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 2013  luglio 03 Mercoledì calendario

INGEGNERI, PROGETTISTI, TRADUTTORI COSÌ IL LAVORO SI SCAMBIA ONLINE

OGNI giorno Michele Percich torna a casa per pranzo, accende il computer e controlla se qualcuno gli ha offerto del lavoro. Succede quasi sempre. Percich, 43 anni, da decenni è impiegato di banca a Trieste ma nel 2010 ha scelto il part-time: ha capito che la sua paga oraria sale di molto se, invece di stare in ufficio, nel pomeriggio lavora in proprio come programmatore di software per clienti che chiamano via Skype dagli Stati Uniti, dalla Germania, dall’India o dalla Cina.
Il segreto della è nella creatura che Fabio Rosati, un fiorentino di 49 anni, ha fatto crescere a Mountain View, nel cuore della Silicon Valley. L’azienda di cui Rosati è amministratore delegato di chiama Elance e funziona come una Borsa digitale del lavoro su cinque continenti. Come eBay scambia beni fra venditori e compratori, così Elance fa con la manodopera. Aziende da una parte, lavoratori dall’altra: tutti davanti a uno schermo sul sito di Elance, o della sua concorrente Odesk. Un’impresa in qualunque parte del mondo può offrire un compenso a chiunque fornisca un servizio che viaggi su un cavo a fibre ottiche: un prodotto di design, un’applicazione per iPhone, una traduzione o un testo pubblicitario. Negli ultimi tre mesi Elance ha intermediato quasi 100 mila offerte di lavoro; da quando l’attività è decollata, il volume dei compensi versati tramite sito è stato di 800 milioni di dollari, per una crescita del 50% sul primo trimestre di un anno fa.
Come su Bookings.com per gli alberghi o su eBay per gli oggetti, naturalmente anche ciò che si scambia su Elance è soggetto a una trasparenza feroce. Gli italiani che cercano una commessa tramite l’azienda di Rosati oggi sono poco meno di seimila, quasi tutti sotto i 40 anni, ma Percich eccelle perché i suoi clienti gli danno cinque stelle e un prezioso «100% recommended» .
«Ho smesso di cercare — confessa — ormai i committenti vengono da me».
Non che gli italiani siano i collaboratori più ambiti. Fra i 2,3 milioni di persone che esibiscono le proprie competenze su Elance, dominano americani, indiani, pakistani, ucraini, romeni o filippini. Solo in Pakistan sono già affluiti 40 milioni di dollari in compensi, mentre all’azienda di Mountain View va l’8,75% di ogni contratto. Fabio Rosati, da Palo Alto, è quasi brutale: «Ci piace rifugiarsi nell’illusione del posto fisso, ma dobbiamo accettare l’idea che ognuno di noi compete a livello globale. Non possiamo più evitare di essere competitivi». Ogni giorno Elance pubblica centinaia di grafici sulle tendenze, per far capire agli iscritti dove c’è lavoro e dove no. Le offerte a chi sa scrivere software per le stampanti tridimensionali salgono del 9%, la gestione contabile delle procedure fallimentari è giù del 46%.
L’offerta viene da persone come Nicolas Nemni, milanese di 23, laureando in finanza alla Bocconi. Nemni ha già speso circa 30 mila euro su Elance perché tre anni fa ha lanciato Slylegion, una start up che vende nuovi marchi di moda online. «Con Elance ho trovato in India programmatori di alto livello, spendendo 20 dollari l’ora: qui in Europa invece dovrei spenderne 60».
Ma se questo è il lavoro del futuro, frammentato e globale come sostiene Rosati, non rischia di diventare una materia prima globale come il petrolio, che costano ovunque la stessa cifra? In fondo la vita resta più cara a Trieste che a Bangalore. «La sola risposta è la qualità — risponde Rosati — . Solo chi ha cultura, non smette di imparare e sa offrire qualcosa di meglio, potrà davvero guadagnare di più».