Zito avrebbe preso contatti con il funzionario della Unicredit con il quale si è accordato per aprire un conto corrente a nome del dentista Letta sul quale versare temporaneamente i titoli e ricevendo la garanzia del funzionario di non fare segnalazioni di operazioni sospette. in un secondo momento, avrebbe proceduto alla “monetizzazione del relativo controvalore in un’unica soluzione”. Il 23 settembre scorso al telefono con uomo non identificato, lo 007 parla del dentista asserendo che si tratti del cugino di Gianni Letta. Sentito da il Fatto, Roberto Letta ha smentito categoricamente la circostanza e la parentela con i Letta.

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GENDARMERIA, 007 E CRIMINALPOL: TUTTI CON "DON 500 EURO" -Monsignor Nunzio Scarano, finito in cella per corruzione quattro giorni fa, aveva contatti di altissimo profilo. E li usava per farsi restituire i 400 mila euro pagati al suo complice dei servizi segreti, Giovanni Zito, con il quale aveva litigato. Nelle intercettazioni che Il Fatto ha visionato ci sono conversazioni con il capo della gendarmeria vaticana, Domenico Giani e persino con il direttore della Direzione centrale anticrimine italiana (Dca), il prefetto Gaetano Chiusolo. Tutti rapporti finiti nell’informativa del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di Finanza guidato dal generale Giuseppe Bottillo e depositata in Procura di Roma a febbraio.
Scarano aveva dovuto pagare 400 mila euro a Zito perché questi aveva noleggiato un aereo ed era andato in Svizzera ad aspettare invano i 20 milioni di euro da rimpatriare. Dopo avere sganciato gli assegni, però Scarano vuole i soldi indietro e cerca di accreditarsi come vittima. In questo quadro si inseriscono i contatti con i vertici delle forze di sicurezza del Vaticano e dell’Italia, che lo stanno ad ascoltare. A raccontare dell’interferenza del capo della gendarmeria vaticana Giani, l’uomo che ha arrestato Paolo Gabriele, è lo stesso Scarano al telefono con Massimiliano Marcianò il 12 novembre scorso.
Marcianò: che impressione ha avuto? Lui [Giani,ndr] già conosceva Zito [l’agente dei servizi segreti]?
Scarano: No! [Giani] mi ha detto: non lo conosco proprio! Io ho detto: l’unica cosa che ti posso dire, perché è stato veramente gentile [Giani], ha detto: che cosa lei vuole che io faccia, perché per me innanzitutto è un onore riceverla, noi ci siamo sempre guardati a distanza; [Giani] ha detto: questo è molto grave, va licenziato! Ho detto: non voglio fargli del male, voglio soltanto che viene messo nella condizione di restituirmi quello che mi deve! Vorrei che [Zito] fosse messo fuori dal Vaticano e dalla realtà degli ordini equestri, ho detto: altrimenti sarò io a dare le dimissioni dagli ordini equestri, perché dico: se c’è questo tipo di persone e considerando che lei [Giani] è il capo io ho ritenuto opportuno farle presente di questa realtà perché è un inconveniente in meno, hai capito? Poi gli ho detto della tua presenza, [Giani] ha detto: ma non c’è bisogno, mi è tutto chiaro; poi chi è uscito da lì [intende dall’ufficio di Giani]? Salvatore Festa, suo grande amico [di Giani]! Quando io ho fatto l’elenco dei nomi [degli alti funzionari dei Servizi], dice: no, Motta è molto amico mio, La Motta (il prefetto arrestato Ndr), dice: quest’altro, De Gennaro, per carità, siamo intimi, e poi il direttore generale; dice: non c’è nessun problema per lui; [Giani] ha detto: io provengo da quella realtà [intendendo evidentemente dai Servizi segreti italiani]! ma quel tipo di persone lì non deve esserci! Ho detto: non voglio in questo momento, voglio prima uscire fuori poi dopo nel tempo deciderete, lo metterete sotto controllo, farete quello che volete, dico: però al momento il mio obiettivo è solo questo! Ho detto: sono stato troppo buono, anche forse stupido, ma mai all’idea di avere a che fare con un lestofante e si è negato sia alle mie telefonate sia a quelle dell’amico comunque presente alla situazione. [Giani] Ha detto: ma poi non c’è bisogno adesso, anche perché ha detto: non ha firmato nessuna testimonianza, lui si è reso... si è dato la zappa sui piedi perché l’assegno è firmato a lui, quindi è lui che l’ha incassato e non un altro! Ho fatto la copia dei documenti in modo tale che tiene tutto! Ha voluto la fotocopia soltanto dell’attestato del certificato di nascita [di Zito], perché ha detto: così ho notizie. E poi gli ho detto anche di tutte le bugie che mi ha detto [Zito], che lui era nobile, che poi era andato a vedere, era addirittura informato sull’albero araldico della mia famiglia, e poi il fatto di vedere il mio conto corrente, e poi di vedere le ultime tre operazioni [bancarie] per far vedere che lui era informato, che lui aveva condizione di prendere un aereo privato del Sisde e fare quello che voleva, insomma ho detto: io credo che lui [Zito] si sia ingarbugliato in diversi mali affari, motivo per il quale non era persona degna di entrare in Vaticano. Gliel’ho buttata così, hai capito? Aerei eccetera eccetera, e poi qualunque cosa: ci penso io, ci penso io, sempre il risolutore di tutti i problemi tant’è vero che quando ha promesso a questo dentista [Letta] di fare questo e quello ci siamo resi conto che è un conto era normale, e in più 250 più 1500 il prezzo dell’ovetto eccetera, hai capito? Ho detto: a quel punto mi sono reso conto effettivamente che [Zito] era un imbroglione!
