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 2013  luglio 03 Mercoledì calendario

«MI VOGLIONO TUTTI». E LA PITONESSA SPARISCE IL GIORNO PIÙ LUNGO DELLA DEPUTATA AZZURRA LA FUGA DAL TRANSATLANTICO IN BILICO SUL TACCO 14 E IL FACCIA A FACCIA INFUOCATO CON ALFANO

ROMA — Alta, in bilico su quel tacco che oggi sarà stato pure 14, un capolavoro d’equilibrio attraversarci i marmi lucidi del Transatlantico, con i capelli biondi e sciolti sulle spalle, per poi andarsene, sparire.

La «pitonessa», a metà pomeriggio, è introvabile.

L’ultimo soprannome, Daniela Santanchè, e se l’è dato da sola, l’altro giorno. Quando ha cercato di spiegare che nel gran circo politico del Pdl non è né falco né colomba, ma piuttosto un rettile, capace di stritolarti e però anche di lasciarsi accarezzare. «Sì, mi sento una pitonessa» (furbissima, avrà naturalmente calcolato ogni possibile interpretazione di questa metafora).

Comunque adesso bisogna capire dove sia finita.

Fuori, sul piazzale di Montecitorio, solo il sole a picco e i sampietrini bollenti, l’unica frase che sono riusciti a strapparle è stata una specie di sospiro: «Sono abituata a dare, piuttosto che a ricevere». Il sorriso solito, ma stavolta un po’ più plastico, immobile, forzato. E anche la voce: non squillante, ma come liscia, incerta. Su Twitter, quando aveva capito che neppure stavolta sarebbe riuscita a prendersi l’incarico di vicepresidente della Camera, l’unico graffio: «Con questa maggioranza, tutto si rinvia, nulla si decide».

Belle parole: ma dove s’è nascosta?

L’aspetto divertente della politica, qui a Roma, è che nessuno può pensare di fare una cosa, un incontro, una telefonata, in totale segretezza. Dopo un po’, c’è sempre qualcuno, un’anima pia, un’anima nera, che intuisce, immagina, sa, e avverte. È così anche adesso. Arriva un sms. Testo: «La “pitonessa” è seduta davanti alla scrivania di Angelino Alfano, al ministero».

Proprio così. Daniela Santanchè è andata a chiedere spiegazioni ad Alfano. E ci è andata fisicamente.

Colloquio, come si dice in questi casi, riservato. Sui toni, e i contenuti, si può fantasticare in libertà. Il dato certo è che cinque minuti dopo l’uscita dal ministero della «pitonessa», Alfano si mette a cinguettare con Twitter: «Su Daniela Santanchè, nessun passo indietro. Anzi, si va avanti».

(Ora 17.45, sede del Pdl, via dell’Umiltà, quinto piano ).

Segretaria premurosa: «L’onorevole Santanchè è impegnata ancora per qualche minutino... Posso offrirle un caffè?».

Nessuna particolare agitazione in vista del prossimo trasloco. Aria condizionata bassissima, la stanza del Presidente Berlusconi (alla parete una sua gigantografia, un tristissimo salottino beige, uno spray deodorante accanto a un ficus benjamin secco) trasformata in sala d’attesa.

L’attesa dura mezz’ora.

Poi dal corridoio arriva il rumore secco d’un passo di carica ed entra la Santanchè, che nel frattempo ha rimesso su lo sguardo raggiante d’ordinanza, la caratteristica smorfia che è un miscuglio di spavalderia e ironia, ecco di nuovo la vera Santanchè che siete abituati a vedere a «Porta a porta», da Santoro, o quando alza il dito medio per salutare i manifestanti, quando fa jogging con la fidanzata del capo, quando per il capo presidia il palazzo di Giustizia di Milano, quando scende dal Suv ed entra al Billionaire del suo amico e socio Flavio Briatore.

«Telefonate, telefonate e ancora telefonate. Mi spiace averla fatta aspettare» (mano tra i capelli, tailleur sobrio, girocollo in verità molto chic).

Sembra di ottimo umore...

«Cosa dovrei fare? Arrendermi? Non ci penso proprio. Io vado avanti e non arretro di un centimetro. E poi, dico: lo ha visto il fiume di dichiarazioni, no?».

Tutto il partito è con lei, da Alfano alla Calabria.

«E Brunetta? C’è pure Brunetta, eh? ...E la Gelmini... Lo so, lo so... certo, non c’erano dubbi, tutto il partito è schierato. A questo punto il problema devono sbrogliarselo quelli lì».

Quelli del Pd?

«Loro, e anche gli altri... Compresi Sel e il Movimento 5 Stelle».

Possibile che su questa storia, su questa fibrillazione lunga e imprevista, il governo possa addirittura rischiare qualcosa?

«Eh...».

Sapete quando la Santanchè fa gli occhioni e allarga le braccia, e sembra che stia per dirti qualcosa che però non può proprio dire. Intanto siamo arrivati all’ascensore.

«Mi cercano tutti, mi vogliono tutti. I giornali e i tigì vogliono sapere, vogliono capire. Prima, quando sono arrivata, giù al portone, mi sono addirittura trovata uno con una telecamera che, senza darmi tempo di fiatare, me l’ha subito puntata addosso... No, dico: calma, eh?».

Ad osservarla mentre fa graziosamente ciao e le porte dell’ascensore si chiudono, s’intuisce perfettamente l’uso quasi scientifico che fa della celebrità. La capacità di esserci e non esserci, di scomparire e riapparire, di rivelarsi cinica e diplomatica, ruvida e poi anche improvvisamente simpatica (un sabato mattina, l’anno scorso, nei giorni più cupi del Pdl, rispose al cellulare ansimando: «No, aspetti, non pensi male... non pensi che la Santanchè è operativa anche quando... è che sono a Cortina e sto facendo sci di fondo»).

Due settimane fa, insieme a Verdini e Capezzone, tre giorni chiusa ad Arcore con Berlusconi per mettere a punto nuove strategie, ragionare sul filo dell’orizzonte, immaginare un ritorno a Forza Italia, passare in rassegna le truppe parlamentari e stabilire di chi potersi fidare, e di chi no.

Negli equilibri di potere d’un partito particolare come il Pdl, quel weekend fu un segnale preciso.

Alle 19, ne arriva un altro. La «pitonessa» esce dalla sede del partito e sale in macchina. Va all’aeroporto, torna ad Arcore. C’è Berlusconi che l’aspetta a cena (superfluo, o forse no, ricordare di quando, nel 2008, candidata con La Destra, lo accusò: «Silvio vuole le donne solo orizzontali»).