Scarano (continua): Dice [Giani]: monsignore, se si tratta di un generale e allora la cosa la dovevamo prendere con le pinze. Poi gli ho detto dell’associazione [Cattolici in Movimento], ho detto: io lì, tranne una persona per il resto non ho incontrato una persona per bene e tutto l’entourage del generale Speciale è un entourage squallido.
Tutto sommato devo dire che adesso io in questo momento ho giocato tutte le mie carte, tutto quello che potevo, gliel’ho detto anche a Maurizio [Romeo] il quale avrebbe telefonato a Gaetano [Chiusolo, capo della Criminalpol] per riferire, poi magari stasera o domani lo chiamo pure io per ringraziarlo, perché in realtà i cinque nomi che [Gaetano] mi ha dato, io ho detto [a Giani]: dottore, guardi, io mi sono incontrato con un alto funzionario dello Stato [il citato Gaetano] al quale ho chiesto eccetera, i nomi... allora [Giani] dice: il primo, dice no, no, questo è un mio caro e grande amico, quest’altro: dice si lo conosco benissimo, quest’altro è gentiluomo del papa e poi l’altro è andato via adesso che abbiamo fatto una riunione molto riservata io e lui, hai capito? quindi... io poi credo che [Giani] sceglierà un nome abbastanza impegnativo per poter... poterlo fare mandare qui, secondo me, e mi auguro anche che se viene sia l’ultima volta che [Zito] mette piede in Vaticano, eh!
MAURIZIO ROMEO è un imprenditore che definisce Scarano la propria guida spirituale. Sarebbe stato lui a metterlo in contatto con Gaetano Chiusolo, direttore della Direzione centrale anticrimine della Polizia. Il 14 settembre Scarano parla proprio con il prefetto Chiusolo. “Nel corso dell’intercettazione – è scritto nell’informativa – il sacerdote, nel ringraziarlo per l’interessamento alla sua vicenda, gli ha riferito sommariamente del suo incontro con Giani; Chiusolo gli ha chiesto, in ultimo, di essere informato in presenza di significativi sviluppi della sua vicenda”.
Dopo il prefetto, Scarano punta soprattutto alla gendarmeria Vaticana. Deve incontrarsi il 17novembre 2012 con Domenico Giani, ma l’incontro salta perchè questi è impegnato in una visita del papa in Libano e delega il suo braccio destro Alessandrini che ha diversi contatti, intercettati dalla procura, con Scarano. Costanzo Alessandrini rassicura il monsignore: “Non si preoccupi, monsignore, stia alla largadatutti.Lascifareanoi”,glidicealtelefono.Poi in una seconda intercettazione gli chiede un resoconto. A questo punto Scarano racconta anche dei dettagli sugli incontri avuti con il broker Giovanni Carenzio, anche lui finito poi in carcere: “Ho conosciuto Carenzio, tramite un Vescovo defunto, nel 1998, poi ancora tramite monsignor Gianfranco Piovano in piazza San Damaso, amico del vescovo di Pompei Toppi, presentatomi come persona di tutto riguardo, l’ho poi incontrato all’Ambasciata di Spagna, e in un ristorante romano con nomi autorevoli della politica, quando erano uomini potenti, (Mastella, Casini, Di Pietro, principe Ruspoli, la marchesa Marconi, la principessa Boncompagni) e poi ad altri ricevimenti addirittura alla destra della regina Sofia di Spagna ed a passeggio a Piazza Navona con l’infanta di Spagna e con tanto di guardie del corpo, ed ancora con personalità al Circola La Caccia di Palazzo Borghese”.
Poi ci sono ancotra altre intercettazioni tra Scarano e Alessandrini. Finché il 16 ottobre a chiamare è direttamente Giani.
Giani: Le volevo dire che io proprio in questi giorni avevo parlato con la direzione di questo signore no [con i dirigenti di Zito]? Avevo chiesto loro di dirmi cosa loro preferivano fare. Ma evidentemente ancora non mi hanno risposto quindi io direi che a questo punto io non credo che dobbiamo avere riguardo... Scarano: vada avanti, faccia quello che vuole! Liberamente e lo chiami!
Giani: No, io l’unica cosa però pensavo, se lui [Zito] venisse in Vaticano per qualche motivo... sarebbe molto... cioè se viene e conosce qualcun’altro che frequenta, oppure se lui in questo periodo si tiene alla larga... non le saprei dire perchè io non ho avuto più notizie.
Giani: Però il problema qual è? Che i fatti si sono verificati in Italia!
Scarano: E vabbè, poterlo invitare e incontrarlo fuori!
Giani: No, bisogna stare attenti qui, sa monsignore, bisogna stare molto attenti a tutto: lei i soldi glieli ha dati in Italia o glieli ha dati qui?
Scarano: Allora io i soldi glieli ho dati a casa mia che è zona extraterritoriale, alle quattro del mattino!
Giani: Perché lei dove abita?
Scarano: Santa Sede, mmm... la zona... palazzo... è zona extraterritoriale! Quindi può benissimo dire che è lì e basta! alle quattro del mattino alla presenza del dottore Marcianò perchè io ho avuto paura quella notte, lui era pazzo eh!